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Icardi via dal Barça per colpa del 'falso nueve'. Oscar Garcia ricorda: "Mi disse della Samp, scelta comprensibile"

di Alessandro Cavasinni
Fonte: Gazzetta dello Sport

Mauro Icardi arrivò a Barcellona, nella storica Masia, nel 2008 dalle Isole Canarie, dove la famiglia era emigrata dall’Argentina, e ci rimase due anni e mezzo: nel gennaio del 2011 decise di andare a Genova, alla Samp. E oggi ci torna da avversario, per la prima volta.

"Mauro fece una scelta comprensibile – racconta Oscar Garcia, il suo terzo ed ultimo allenatore nella cantera del Barcellona, al Juvenil A, alla Gazzetta dello Sport –. Venne da me e mi disse della Sampdoria: l’offerta era ovviamente attrattiva economicamente, ma soprattutto calcisticamente: lo portavano in prima squadra mentre a Barcellona per lui la strada sarebbe stata ancora lunga, e senza alcuna garanzia. La storia del club dice che per la posizione di attaccante centrale si tende sempre a cercare qualche grande stella straniera: Romario, Ronaldo, Eto’o, Luis Suarez. I canterani si sono affermati in prima squadra in diverse posizioni, ma non come '9'. Mauro era lucido, la scelta si basava su un’analisi solida".

Insomma, l'intuizione Pep Guardiola di spostare Messi come 'falso nueve' ha indirizzato la carriera di Maurito, oggi capitano dell'Inter. "Dare un’occhiata alle tre rose delle quali fece parte Icardi è istruttivo per comprendere le difficoltà della scalata: sono tantissimi i ragazzi che oggi sono spariti o che giocano in campionati minori - evidenzia la Gazzetta -. Del primo anno hanno fatto strada Sergi Gomez (titolare sabato al Camp Nou col Siviglia) e Sergi Roberto. Del secondo (c’era anche il nipotino di Cruijff, Joshua Angoy) il laziale Patric (grande amico di Mauro) e Deulofeu. Del terzo Rafinha. E stiamo parlando di 48 ragazzi. Uno dei migliori amici di Mauro, Cornejo, è al St. Joseph’s a Gibilterra". 

E proprio Cornejo racconta: "Venivamo entrambi da fuori e stavamo sempre insieme. Mauro era un ragazzo semplice, autentico, e non è cambiato. Così come è lo stesso in campo, un killer: anche allora gli davi un pallone e lo metteva dentro, di testa poi era superiore a tutti".

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