Studio Aic: 100 giorni l'anno di infortunio per un calciatore da top club. Calcagno: "Tutelare lo spettacolo"
L'Associazione Italiana Calciatori ha pubblicato uno studio chiamato "Injury time" per evidenziare come gli infortuni siano in netto aumento, a causa di un calendario sempre più fitto. Secondo i dati, un calciatore di un club di prima fascia gioca oggi circa 55 partite e resta fuori mediamente 71 giorni. Questo è quanto dicono le ultime due stagioni. Le partite diventeranno 11 in più di media all'anno, riparametrando il dato, si rischia di avere ogni singolo giocatore dei club di fascia alta fuori per infortunio 107 giorni l'anno.
“Aumentare l’offerta di calcio in tv sembra essere l’unica risposta delle istituzioni internazionali del nostro sistema al calo dell’interesse dei tifosi verso il calcio ed al decremento del valore dei diritti tv - sono le parole del presidente Aic Umberto Calcagno riportate da La Gazzetta dello Sport -. Aumentare l’offerta significa aggiungere partite, trasferte, impegni ad atleti che sono già prossimi ad una soglia molto alta di rischio infortunio. Non è più solo una questione di tutela della salute. Il nostro impegno è quello di tutelare la qualità dello spettacolo che offriamo ai nostri tifosi".
"Lo dicono con chiarezza i dati delle ultime due stagioni: se un calciatore disputa più di 55 partite con il club (oltre alla Nazionale), statisticamente rischia di essere indisponibile per almeno 70 giorni in una stagione. Questo equivale a dire che per 70 o più giorni il pubblico non potrà vedere in campo alcuni dei migliori protagonisti del gioco per cui ha pagato il biglietto, allo stadio o in tv. Il calcio di vertice dipende dalle logiche mediatiche. Per questo dobbiamo impegnarci per garantire che i top player siano messi nelle migliori condizioni per esprimersi al loro massimo livello".
"La nostra ricerca - dice ancora Calcagno - ha preso in analisi due stagioni ‘storiche’ per il nostro mondo. Per la prima volta un Mondiale ed un Europeo si sono disputati a 16 mesi di distanza, invece che a 24. Una super-stagione nella quale gli atleti non hanno mai avuto la possibilità di recuperare le forze e di performare al meglio delle loro capacità. Aumentare ulteriormente l’offerta televisiva di partite equivale a diminuire il livello del prodotto venduto, svalutandolo e mettendo a rischio l’integrità fisica dei protagonisti”.