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Casarin: "Con la volontarietà sta morendo la ragionevolezza. E il calcio non è più calcio"

di Alessandro Cavasinni
Fonte: Corriere dello Sport

L'applicazione della tecnologia al calcio continua a far discutere. In particolare, a complicare la vita ai direttori di gara, ci si è messa anche la rivisitazione della regola sul fallo di mano. Intervistato dal Corriere dello Sport, l'ex arbitro Paolo Casarin ha provato a fornire alcuni consigli.

Casarin, ha visto il rigore di De Ligt? 
"Sì, lui composto, l’avversario alle spalle, nessun tentativo consapevole di danneggiarlo con la mano. Secondo i crismi della tradizione, un classico gesto involontario". 
 
Ma la volontarietà non conta più nulla. 
"Con la volontarietà sta morendo la ragionevolezza. Se tu dici all’arbitro che il fallo di mano è sempre rigore, modifichi la relazione tra fallo e punizione. La punizione non può prescindere da un giudizio sulla condotta del calciatore. Se il fatto accidentale subisce la stessa sanzione di un fatto doloso, il calcio non è più ragionevole. In una parola il calcio non è più il calcio". 
 
E l’arbitro non è più l’autore di un giudizio? 
"L’arbitro sgravato da una responsabilità valutativa non è più arbitro di niente. Diventa puro attuatore passivo di un ordine. Smette di essere colui che, interpretando una regola che considera giusta, la trasmette al calciatore e la impone come simbolo della sportività. Così, senza volontarietà e senza ragionevolezza viene meno anche l’etica". 
 
E il calcio diventa un gioco d’azzardo, cioè di pura casualità o di pura furbizia? 
"Il calcio è cambiato rapidamente. Fino a trent’anni fa tutto iniziava e finiva tra Germania, Italia, Inghilterra, Francia, Brasile e Argentina. La sua logica era legata alla cultura europea e alla sua proiezione sudamericana. Ed era rimasta quasi intatta fin da quando, alla nascita del calcio nel 1848, erano stati codificati a Cambridge i principi di realismo, giustizia e ragionevolezza come ispiratori delle norme regolamentari. Poi all’inizio degli anni Novanta c’è stata un’accelerazione. Si cominciò con i guardalinee specializzati, poi con i due arbitri, e infine con l’avvento delle tecnologie. Così è irrimediabilmente finita l’idea dell’arbitro che, in mezzo al campo, vede e decide ciò che può vedere e decidere, forte solo della sua autorità. Questo passaggio l’ho vissuto sulla mia pelle alla fine della carriera, quando la televisione iniziava a stabilire a posteriori la qualità di una direzione di gara". 
 
Lo dice con nostalgia? 
"No, la tecnologia è una cosa che ci fa migliorare. Ma tecnologia vuol dire stabilire se la palla supera la linea, se entra in porta, e ancora se il fuorigioco c’è oppure no. Per il resto è l’arbitro che deve decidere. In Udinese-Milan, alla prima giornata, un’immagine della tv ci racconta di una palla che carambola tra una spalla e un braccio aperto di Samir, un’altra invece mostra che il braccio e il pallone si muovono in due direzioni diverse. Per decidere se è rigore o no l’arbitro deve guardare gli occhi del difensore, perché il calcio è fatto anche di paura, sorpresa, felicità, rabbia. E sono tutte emozioni che parlano, e che fanno questo sport unico". 
 
Vuol dire che il Var ci porta indietro? 
"No, non sono affatto contrario al Var. Ma bisogna capire che c’è un limite oltre il quale l’arbitro viene delegittimato. Se si tratta di stabilire se il fuorigioco c’è oppure no, ben venga l’occhio elettronico. Ma quando sono a tre metri da uno che colpisce la palla con la mano devo decidere io, e devo decidere se c’è o no la volontarietà". 
 
Di fronte ai cori razzisti cosa devono far gli arbitri? Il presidente dell’Aia Nicchi dice che non tocca a loro sospendere le partite, lei che ne pensa? 
"Gli arbitri devono proteggere i calciatori da qualunque forma di discriminazione. Se uno cerca di rompere le gambe a un altro, l’arbitro interviene. E se un giocatore subisce un’offesa razziale, l’arbitro dà l’unica risposta possibile: ferma il gioco finché non torna il rispetto delle regole. Perché è il custode della sportività e deve avvertire che, offendendo un calciatore in un modo così vergognoso, vengono meno le condizioni etiche minime perché la gara prosegua". 


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