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Gianfelice Facchetti: "Gli Zhang come i Moratti: papà apprezzerebbe questa Inter. Derby? Spero in Barella"

di Stefano Bertocchi
Fonte: La Repubblica

"Il Doria porta bene, ci ho visto il derby d'andata nel 2013, uno a zero, tacco di Palacio. È un posto per interisti, ogni volta che segniamo il barista suona la campana". Intervistato da La Repubblica nel giorno del Derby di Milano, Gianfelice Facchetti, racconta come vivrà la sua ennesima stracittadina milanese con accanto il figlio Lupo: "Vedere il derby con lui mi emoziona. Quando ero bambino, papà non me lo faceva vedere. In tribuna volavano ceffoni e parole non belle. Diceva che non era una cosa per bambini. A mio figlio lo fecero entrare in campo nel giorno della sconfitta col Cagliari, fra gli insulti della curva a Icardi. È inconcepibile. Il razzismo lo è ancor di più. Il calcio è spettacolo, come il teatro. Eppure nessuno insulta gli attori di colore che interpretano l'Otello. Perché col calcio succede? È illogico, ancor prima che vergognoso". 

Sul derby di oggi Facchetti spera "in Barella. Uno duro, uno vero", tirando un sospiro di sollievo per l'assenza di Cutrone: "Il classico giocatore sanguigno che nella follia di un derby può fare male. È una guerra sportiva, poi con i milanisti si torna amici". 

"A papà questa Inter piacerebbe - sottolinea ancora il figlio di Giacinto -: stimerebbe Marotta, gran professionista, e avrebbe simpatia per il giovane presidente. Gli Zhang, padre e figlio, ricordano i Moratti: una famiglia alla guida di una società. Apprezzerebbe anche Conte, che dimostra di credere alla sua nuova avventura. Dell'Inter, a prescindere, non criticava mai niente. Forse avrebbe voluto che in Champions si giocasse con la maglia nerazzurra. DI sicuro lo vorrei io. I bambini si innamorano dei colori, la passione nasce lì. Le terze maglie sono una tavola commerciale". 

Giacinto non fatto in tempo a godersi il Triplete, "eppure credo che abbia visto tutto - continua Gianfelice - La notte della finale di Madrid a Milano faceva caldo. Mio figlio aveva quattro mesi, dondolava sulla sdraietta in terrazzo, vicino al televisore. Dopo mezz'ora del primo tempo, guardando il cielo stellato, faceva dei versetti, come stesse parlando con qualcuno. Gli chiesi: Lupo, cosa voi dirci? In quel momento Milito fece il primo gol. Ho capito che stava parlando con il nonno, che da lassù gli aveva detto: 'Tranquillo amore, ora segniamo'". 


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