Non mi sento in tutta franchezza di dare per chiusa la trattativa che avrebbe dovuto portare Yaya Touré all'Inter. Ne ho viste troppe in sede di calciomercato per rilassarmi al primo stop di un'operazione, per quanto fragoroso e apparentemente insindacabile. A lungo Roberto Mancini si è esposto in prima persona, con lui anche un po' tutti i volti della dirigenza nerazzurra, da Erick Thohir in giù. Sembrava che la tavola fosse apparecchiata, che si fosse nella fase finale della trattativa (Zanetti dixit), che fosse praticamente solo una questione di giorni, se non di ore, prima di vedere a Milano il primo top player a distanza ormai di anni. Poi quelle parole dell'agente Dimitri Seluk, più appuntite di una lama, che hanno spezzato pèiù di un cuore nella tifoseria interista, compreso quello del Mancio. Una retromarcia troppo brusca per essere davvero credibile, ma tant'è.
Prima mi sarei sbilanciato sull'arrivo di Yaya, già immaginavo una presentazione in grande stile e già ipotizzavo gli effetti benefici in campo e fuori della maglia nerazzurra numero 42. Penso che anche i più scettici fossero davvero convinti del colpaccio e ora ci si trova a interrogarsi sul futuro prossimo di una squadra che, per bocca del suo allenatore, tra qualche mese dovrebbe essere in grado di contendere lo scudetto al gigante juventino. Le parole di Seluk potrebbero essere una mera strategia per smuovere le acque, difficile capirlo. Ma qui si vive di segnali e persino un retweet dell'ivoriano pesa come un macigno. Io non perdo le speranze, ci mancherebbe, fino a quando Touré o Mancini non si esporranno in prima persona dicendo che è finita continuerò a crederci. Ma l'ottimismo da un paio di giorni ha lasciato spazio a un deleterio pessimismo, rafforzato anche da altri episodi.
Mi riferisco all'uscita piuttosto dura di Marco Tronchetti Provera (solitamente avvezzo al politically correct in materia nerazzurra), al presunto addio di Mancini deluso dal mancato arrivo del figlioccio Yaya (ma dai...), o all'indagine sul business finanziario di Thohir da parte del Corriere della Sera, che pur limitandosi a descrivere attività assai consuetudinarie all'estero, ha diffuso il panico e la diffidenza tra i tifosi che in questa materia non eccellono. In generale, l'uomo ha paura di ciò che non conosce o capisce. Figuriamoci il tifoso da sempre abituato al binomio quasi elementare club-presidente, senza vie di mezzo o scatole cinesi istituite dall'altra parte del mondo. Ne approfitto, in tal senso, per precisare che siamo assolutamente entro i limiti della legalità e tutto ciò che è stato fatto da Thohir è finalizzato a sistemare i conti disastrati del club, anche se in modo piuttosto complesso. Tanto rumore (o clamore) per nulla, direbbe William Shakespeare.
Piuttosto, è il caso di preoccuparci per la campagna di rafforzamento, che entro inizio luglio dovrebbe, nelle intenzioni, essere in via di ultimazione. E invece, dopo i flop Dybala e, per ora, Touré, è iniziata con il piede sbagliato (con conseguente malumore di Mancini, che vede il gap con la Juve aumentare invece di diminuire). Piano però. Siamo solo all'inizio, giusto aspettarsi una rosa quasi al completo per Brunico ma c'è ancora un mese di lavoro davanti. Spiace per l'ex rosanero, spiace ancora di più per l'ivoriano anche se, ribadisco la mia sensazione, non è affatto finita. Ma dubito che non esistano alternative di pari valore da pescare sul mercato. E se qualche soldino da investire c'è, la sospensione del giudizio è più che lecita. Però la campagna abbonamenti, iniziata da tempo, va alimentata con buone e concrete notizie, non più a parole. Di queste oggi ne faremmo tutti volentieri a meno.
Murillo, Zukanovic (forse), Biabiany (forse), Duda (forse) sono comprimari di tutto rispetto, ma un cast che si rispetti deve annoverare almeno un paio di star hollywoodiane per assicurarsi un successo ai botteghini. Un bravo regista, da solo, non è sufficiente e la produzione ha il dovere di accontentarlo se ritiene adatti determinati attori per i ruoli chiave che ha in mente. Per attirare la gente al cinema la locandina deve proporre volti conosciuti e apprezzati, necessari più della trama a ingolosire il pubblico pagante. In questa Inter oggi non esiste un volto per cui il tifoso correrebbe ad abbonarsi, come accadeva un tempo con il Fenomeno che di tessere ne fece staccare circa 60 mila. Bisogna però decidersi se produrre un film d'autore con volti sconosciuti, sperando che la critica lo accolga bene e di conseguenza anche la gente; oppure realizzare un colossal con attori di grido, che costi tanto ma sia un successo ancor prima dell'esordio sui maxi schermi. La scelta sarebbe anche semplice, negli ultimi anni le sale sono state pressocché deserte ed è ora di cambiare strada. Il regista è pronto e ottimista, ma va accontentato nella scelta del cast. Grandi pellicole zeppe esclusivamente di comparse, francamente, non le ho mai viste.
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