Fine giugno 2015: dopo un serrato duello con il Milan, l'Inter si aggiudica Geoffrey Kondogbia, astro nascente del calcio europeo. A Roberto Mancini serve qualcuno lì in mezzo dopo il deludente voltafaccia di Yaya Touré e la scelta cade sull'allora 22enne centrocampista del Monaco. Lui era stato tra i migliori nell'ultima edizione della Champions League, titolare inamovibile tra Toulalan e Moutinho. Giovane sì, ma già con esperienze importanti con Sivigila e, appunto, nel Principato. Insomma, il profilo ideale per il Mancio e per Thohir. I 35 milioni (più 5 di eventuali bonus), insomma, sembrano ben spesi secondo il parere dei più.
PARTENZA SPRINT - E l'onda lunga dell'arrivo a Milano di Kondogbia ha un effetto benefico anche sulla classifica, se è vero che quel derby di mercato vinto si tramuta in fiducia e punti anche sul campo. L'esempio è il primato nerazzurro e – al contrario – l'affanno rossonero. Perché spesso e volentieri l'umore dell'ambiente condiziona e non poco anche i 90 minuti di gioco. Nonostante un precampionato titubante, infatti, ad Appiano e nei tifosi c'è la consapevolezza di aver operato bene sul mercato estivo e così la squadra va che è un piacere. E Kondo viene acclamato.
COMPLICAZIONI - Dopo un inizio da titolare inamovibile, però, Geof pian piano comincia ad accusare le fatiche del tatticismo della Serie A e di un ambientamento che diventa più complicato del previsto. La squadra inizia a perdere qualche punto di troppo e lui perde il posto. Da idolo a bidone il passo è breve. Anche perché il pubblico di San Siro non ti perdona nulla, soprattutto quando i risultati non sono dalla tua parte. Kondo si intristisce e, ogni qual volta viene messo in campo, appare poco lucido e poco sereno. E prova a strafare: un atteggiamento che lo danneggia enormemente. Finisce l'anno male, ma la società ha fiducia in lui e nessuno pensa a una cessione. Anche perché in giro non si trovano club in grado di non far risultare una minusvalenza a bilancio. L'amaro calice che Geoffrey manda giù non finisce a maggio, ma si protrae per tutta l'estate calcistica, visto che Deschamps lo fa fuori da Euro 2016, quelli casalinghi a cui il numero 7 nerazzurro teneva tantissimo.
INCUBO DE BOER - Nuovo anno, vecchia vita. Kondo si presenta ai nastri di partenza del campionato 2016-2017 con le stesse identiche ansie dell'anno precedente. L'addio di Mancini e l'arrivo di De Boer, poi, non lo aiutano. Anzi. Con l'olandese il feeling non c'è e la sostituzione dopo nemmeno mezzora durante Inter-Bologna è il momento più basso del francese a Milano. Kondogbia esce dai piani dell'ex Ajax, che davanti ai media non le manda a dire e lo inchioda alle proprie responsabilità, frustrandolo in un modo in cui qui in Italia nessuno è abituato.
CURA PIOLI - L'arrivo di Stefano Pioli è un toccasana. Ed arriviamo alla Nuova Era Kondo. Il Kondo 2.0. L'ex Lazio gli dà subito fiducia, schierandolo titolare nel derby d'esordio. Geoffrey non giocava da Atalanta-Inter del 23 ottobre, subentrato nel finale per gli ultimi 28 minuti. Poi aveva saltato Torino, Samp e Crotone (con Vecchi). Un segnale forte di Pioli, che lo tiene in campo contro i cugini fino alla fine: a Kondo non sarà sembrato vero non veder mai uscire il suo numero 7 sul tabellone luminoso del quarto uomo, neppure quando bisognava rimontare nel finale di match. Ancora titolare contro la Fiorentina (gioca un tempo, poi viene cambiato perché ammonito e non per demeriti) e a Napoli. Gli equilibri di squadra obbligano Pioli a rivedere l'assetto dopo il ko del San Paolo e allora lui se ne torna in panchina con Genoa e Sassuolo. A Reggio Emilia, l'”aiuto” arriva dal pessimo arbitro Di Bello, che ammonisce una volta Joao Mario e due volte Felipe Melo: il primo era diffidato, il secondo viene espulso. Entrambi saltano la Lazio, l'ultima partita dell'anno.
DALLA LAZIO ALLA LAZIO - Come l'anno precedente, al Meazza prima della sosta arrivano i biancocelesti. Nel 2015 Pioli e Candreva erano dall'altra parte e fecero passare un Natale da incubo agli interisti: in molti riconducono a quel ko l'inizio della fine, ovvero la discesa dal primo al quarto posto. Stavolta va diversamente e Kondogbia gioca da titolare la sua miglior partita in nerazzurro. Sono 90 minuti di agonismo, pulizia, geometria, fisicità e anche qualche numero che infiamma la folla. San Siro ci mette un po' ad applaudirlo, quasi incredulo. Quasi non volesse rompere l'incantesimo. “E' la testa che comanda il resto”, ripete Pioli. E la nuova energia che il giovane francese trae dagli applausi dei suoi tifosi dimostra quanto conti l'aspetto mentale. Un calciatore soffocato per mesi dai commenti sulla sua valutazione economica e dalle aspettative, improvvisamente si libera e torna quello che mezza Europa agognava nell'estate 2015. Torna quello che veniva preso da Mancini per rimpiazzare idealmente Yaya Touré. L'Inter vince 3-0, stavolta gli incubi natalizi sono tutti dei laziali. Magari, all'opposto dell'anno scorso, sarà l'inizio di una nuova Inter. E, chissà, anche l'inizio di una Nuova Era Kondo. Il Kondo 2.0.
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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