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Recoba ricorda: "Una volta ho accolto in casa un gruppo di tifosi del Nacional per un barbecue"

di Mattia Zangari

Un eterno incompiuto. Questa la definizione che compagni e avversari, negli anni, hanno dato a vario titolo ad Alvaro Recoba, che guardandosi allo specchio si descrive così: "Mi reputo una persona comune - dice il Chino a Marca -. Oltre ad essere un calciatore, non ho mai creduto di essere superiore agli altri. Ho dato valore a cose che forse sono insignificanti e allo stesso tempo che possono sembrare importanti e non così importanti, quindi mi considero una persona tranqulla. Vivo il giorno per giorno senza fare progetti a lungo termine, non li ho mai fatti e questo mi ha portato a vivere in questo modo. Mi considero felice di essere così: una persona con tanta umiltà e rispetto, che cerca di trasmettere questi valori ai miei figli. Una persona semplice, che ama le piccole cose, niente di più".

Passando al campo: com'è stato giocare con Ronaldo, Baggio e Simeone?
"Il mio periodo in Italia è coinciso con il momento in cui la Serie A era il campionato tra i più belli del mondo. Poi il calcio è cambiato e l'Italia non è riuscita ad essere attraente per i migliori giocatori, non so se perché c'è meno qualità o perché gli altri campionati sono diventati più competitivi. L'Italia ha pensato di essere ancora ai vertice e non si è fermato a guardare nel dettaglio ciò che fa la differenza, come lo stato dei terreni di gioco. In Spagna tutte le squadre hanno degli stadi buoni: per i miei gusti, l'Italia è rimasta un po' indietro, per questo motivo ha perso gradualmente i migliori giocatori, eccetto Cristiano Ronaldo nella Juventus. Totti, Del Piero si sono ritirati ed è stato difficile trovare nuovi giocatori con questa qualità, e gli stranieri che in precedenza erano venuti in Italia come Ronaldo, Shevchenko o Zidane e molti altri non ci sono più o sono in Liga e Premier. La colpa del calcio italiano è stato non rendersi conto che doveva cambiare, che non era abbastanza il nome; altri Paesi hanno venduto molto meglio".

Alcuni tifosi dell'Inter hanno creato un fan club e una volta, quando vivevi a Como, un gruppo di uruguaiani è venuto a cercarti fino alla porta di casa tua.
"Sì, è vero. Un gruppo di universitari di architettura, tifosi del Nacional, era in Erasmus in Europa. Ad un certo punto arrivati in Italia e si sono detti: 'scopriamo dove abita Recoba'. E così sono venuti a suonarmi il campanello. Il mio comportamento mi è sembrato normale: sono venuti, mi hanno trovato e ovviamente li ho fatti entrare nella mia abitazione. Ho fatto un barbecue con 10 o 12 ragazzi. Per un po' sono anche rimasto in contatto con alcuni di loro, oggi mi mandano dei messaggi. Non ho mai detto di no ad un autografo perché dopo tutto ciò per cui siamo famosi è l'amore della gente. Ho sempre avuto molto rispetto per i "fan" avversari perché ho sempre cercato di rispettare le persone, che sono quelle che ti idolatrano o ti amano". 


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