Condò: "Lukaku è un gigante con abitudini da ghepardo. E prova a dar ragione a quelli della EA Sports"
Fonte: Gazzetta dello Sport
Partendo da un episodio curioso accaduto al suo arrivo a Milano (selfie e autografi in quantità mentre comprava pacchi di mutande), Paolo Condò traccia il profilo di Romelu Lukaku, l'attaccante tanto voluto da Antonio Conte per la sua Inter. "L’episodio è piccolo, ma rivelatore di un ottimo carattere. Confermato un mese fa alla Pinetina, quando Romelu ha cercato (e trovato) Brozovic dopo lo screzio post-Slavia, e non c’è stato bisogno di grandi discorsi per rimettersi in sintonia, come si sarebbe poi visto nel derby - si legge -. Il problema di Romelu, riecheggiando l’indimenticabile Jessica Rabbit, è che l’hanno disegnato così: grande, grosso e col numero 9 sulla schiena, l’archetipo del centravanti vecchio stile, quello che aspetta a centro-area le pallonate a lunga gittata per poi difenderle provando a girarsi per tirare oppure assistere l’inserimento di un compagno. Lukaku invece è un attaccante completamente diverso, uno che per rendere deve correre, un gigante con abitudini da ghepardo. È per questo che è speciale, soprattutto dove lo capiscono: all’Everton e prima al West Bromwich, ma anche in nazionale da quando c’è Roberto Martinez, suo antico mentore a Goodison Park. Viceversa è andata male allo United, dove di palloni ne vedeva pochi anche perché non faceva parte del gruppo dominante (Pogba, Martial & C.); e quei pochi sempre addosso, il che lo costringeva ad aspettarli anziché mettersi in moto".
Condò lo definisce "bisonte atipico". E passando in rassegna alcuni dei suoi gol si capisce che l'etichetta è corretta. "Lukaku dev’essere la goccia che scava la pietra, non il laser che la taglia: quello semmai era Icardi, e le ovvie nostalgie riemerse dopo il k.o. di San Siro erano state messe in conto - sototlinea Condò -. Del resto il primo approccio fra Conte e Lukaku risale al 2014 e vede Marotta protagonista nella trattativa col Chelsea, proprietario del cartellino dell’attaccante in prestito all’Everton. L’affare non si chiude, e non è dato sapere se non accade perché Conte lascia la Juve sbattendo la porta o se Conte sbatta la porta perché l’affare non si chiude (il ristorante da cento euro e via discorrendo): di certo il tecnico mantiene sottolineato il nome di Romelu, anche dopo averlo maltrattato da c.t. nel primo match di Euro 2016, quando l’Italia batte a sorpresa il favorito Belgio concedendo a Lukaku una sola chance, che sbaglia per precipitazione. Il secondo tentativo è del 2017, e Conte chiede il belga ad Abramovich, o meglio alla sua plenipotenziaria Marina Granovskaia, come premio tecnico per il titolo vinto col Chelsea: il fatto che non arrivi, ma vada invece al rivale Mourinho che lo pretende per il Manchester United, non rinsalda il legame di Antonio con la zarina di Stamford Bridge. Anzi, la rottura parte proprio da lì. Che poi Mourinho s’era ricreduto, sul conto di Romelu. Nell’estate del 2013, appena rientrato al Chelsea, José s’era giocato la Supercoppa Europea a Praga contro il Bayern di Guardiola. Era stato un match strano, perché nessuno dei due aveva vinto la coppa che dava titolo a essere lì; ma trattandosi di un duello con l’eterno nemico ci avevano dato dentro fino ai calci di rigore, e proprio Lukaku - allora ventunenne - s’era fatto parare da Neuer l’ultimo tiro dopo una rincorsa un po’ troppo “molle” per i gusti adrenalinici di Mou. Pochi giorni dopo Romelu, appena rientrato dal prestito al West Bromwich dove aveva segnato 17 gol in un anno, era stato affittato all’Everton, che in seguito l’avrebbe acquistato: un po’ perché lui voleva la certezza di giocare, un po’ perché José vede i giovani a modo suo. In genere, poco. Inseguirlo con grande determinazione una volta allo United è stato il suo modo per tornare indietro da un giudizio non positivo. Il bello è che era tutto scritto. Da ragazzo Lukaku era già noto ai nerd di tutto il mondo perché i suoi parametri a Fifa, il videogioco di calcio più diffuso, erano esageratamente buoni. Da allora Romelu si sbatte per dimostrare che gli analisti di Electronic Arts, producer del videogame, avevano la vista lunga".