Rizzoli: "Falli di mano, il problema c'è. Si è cercato di rendere il regolamento meno interpretabile"
Fonte: Gazzetta dello Sport
Nicola Rizzoli, designatore degli arbitri di Serie A, raccoglie l'invito di Walter Veltroni e risponde sulle colonne del Corriere dello Sport provando a fare chiarezza sul tema dei falli di mano. Ecco un estratto.
"Caro Veltroni,
rispondo volentieri alla Sua lettera con altrettanta e sincera stima, cercando di farlo nella maniera più trasparente e comprensibile, evitando discorsi retorici o di circostanza. Premettendo che, se la considerazione principale riguarda la volontà di cambiare le regole del gioco del calcio, non sono la persona adatta a cui fare questa domanda poiché l’ente preposto alla stesura delle stesse è l’Ifab. Per questo motivo non mi permetto di giudicare la regola, ma possiamo riflettere sui concetti interpretativi e soprattutto sui motivi per cui una regola viene creata. Nella fattispecie, infatti, il suo primo tema riguarda i falli di mano che da sempre sono il problema di attualità da quando esiste il calcio moderno. Ho da sempre sostenuto che fortunatamente il calcio non è una scienza esatta, per cui una giocata talentuosa di un campione o un errore di un difensore possono portare a rompere l’equilibrio di una partita anche in un modo imprevedibile; allo stesso modo non ci sono e mai ci saranno casi identici, ma situazioni simili dove sarà importantissimo per la regolarità del campionato avere omogeneità di valutazione. Così si è cercato di rendere il regolamento più oggettivo e meno interpretabile, come si evince anche dai paragrafi che lei ha correttamente riportato. Tutto ciò evidentemente non toglie la parte di interpretazione dell’arbitro, ma cerca di limitarla. Lei ha ragione, quando dice che il fallo di mano che porta al decretare quella che in gergo giornalistico viene definita la «massima punizione» debba avere un riscontro nell’importanza dell’azione. Un fallo di mano che impedisce ad un tiro di arrivare in porta o un cross di raggiungere l’interno dell’area di rigore deve avere una rilevanza calcistica diversa rispetto a un tocco tra braccio e pallone innocuo che sta uscendo dall’area di rigore. Le statistiche sulla tipologia dei falli di mano, infatti, danno questo conforto. Oggi, infatti, la regola continua evidentemente a punire i falli volontari, ma stabilisce inoltre dei criteri di punibilità anche di ciò che non è volontario. Ci si poteva aspettare, quindi, un aumento dei calci di rigore ma non credo sia corretto imputare tutto al cambiamento della regola, accettando quindi un confronto sulle possibilità interpretative delle norme. Sottolineo, come ho sempre sostenuto, che ai giocatori non è richiesto di andare a difendere con le braccia dietro la schiena; è invece evidente che, in caso di tiro in porta o cross in area, aumentare lo spazio occupato dal corpo in modo innaturale equivale ad assumersi un rischio. Questo è un approccio filosofico alla materia «falli di mano» condiviso a livello europeo (cito l’Europa perché le sue statistiche riguardano i cinque campionati più importanti) poiché ogni due settimane i designatori di quelle cinque Federazioni si riuniscono in una video call organizzata e condotta dalla Uefa proprio per avere la stessa linea di visione ed interpretazione sulle situazioni tecniche e di utilizzo del Var. È curioso osservare come le statistiche italiane e spagnole siano molto simili ma distanti dai Paesi anglosassoni. Questo denota un’influenza culturale sostanziale dei Paesi latini rispetto agli altri: un arbitro italiano nelle partite Uefa tende a fischiare mediamente 8/10 falli in meno rispetto a quelle italiane, così come le stesse squadre italiane commettono falli. Quindi, come lei ha giustamente sottolineato, il problema c’è. Sono convinto che vada affrontato tutti assieme".