Sconcerti: "Ecco cosa non va giù a Mazzarri. E quando mandò collaboratori a studiare il City di Mancini..."
Fonte: Corriere della Sera
"Se c’è una cosa che, mi dicono, faccia arrabbiare Mazzarri è quando Mancini afferma che questa squadra non è la sua, di Mancini". Lo sottolinea Mario Sconcerti oggi dalle colonne del Corriere della Sera. "Credo siano tanti i rimpianti di un tecnico che non è un eroe, è sotto un ricco contratto e può vivere, viaggiare e continuare a studiare calcio stipendiato dall’Inter, ma che ha avuto un suo percorso professionale molto importante bruciato in poche settimane. 1) Sentirsi dire che non era da Inter. Essere fischiato e contestato quando faceva più di quanto la squadra faccia oggi, come fosse un dilettante allo sbaraglio. È possibile gli venga un soprassalto di bile quando sente Mancini, a cui sono stati acquistati 5 giocatori importanti, dire che questa è la squadra di Mazzarri. Non è vero e non c’entra niente la difesa a tre o a quattro. Fra tecnici sanno benissimo che il terzo difensore si mette quando è necessario. E che tutto va studiato sul campo insegnando l’uno contro uno ai difensori. Non è mai solo un problema di schemi, ma di come si insegnano sul campo. Di pazienza, particolari, sacrificio. Non vanno giù i paragoni trancianti, significa semplificare un gioco complesso che passa attraverso l’insegnamento di tutti i giorni. Mazzarri aveva chiesto Luiz Gustavo. Con quello davanti a due difensori si sarebbe potuto difendere benissimo a quattro. Lo aveva detto anche a Thohir. Prendetemi 7 giocatori forti e si può puntare al 2°-3° posto. Non avvicinarsi alla Juve, sempre giudicata più forte per società e testa dei giocatori. Dove Allegri è molto bravo, ma livornese e pratico come il Mazzarri di San Vincenzo, non giudicato per la sua eleganza ma per come conduce la squadra. Quando Mancini era al City, Mazzarri mandò i suoi osservatori a vedere gli allenamenti come da prassi con tutti i grandi club. Mi dicono che i risultati furono deludenti. Non per Mancini, ma alla fine gli osservatori dissero che c’era poco da imparare. Capita. Ognuno ha difficoltà a mettere in discussione la propria scienza. Ma fu così. In sostanza Mazzarri pensava di riuscire con l’allenamento e l’intensità a eludere la mancanza di qualità della squadra. Che i risultati siano stati deludenti è un altro cruccio di Mazzarri perché a lui non era stato promesso niente. Gli dissero prendiamo Osvaldo perché ce lo danno per niente. Un ex giocatore di Mazzarri telefonò al tecnico dicendogli non lo faccia, è uno che spacca lo spogliatoio. A Mazzarri piaceva Osvaldo, provò a parlarci, qualcosa ottenne. Ma era la sola cosa che passava il convento. 2) Sentirsi dire che non conosce i giocatori stranieri. Ma questa per molti è una contraddizione in termini. L’Inter arrivata 5ª l’anno prima non aveva bisogno di scoperte, ma di grandi giocatori ufficiali per fare l’ultimo salto di qualità. Si dice che una volta Mazzarri abbia gridato che il mercato dell’Inter deve farlo un imbecille, non un esperto. Cioè uno che va su nomi sicuri. E li compra. Non serve la scienza, solo la conoscenza. È vero, non conosceva M’Vila, ma era l’unico? Mazzarri pensava che se togli Cambiasso devi prendere Luiz Gustavo non M’Vila. Altrimenti non c’è crescita. E aveva aggiunto due nomi: Jovetic e Lamela. Non credo sarebbero bastati, ma era un mercato semplice, di nomi lineari, rendimento prevedibile. Il tipo di crescita che cercava Mazzarri. 3) Il futuro di Mazzarri. Dicono stia studiando l’inglese e sappia ormai farsi capire in spagnolo. E forse pensa che già la circostanza faccia sorridere. Non è il suo genere. E qui si riapre la ferita. Perché nel calcio l’apparenza deve contare quanto la sostanza? È per questo che sta studiando, per andarsene. Non è uno da interprete, deve poter parlare la lingua dei giocatori. E in Italia ha difficoltà a pensarsi. L’ideale sarebbe una squadra spagnola. Mi dicono abbia avuto un’offerta dal Giappone, ma l’abbia rifiutata. Mazzarri in questo momento non ama l’Italia. Solo semmai qualcuno a campionato in corso dovesse avere bisogno di lui. Per allenare «la squadra di un altro». Perché è questo che adesso gli sembra convenga dire".