Razzismo, Gazidis: "Era giusto dare un segnale forte e la Serie A l'ha fatto"
Fonte: Corriere dello Sport
"In Italia qualcosa si sta muovendo, è un passo importante, ma è il primo passo, c’è tanto lavoro da fare". Ai microfoni del Corriere dello Sport, anche Ivan Gazidis, che da un anno esatto ricopre la carica di a.d. del Milan, dice la sua sul delicato tema del razzismo dopo che ieri per la prima volta tutti i club di Serie A hanno sottoscritto una lettera aperta «a chi ama il calcio italiano» per dire basta: "In Italia nell’ultimo anno - da quando sono al Milan - sono successi tanti, troppi episodi di razzismo nei confronti dei giocatori. Era giusto dare un segnale forte e la Lega Serie A l’ha fatto. Io credo che quando si prende coscienza di un problema si è già sulla buona strada. Si deve avere la consapevolezza che non è un problema solo italiano, ma mondiale. Bisogna capire che un percorso che il calcio italiano deve fare con i tifosi, non contro di loro: queste devono essere le premesse".
Si dice spesso che il calcio riflette la società. È vero anche in questo caso?
"Purtroppo sì, ne abbiamo conferma tutti i giorni. Ma vorrei andare oltre e dico che il calcio può diventare anche un modello di “buona società”. In ogni squadra di calcio abbiamo esempi fantastici di calciatori di etnia, estrazione, religione, colore della pelle, ideologie diverse. Vivono tutti i giorni insieme, lottano per lo stesso obiettivo. Credo che ogni differenza sia preziosa, perché arricchisce, porta un confronto. Questo vale nella società civile e nel calcio. Se il calcio saprà usare le differenze per crescere, allora sarà un beneficio per tutti: per questo dico che il calcio può diventare un modello. Non dimentichiamoci mai che il calcio ti fa sempre sentire parte dello stesso mondo. Il calcio include, non esclude. E’ questa la sua grande forza. Anche a livello individuale, la diversità porta l’atleta a migliorarsi".
In che senso? Ci spieghi.
"Io parto da questo presupposto: i pregiudizi sono penalizzanti per le performances di ogni atleta. Se tu vuoi dare il massimo devi avere “competitors” all’altezza, devi essere pronto a gareggiare con tutti, anche e soprattutto con chi è diverso da te: solo così puoi migliorare le tue prestazioni. Ripeto: la diversità arricchisce".
Cosa sta facendo il Milan di concreto per combattere il razzismo?
"Innanzitutto ci teniamo che i nostri giocatori siano coscienti che un problema razzismo esiste, ed è reale. Parliamo molto con loro, cerchiamo di trovare le soluzioni e di offrire loro un modello virtuoso di società".
Lei ha lavorato nove anni all’Arsenal e conosce molto bene la Premier League. Che percezione c’è del razzismo nel calcio inglese e che strumenti sono stati adottati per combatterlo?
"In Premier League molto è stato fatto in questi anni, ma il problema razzismo non è ancora stato risolto del tutto. Però in Inghilterra si è partiti da cose concrete. Gli stadi per esempio, devono essere funzionali e accoglienti; devono venire considerati come luoghi dove è bello passare un paio d’ore. Mi piace pensare a stadi con sempre più bambini e donne, dove c’è tranquillità e c’è rispetto reciproco, verso i giocatori e tifosi avversari. Poi è chiaro: la tecnologia è fondamentale per identificare e isolare chi non rispetta le regole, chi offende e insulta il giocatore di colore".
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