TMW - Legge stadi: perché l'Italia resta terzo mondo
Fonte: TMW
"Serve subito una legge sugli stadi". Barbara Berlusconi è secca, come se avesse deciso di scoperchiare il vaso di Pandora e non fosse solamente uno degli appelli che, da più parti, sono rimasti finora inascoltati. Oggi il padre Silvio, Presidente del Milan ed ex Presidente del Consiglio, ha visitato Milanello per dimostrare la vicinanza ai propri calciatori in un momento di difficoltà, ma la dirigente rossonera ha deciso di anticipare i tempi e giocare una carta non solo calcistica. "Non entro nel merito della legge, ma il tempo sta per scadere". Singolare che la figlia del politico più influente degli ultimi anni si sbilanci così, come se la legge non fosse sballottata in Parlamento da 36 mesi.
JUVE PRIMA, BILANCIO COMUNALE POI - E' ovvio che la costruzione dello Juventus Stadium sia il modello di riferimento per tutti. Da undici a trentaquattro milioni di euro di fatturato, con un impatto del 300% e che verrà sicuramente "migliorato" nel prossimo bilancio grazie alla partecipazione alla Champions League. Un vantaggio enorme per i bianconeri nei confronti degli avversari, che però più o meno si attestano su quelle cifre pur senza uno stadio di proprietà: il solco si creerà prossimamente, con il Comune di Torino che ha approvato in fretta e furia - e per questioni di bilancio - la cessione in affitto di un'area di 350 mila metri quadri alla società piemontese. 20 milioni per 99 anni, circa 58 centesimi a mq2, un'inezia. Soldi che però verranno incassati dal Comune piemontese per rientrare nel patto di stabilità entro fino dell'anno: ecco il perché di tanta celerità nel paese delle carte bollate (citofonare legge sugli stadi chiamata precedentemente). Nell'area sorgeranno non solo il centro sportivo e le attività commerciali, ma anche una nuova ala residenziale.
LE SPINE - E proprio su una possibile deregulation va a impattare il PD per fare morire la legge a Palazzo Madama: la legge sugli stadi, invocata da più parti, non dovrebbe contenere nessuna possibilità di abuso edilizio a fine residenziale, senza limite di volumetria. In soldoni, evitare di costruire vere e proprie città con la scusa di un impianto nuovo di zecca. Tutto bene per le aree commerciali, escludendo però la possibilità di costruire case. Molti sarebbero i beneficiari di una possibile approvazione, perché cambierebbe di fatto il disegno urbanistico dei comuni oltre ad avallare speculazioni di ogni genere.
Per evitare che questa legge possa diventare un passepartout per aprire porte scomode, si potrebbe rimandare alle normative europee: le aree vengono concesse e il gestore può lavorare come e quanto vuole, tranne per quanto riguarda l'ala residenziale. E, a quel punto, inserire una gara d'appalto o dovere passare dai comuni. Questo aggirerebbe di fatto il problema stadio e cittadelle con scopi commerciali, evitando una bolla edilizia.
LE DIFFERENZE - I top club europei difficilmente potranno essere raggiunti di questo passo. Le società italiane vorrebbero sfruttare l'attuale legge sugli stadi - che non ha ancora il via libera definitivo - per avere introiti che deriverebbero più dalla speculazione che non da un effettivo brand commerciale. La Juventus probabilmente potrà farlo sin da subito (o quasi), le altre dovranno aspettare e sapere. Certo che sono ancora lontanissimi il fatturato dell'Allianz Arena, 110 milioni di euro in una sola stagione. L'Inter, nel momento di massima visibilità (triplete del 2010) era arrivata a fatturare solo un terzo. Per questo le torte televisive sono importanti, anzi, fondamentali per il nostro calcio: nei prossimi anni potrebbe verificarsi una contrazione ulteriore perché il prodotto rischia di non essere più appetibile. E senza supporto esterno tutto andrà in cascata.
CORSA AGLI EUROPEI - Il 2012 ha dato la mazzata finale all'Italia. In realtà è arrivata cinque anni prima, quando la legge sugli stadi era ancora di là da venire (e magari meno miopia avrebbe giovato), nel 2007: a Cardiff l'esecutivo UEFA si è riunito per affidare l'organizzazione degli Europei a Polonia e Ucraina, l'Italia subito dietro ma non di poco - otto voti a quattro - e senza fondi per rinnovare gli stadi. Questo però c'entra relativamente con l'enorme opportunità del mondiale 90, gettata al vento completamente per colpa dei soliti noti. Difficile pensare, peraltro senza riprova, che la pecunia potesse essere utilizzata nella maniera migliore, come in Germania nel 2006: in Francia, nel 2016, sarà diverso perché molti stadi non sono di proprietà bensì comunali, come quelli italiani. In ogni caso attualmente sarà difficile recuperare risorse per costruire, ammenoché non si ceda a investitori interessati. Come gli arabi o i cinesi. Insomma, il tempo è già scaduto e la legge sugli stadi arriverà a sbarrare il recinto quando i buoi son già scappati.