Altobelli ricorda lo scudetto 1980: "Titolo che ne vale cento senza la macchia del calcioscommesse"
Oggi, quaranta anni fa, l’Inter festeggiava il suo dodicesimo scudetto a San Siro, con due giornate d’anticipo. Un tricolore storico anche perché fu l’ultimo conquistato con giocatori tutti italiani e che Alessandro Altobelli racconta così ai microfoni della Gazzetta dello Sport: "Il ricordo più bello? Troppo facile: il 4-0 a San Siro contro la Juventus. Quel giorno ho fatto una tripletta e nessuno poteva immaginare di segnare tre gol al grandissimo Zoff. Il primo è stato su rigore, sul secondo mi sono nascosto dietro Tardelli e ho sfruttato un suo retropassaggio, sul terzo ho fatto un stop e ho messo il pallone nell’angolino. Poi sono anche riuscito a far segnare il quarto a Muraro. E così quel giorno abbiamo mandato un segnale a tutti, facendo capire che eravamo noi i più forti".
All’inizio dove pensavate di arrivare?
"Sapevamo che potevamo vincere lo scudetto, perché eravamo già pronti e consapevoli della nostra forza. Mazzola e Beltrami sono stati bravi a prendere Mozzini e Caso e noi abbiamo smesso di essere ingenui come in passato, quando ci facevamo rimontare spesso. Abbiamo vinto la prima partita, mentre tutti gli altri hanno pareggiato, e siamo andati subito in fuga".
Qual era il segreto di quella squadra?
"Eravamo completi, perché avevamo tecnica, grinta e corsa grazie alla preparazione di Onesti. Una squadra moderna, con un gruppo di amici, tutti italiani, molti cresciuti nel settore giovanile. Ci completavamo alla perfezione in campo e fuori, perché eravamo tutti bravi ragazzi, seri, senza teste matte, anche se Bersellini a volte ci teneva in ritiro tutta la settimana, tra campionato e coppe".
Bravi ragazzi che però facevate le ore piccole in ritiro, conferma?
"Qualche sera tiravamo tardi, trovandoci di nascosto nelle camere di Oriali e Marini per passare il tempo, ma in fondo anche quello era un modo per cementare la nostra amicizia".
Lei ha segnato 15 gol, mentre Beccalossi era l’idolo dei tifosi. Oltre a voi due, c’è qualcuno che avrebbe meritato più considerazione dalla stampa e dai tifosi?
"In quell’Inter non eravamo decisivi soltanto noi due. È vero che io ho segnato più di tutti e Beccalossi era un genio, ma noi non avevamo punti deboli. Bordon era un signor portiere, Oriali e Marini poi sono diventati campioni del mondo, ma io ricordo anche l’importanza di Caso e Mozzini, di Baresi e Pasinato, di Canuti e Muraro. Forse uno un po’ sottovalutato è stato Bini, che era un vero capitano, leader della difesa, importantissimo nello spogliatoio».
Quello scudetto ha avuto un sapore particolare anche perché l’Inter non fu nemmeno sfiorata dallo scandalo delle scommesse…
"Premesso che eravamo la squadra più forte e abbiamo vinto meritatamente, quello scudetto senza macchia in campo e fuori ne vale cento, per la nostra serietà e onestà perché nessuno si è mai permesso di avvicinarci".
Un’Inter così forte non avrebbe dovuto vincere di più?
"Quello è stato l’ultimo anno senza stranieri. Subito dopo sono state riaperte le frontiere e gli altri hanno saputo rinforzarsi meglio, prendendo campioni che noi invece non abbiamo avuto. Peccato, anche perché quello è rimasto il mio unico scudetto".
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