De Laurentiis: "Mertens? Rinnovo semplice. Diritti tv, produciamo le partite e licenziamole a Netflix o Amazon"
Qualche settimana fa, Dries Mertens, respingendo anche la corte lusinghiera dell'Inter, ha deciso di legarsi 'a vita' al Napoli. Una trattativa partita da lontano, che ha vissuto di alti e bassi, ma che si è conclusa con la soddisfazione di tutte le parti: "Lui è uno scugnizzo - spiega Aurelio De Laurentiis al Corriere dello Sport -. Ci siamo visti a colazione sei mesi fa, una rivelazione, ho scoperto un uomo speciale, intelligente, mentalmente veloce, cazzuto, uno sfacimm’. Rinnovare il contratto a un calciatore di trentatré anni non rientra nelle nostre abitudini, con Mertens è stato semplice, naturale. Dirò di più, quando avrà smesso di giocare mi farebbe piacere trovargli un ruolo per proseguire la collaborazione".
DeLa, poi, parla anche della stanza dei bottoni del calcio: "Abbiamo fatto decine di riunioni di Lega per non decidere nulla. Ho detto a Paolo (Dal Pino, ndr): 'Visto che la pandemia ci ha fatto scoprire le video-assemblee in conference call, mi spieghi perché io non dovrei confrontarmi direttamente con gli azionisti, con chi i soldi ce li mette? Meno incontri, ma più efficaci e risolutivi. Perché posso parlare con Agnelli e non con gli altri? Perché posso discutere con Lotito e non con gli altri? Perché Zhang non torna dalla Cina?' Ci ritroviamo continuamente con gente che moltiplica i rinvii perché deve riferire all’azionista: ma al di là di questo, manca in generale una visione industriale del calcio. Si pensa soltanto ai diritti televisivi".
La lunga chiosa è dedicata al tema dei diritti tv: "Murdoch ha sistemato i tre figli e se n’è andato. La domanda è: quanto può interessare a un colosso come Comcast il calcio italiano? Che valore gli dà? L’ex ad di Sky, Zappia, ha commesso un errore grossolano inglobando Mediaset Premium senza conservarne la denominazione. Pensava di poter trasferire un milione e 700mila abbonati da un broadcaster all’altro e invece si è ritrovato con 300mila card in più e la proliferazione dei pirati, i tifosi avevano visto sparire Premium e non sapevano che fine avesse fatto. Un grande errore di comunicazione. L’uscita di Tom Mockridge è stata esiziale, parlo di un manager che in seguito è stato per sei anni, fino all’aprile 2019, a capo di una società che fattura 5,5 billions di sterline l’anno, Virgin Media. Noi dovremmo cominciare a produrre le partite indipendentemente e autonomamente e licenziarle a Netflix, Amazon, Tim, Disney Plus, Sky eccetera, lasciando loro il 5 per cento della raccolta e mettendo gli abbonamenti a 300 euro l’anno. Quello delle pay è diventato un mondo di piagnoni che non hanno una visione del futuro. Io a 71 anni mi sento ancora giovanissimo perché sono proiettato verso un mondo di contenuti in continua trasformazione. Proiettato ma anche preoccupato: la pandemia ha mostrato il vero volto del Paese, i problemi latenti che abbiamo finto di non vedere munendoci di occhiali con lenti troppo spesse. È uscita l’Italia dormiente, un Paese passivo che ha vissuto la ricostruzione del dopoguerra, il boom economico degli anni 60, la stagione del terrorismo nei 70, l’edonismo craxiano degli 80, il paraculismo berlusconiano dei 90 e non farmi parlare degli ultimi tre governi. Si è trascurata scientemente la “res publica”, che appartiene a noi cittadini, a noi italiani. Bisognerebbe andare subito al voto, modificare la Costituzione, creare una repubblica presidenziale, ristrutturare la burocrazia dei ritardi che favorisce i politici attuali, demolire il partito del no sistematico. È necessario fondare tutto sull’economia, che cos’è la politica senza l’economia? Ho grande rispetto di Giuseppe Conte, 60 sessantesimi al liceo, 110 cum laude all’Università, autore di numerosi trattati, ma un teorico. Servirebbe Draghi, un uomo di concretezza, competenza e solidi rapporti internazionali".
VIDEO - NAPOLI-INTER 1-1, LA DELUSIONE DI TRAMONTANA