European Football University: la fabbrica dei campioni
Si chiamano Franco, Denis e Simone: sono la famiglia Rondanini. Da circa un ventennio si sono messi in testa di fondere l’uomo con il calciatore, l’educazione con lo sport, il talento con la disciplina. Spesso ce l’hanno fatta tanto da aver fondato una vera e propria accademia di formazione, con base alla Isole Canarie. Il piccolo della famiglia, Simone, allenatore con tanto di patentino, ci racconta la storia ventennale della European Football University.
Simone, insieme a tuo padre Franco e a tuo fratello Denis avete messo su la EFU: di cosa si tratta?
“La EFU è una scuola di alto rendimento, specializzata nella formazione di giovani, che ha l’obiettivo di costruire calciatori a livello internazionale. L’ha fondata mio padre Franco, nel 1990, per offrire ai giovani la possibilità di costruirsi calciatore in base a tre aspetti fondamentali del calcio”.
Essere uomo, essere atleta, essere calciatore.
“Da sempre, infatti, il nostro motto é ‘costruiamo uomini-atleti-calciatori’ perché crediamo che l’unica forma, per poter trionfare nel calcio moderno, sia quella di avere una disciplina ed una educazione che, legata ad una buona tecnica calcistica e atletica, permetta di migliorarsi ogni giorno e raggiungere i traguardi prefissati”.
Che tipo di difficoltà avete avuto con la EFU?
“Gli inizi sono stati difficili, soprattutto perché diffondere questo concetto non è stato semplice. Gli stessi alunni, ad esempio, non capivano perché dovevano stare seduti composti a tavola o cambiare la propria educazione, se volevano fare i calciatori. Però, pian piano, anche grazie al successo, siamo riusciti a trasmettere il nostro messaggio alle persone che ci hanno contattato e che si sono inserite nel nostro programma”.
Chi sono, e da dove provengono, i ragazzi che vi contattano per far parte della vostra scuola?
“Possiamo distinguere tre grandi gruppi: i giovani che non sono inseriti nel mondo del calcio, per varie ragioni, e che però hanno una buona potenzialità atletica e caratteriale. Poi, ci sono quelli che militano in categorie inferiori, ma che purtroppo non possono crescere calcisticamente per fattori strutturali quali la mancanza di infrastrutture o di personale tecnico di un certo livello. Il terzo gruppo presenta, invece, i giovani che hanno vissuto un’esperienza professionale con club importanti ma che non sono riusciti a dimostrare il proprio valore perché mentalmente non hanno retto l’impatto”.
Che metodo di lavoro usate?
“Una volta individuato il giovane (trovato dalla scuola tramite selezione o inviatoci da un club o da un genitore) si procede ad un analisi medica per capire se è adatto alla pratica del calcio. Nei primi giorni di permanenza nella scuola si affrontano test fisici, tecnici e psicologici. tramite i quali capiamo il limite del giovane nel mondo del calcio. Successivamente, procediamo con l’elaborazione delle sessioni di allenamento”.
Delle quali ti occupi tu in prima persona, quale tecnico calcistico.
“Durante questa fase vengono coinvolti tutti gli aspetti specifici del calcio, incluso quello psicologico. Tutto il lavoro è svolto, in contemporanea, da 1 a 7 giovani cercando di perfezionare singolarmente la qualità di ognuno. Quando la fase di preparazione arriva alla sua parte finale, si procede al contatto con i club”.
E qui entra in campo tuo fratello Denis.
“Che si occupa della gestione del giocatore di fronte al club interessato. Il nostro lavoro, chiaramente, non finisce qui, in quanto ci dedichiamo anche alla parte successiva: seguiamo il calciatore nel suo futuro professionale, vincolandoci con contratti di rappresentanza secondo le leggi FIFA”.
Questo processo di ricerca-formazione-presentazione-contrattualizzazione che tempi ha?
“Dai due ai sei mesi e varia principalmente al variare delle condizioni fisiche e mentali del ragazzo che, alla fine, riceve una scheda di valutazione tecnico-tattico-psicologica e un dvd nel quale vengono dimostrati i progressi avuti nel percorso svolto a scuola”.
La sede è a Fuerteventura, nelle Isole Canarie: come mai avete scelto questo posto?
“Per due motivi: il primo è la centralità della famiglia in questo progetto, tanto è vero che tutti i componenti risiedono sull’isola e sono parte integrante del progetto. Poi, per una questione climatica: Fuerteventura offre la possibilità di allenarsi in condizioni ideali 365 giorni all’anno. La EFU è aperta tutto l’anno e, contemporaneamente, organizziamo selezioni, stage, tornei e partecipiamo ad eventi – in vari stati Europei – spostando la nostra base lavorativa nel luogo”.
Avete anche una squadra tutta vostra.
“Il CD Cañada del Rio: stiamo ottenendo importanti risultati in tutte le categorie e così i giovani che arrivano nella scuola possono unirsi al gruppo che già fa parte del progetto”.
Un vostro prodotto, è l’attaccante della Fiorentina Babacar, classe 1993.
“Che storia la sua… Nel corso di una selezione, arrivarono ben 27 giovani senegalesi. Al momento della partitella, mio padre disse a Babacar di andare a fare l’attaccante, ma lui si mise sulla fascia a metà strada tra difesa e attacco: non aveva mai avuto nozione tattiche! Con il tempo capì un po’ di cose, anche perché mio padre aveva subito intuito che Baba doveva fare l’attaccante. C’erano molte squadre di A presenti a quel provino, ma nessuno si accorse del giovane senegalese…”
Babacar come se la sta cavando?
“Credo sia uno dei più importanti talenti del calcio europeo: a 17 anni ha già debuttato nella nostra serie A con la Fiorentina, ha segnato in campionato ed in Coppa Italia. Chiaramente è la bandiera della nostra scuola ma ci sono altri giovani che, giorno dopo giorno, vivono e si allenano con il sogno di trionfare: qualcuno è già nel calcio che conta, altri sono nelle categorie inferiori, altri ancora sono nella nostra scuola per perfezionarsi prima di fare il salto nei professionisti”.
1990-2010: venti anni di EFU.
“Siamo cresciuti molto, abbiamo collaborato con molti club di A attraverso selezioni, stage, tornei: l’obiettivo ora è quello che creare un legame più forte con molte squadre perché crediamo nel nostro lavoro e nelle nostre potenzialità”.