Koulibaly: "La discriminazione non riguarda solo il colore della pelle, a San Siro rimasi stupito. Lo scudetto? Al Napoli"
Fonte: Corriere dello Sport
Lunga intervista del Corriere dello Sport a Kalidou Koulibaly, incentrata quasi totalmente sul tema del razzismo nel calcio.
Oltre mezzo secolo fa, Martin Luther King scrisse: "Perché non possiamo più aspettare".
"E purtroppo quella esortazione è ancora terribilmente attuale, anche nel calcio, in quello italiano. Io sono cresciuto leggendo Martin Luther King e Malcolm X, prendendoli come modelli, istruttori ed educatori, simboli di una sfida che va vissuta insieme e, nel nostro caso, soprattutto attraverso le leggi. Il razzismo negli stadi va sconfitto ma per riuscirci, ancor prima che leggi dello Sport, serviranno quelle dello Stato, deterrenti che aiutino a frenare queste insane abitudini: si faccia come in Inghilterra, si proceda con le espulsioni, anche a vita se necessario, altrimenti rischieremo di essere prigionieri di minoranze che potrebbero moltiplicarsi".
A Roma e a Milano le è successo d’essere vittima di cori offensivi...
"E se la ferita dell’Olimpico si rimarginò quasi in fretta, perché ritenni che quel giorno fossimo in presenza di un caso, a San Siro rimasi stupito: perché Milano è città più cosmopolita, nell’immaginario la più europea delle metropoli italiane. Non riuscii a capire, in ognuno dei due casi, perché mai ci fosse quell’atteggiamento nei miei confronti. Come non riesco a farmene una ragione quando capita ad altri".
È razzismo anche dare dello zingaro a Mihajlovic, insultare Insigne, invocare il Vesuvio.
"E ne sono pienamente convinto, perché la discriminazione non riguarda solo il colore della pelle. A me fanno il verso della scimmia, a Mihajlovic - al quale dedico un pensiero personale - l’offesa riguarda le sue origini. Ed è grave, insopportabile. Ho provato, a volte, con Insigne, a tranquillizzarlo: dai, passa. E invece ho sbagliato: passerà se ci opporremo, se ci saranno interventi seri. Offendere Lorenzo, che è un patrimonio del calcio e non solo un nostro giocatore, che è uno dei talenti della Nazionale, significa voler offendere l’Italia stessa, avercela con il tuo vicino, con chi ti appartiene".
È un uomo social e le sue campagne sono mirate, sempre, e caratterizzate da quel «Not to racism». Scrisse, dopo quell’Inter-Napoli, «orgoglioso del colore della mia pelle, di essere francese, senegalese e napoletano: uomo».
"E guai se non fosse così, vorrebbe dire non aver colto gli insegnamenti dei miei genitori e non essere in grado di riuscire a trasmetterne ai miei figli. Seni è piccolissimo ma è stato al nido italiano, perché conoscesse il Paese che ci ospita, e ora va a quello bilingue, così vivrà due mondi e li conoscerà e li apprezzerà senza fare distinzioni. Io non posso sentirmi straniero, qua, e il discorso vale per chiunque altro, per chiunque sia vittima di queste idiozie, che però rappresentano una preoccupazione seria".
Perdoni la banalità: chi vincerà lo scudetto?
"Il Napoli. E lo scriva. Noi ci crediamo, la sconfitta di Torino non lascia tracce. E poi il campionato è appena cominciato".
VIDEO - LUKAKU VS SCOZIA: GOL, ASSIST E "TAGLI" DEVASTANTI