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Souloukou (CEO Roma): "Da anni l'Italia non portava due squadre in semifinale di Champions e tre nelle finali europee"

di Stefano Bertocchi

Lina Souloukou, dallo scorso aprile CEO della Roma, ritiene essenziale mantenere le agevolazioni fiscali del Decreto Crescita. "Perché? Perché abolirle significherebbe mettere in discussione le basi della competitività a livello internazionale del nostro calcio e penalizzerebbe fortemente la crescita economica dell’intero movimento, con conseguenze sull’economia del paese - spiega a Il Sole 24 Ore -. Il “sistema calcio” è un volano fondamentale per il Pil nazionale, in grado di generare effetti diretti su turismo, ristorazione e settore alberghiero. Un dato è emblematico: dall’entrata in vigore del Decreto Crescita l’impatto sul Pil è aumentato da 10 a 11,1 miliardi. Oltretutto per lo Stato ci sarebbe un danno dalle modifiche alle agevolazioni per gli sportivi professionisti, che determinano l’ingresso in Italia di maggiori redditi imponibili e, quindi, di maggiori imposte. Sommando questi effetti positivi si può affermare che i benefici fiscali non determinano perciò una riduzione del gettito erariale, bensì un aumento. Oltretutto il calcio italiano attrae sempre di più investitori stranieri, che hanno acquistato la proprietà di molti club oltre al nostro e che investono in infrastrutture. Investimenti che sarebbero molto più difficili qualora le squadre italiane venissero private della possibilità di competere ai più alti livelli. Come sa io vengo dalla Grecia, dove la tassazione per tutti i calciatori, dal 2020, è pari al 22%, con un impressionante impatto sulla crescita del calcio greco negli ultimi anni, ben evidenziata dalla presenza di quattro squadre nei gironi delle competizioni europee".

Come giudica lo stato di salute del calcio italiano?
"Dal punto di vista sportivo la maggiore competitività è un dato di fatto. La Roma ha permesso all’Italia di tornare a vincere una competizione europea dopo 13 anni e un anno dopo è arrivata in finale di Europa League. Ma se allarghiamo lo sguardo a livello nazionale, non possiamo dimenticare da quanti anni l’Italia non portava due squadre in una semifinale di Champions e tre club nelle finali europee nella stessa stagione. Ma per sua stessa natura, un movimento calcistico non è mai statico e, quindi, guai a pensare che questo momento positivo abbia già un respiro di lungo periodo. Ci sono diversi esempi che ci devono mettere in guardia: non possiamo considerare il recente accordo per i diritti tv del tutto in linea con questa ritrovata competitività dei top club italiani. A livello di infrastrutture scontiamo ancora un gap impressionante. Senza contare che, in materia di tesseramento di nuovi calciatori extracomunitari, abbiamo molti limiti rispetto ad altri paesi concorrenti. Per questo credo che il nostro primo compito sia quello di lavorare per porre basi solide, dal punto di vista regolamentare e infrastrutturale".


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