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Sirigu: "Io e Barella a Wembley con i Quattro Mori? La sardità qualità in più"

di Egle Patanè





Undici anni da azzurro e l'incredibile emozione di diventare Campioni d'Europa dopo anni travagliati, sacrifici e tonfi. Salvatore Sirigu, portiere della Nazionale si racconta alla Repubblica, partendo da una retrospettiva lunga più di un decennio: "Solo con Ventura non c’ero: non giudico, anche se il risultato è stato pessimo. Con Lippi ero un ragazzo pieno di entusiasmo. Con Prandelli bellissimo Europeo, mancò la riconferma brasiliana. Conte, lavoratore maniacale, è stato la scintilla, riformattando l’ambiente come un club: sudore ed entusiasmo".

Mancini?
"Sorprendente per cambio di rotta nel gioco, determinazione, crescita esponenziale. Mai vista una Nazionale così spettacolare. Con la Repubblica Ceca eravamo già prontissimi: di solito l’ultima amichevole è di rodaggio, stavolta ce la siamo goduta".





Poca fiducia nei giovani italiani e troppi stranieri?
"Rispetto ai miei tempi si punta tantissimo sui giovani, ma la crescita deve essere lenta e costante: serve una base alla quale tenerti, se la terra ti trema sotto. E gli scambi arricchiscono: Jorginho, Verratti, Emerson, adesso Donnarumma portano qualcosa in più".










Fierezza sarda, come Riva figlio adottivo e Zola: memorabili lei e Barella a Wembley con i Quattro Mori."
"È stato un anno pazzesco: l’oro di Patta e Tortu nella staffetta alle Olimpiadi, l’Europeo di Orro nel volley femminile, ora Bartolini al Mondiale di ginnastica. Io mi emoziono per una bandiera o un adesivo dietro alle macchine. La sardità mi dà forza, è una qualità in più".









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