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Inter a Bergamo: tra fuoriclasse, presidenti e... maghi

di Marco Pedrazzini

Capì subito, l’Inter, in quel lontano 12 dicembre 1937, che in casa dell’Atalanta non sarebbe mai stato facile vincere. Un sudato 1-1 nonostante la temperatura invernale per i nerazzurri milanesi, saliti al Brumana per la prima volta e che in primavera avrebbero vinto lo scudetto. Un tricolore atteso dal 1930. In una giornata di sole, su un terreno fangoso per le piogge dei giorni precedenti, si sviluppa una partita aspra, combattuta e veloce per l’entusiasmo di 12.000 spettatori che colmano gli spalti e portano un incasso record di 85.000 lire. Tremila gli interisti che hanno seguito la squadra, partiti in treno dalla stazione Centrale. L’Atalanta a fine primo tempo rimane in dieci per un infortunio a Bonomi (non previste le sostituzioni), ha la forza di andare in vantaggio su colpo di testa di Cominelli al 64’da calcio d’angolo ed è raggiunta da Ferrari su tiro dal limite dopo cinque minuti. Severo Cominelli, centrocampista col vizio del gol, vestirà poi la maglia dell’Inter nominata Ambrosiana per volere fascista, guidata del campione del Mondo Giuseppe Meazza.

Pepin, cuore di mezza Milano, farà la strada inversa diventando allenatore in campo dei bergamaschi ai quali regalerà, il 3 febbraio 1946, con il gol dell’ex, la storica prima vittoria  sull’Inter (2-1). Alla storia dell’Inter, con la S maiuscola, si consegna domenica 25 settembre 1960. Bergamo assiste all’esordio del “taca la bala”, antesignano del pressing, firmato Helenio Herrera. Sarà un fragoroso 1-5, tripletta di Firmani, Angelillo e Corso. In tribuna anche un esultante Peppino Prisco reduce da un raduno alpino nella zona: “la nuova Inter del Mago mi fece esaltare. Avevo esagerato con il cibo e vedere quella vittoria con Herrera in panchina che ordinava di attaccare anche a gara chiusa mi fece da idraulico liquido. Digerii tutto!” Sarà il primo vagito della Grande Inter, nata da sontuose campagne acquisti, disciplina ferrea, cambi di modulo, felici intuizioni, delusioni cocenti, energia mentale, ritiri infiniti e sfuriate presidenziali. Come quella di Angelo Moratti all’allenatore e alla squadra “vi dovete mettere in testa una cosa: stavolta non possiamo perdere lo scudetto”, dopo l’1-0 subito il 3 marzo 1963 dall’Atalanta che vincerà la Coppa Italia.

L’Inter ripartirà e conquisterà il primo di una lunga serie di trionfi. In epoca moderna spicca la vittoria per 0-2 (gol di Vieira e Balotelli) con  Mancini in panca - essenziale per la volata scudetto che finirà sotto l’acqua di Parma -,  del 6 aprile 2008 e sarà l’ultimo segno 2 a Bergamo. Poi arriverà il secco 3-1 (Floccari e doppietta di Doni) rifilato da Delneri a Mourinho. E’ il 18 gennaio 2009 e alle cronache passa un’altra piazzata, quella del Mago di Setubal, con porte sbattute nello spogliatoio e citazioni colorite sullo scudetto del 2006 . Una scossa emotiva forte e voluta che cementerà il gruppo portandolo al titolo e al Triplette dell’anno dopo. Ora tocca a Stramaccioni misurarsi con la compatta banda diretta da Colantuono sul palcoscenico dove l’Inter, al di là del risultato, ha vissuto sempre grandi significati emozionali. Sperando sia la bacchetta magica del nuovo Harry Potter della panchina a dirigere la musica ispirato dagli spartiti del Mago (foto) - del quale venerdì 9 novembre si sono ricordati i quindici anni della scomparsa -: “pensa velocemente, corri velocemente, gioca velocemente”.


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