È stata una settimana animata più che altro da innumerevoli accostamenti di mercato; il campionato, non so se purtroppo o per fortuna, volge al termine. E, con tutta franchezza, continuo a sfogliare la margherita per capire se si sia trattato di un anno sportivo utile alla causa o se, ipotesi che non smette di ronzarmi nel cervello peggio di una fastidiosa zanzara nelle notti d’estate, abbiamo gettato al vento una occasione davvero ghiotta.
Come la giri la volti, ripetuto più e più volte, un filo d’amaro in bocca resta. Buttar via due mesi senza un senso logico dà fastidio. Soprattutto quando ti rendi conto che quelle davanti, quelle che in quei disgraziati sessanta giorni ti hanno distaccato definitivamente o rincorso e sorpassato, valgono quanto te. Se non meno. Comunque sia questo è il verdetto del campo, piaccia o no. E va accettato e rispettato.
Ora, adesso, trovo superfluo fare processi vari e variegati. Un segnale importante però la Società lo ha mandato; magari passato sotto traccia, ma netto e deciso.
Si, perché pochi giorni fa il Presidente, rispondendo ad una nota emittente televisiva, ha dichiarato papale papale: “Mancini è stato troppo buono a caricarsi sulle spalle il fardello della non qualifica alla prossima CL, liberando i giocatori da ogni responsabilità. Ma noi, in Società, sappiamo bene come è andata”. Parole pesanti come un macigno. Tradotte, in soldoni, significano tutto. Mancini avrà pure delle colpe, quelli che vanno in campo però ne hanno di più.
Personalmente sono un fautore delle responsabilità dei calciatori. Mi dispiace, ma appartengo alla corrente che non li giustifica. Mai o quasi. L’allenatore può fare la differenza, e ci mancherebbe pure; ma in campo, a correre, ci vanno loro, non il loro tecnico. E non mi importa di leggere; eh, ma poverino, era fuori ruolo di cinque metri, doveva stare più avanti, no più indietro. Un professionista è sempre un professionista e, per quanto il tuo mister possa metterti in una posizione di campo sbagliata, tu hai il dovere di correre e sudare. La maglietta, a fine partita, deve essere bagnata. Fradicia. E, se possibile, non devi nemmeno avere fiato per rispondere ai bordocampisti di turno. Cose che, di tanto in tanto, quest’anno non ho visto tra i alcuni dei nostri eroi pallonari. Tutti impegnati ad offendersi per le critiche che gli venivano mosse. Ad ogni modo, ripeto il concetto, per i processi ci sarà tempo e sede opportuna. Ne mancano ancora tre e vediamo di farle al meglio.
Capitolo mercato. Nonostante siamo falliti o quasi, a sentire i soliti accademici di Harvard (che poi magari hanno fatto cinque anni in uno di discipline turistiche, anche qui sono monotono ma reggo poco chi non conosce nei minimi particolari un argomento e ne parla come fosse pane quotidiano), ogni mattina è buona per leggere accostamenti più o meno esotici alla Benamata. Mancini va, Mancini resta; così, ad occhio, direi la seconda. E ne sono contento; una grande Società, se tale pensa di essere, deve avere un piano di sviluppo strategico ben definito. Il contratto con l’attuale tecnico jesino scadrà, se non vado errato, alla fine della prossima stagione. Quindi è corretto che si lasci tempo e modo al Mancio di chiudere il suo ciclo in nerazzurro, ammesso che il suddetto contratto non venga allungato di comune accordo. Vedremo l’anno venturo cosa sarà in grado di fare Roberto che non è immune da colpe, intendiamoci, ma che sta cercando di ricostruire dalle fondamenta una squadra disabituata a lottare per i vertici della classifica e più incline a nascondersi nelle pieghe dell’indifferenza.
Arriverà, si mormora e lui lo afferma direttamente, senza problemi, Simeone. O, almeno, il Cholo ha dichiarato che un giorno, non si sa bene quando, allenerà l’Inter. Anche qui peana e inni da stadio. Brindisi, ricchi premi e cotillons. Con un bel punto interrogativo, permettetemi; io amo Diego Pablo, adoro la grinta che sa trasmettere ai suoi ragazzi, la cattiveria e la trance agonistica. Semmai la mia paura sta nei puristi, in quelli che amano il bel giuoco. E che qualche mese fa si lamentavano per gli striminziti uno a zero che ci avevano portato in vetta alla classifica e che dipendevano, sempre secondo i puristi del bel giuoco, da botte di culo piuttosto che da una organizzazione di coloro che stavano messi in campo. Ecco, il Cholo non è che eccella per lo splendore della manovra; il suo Atletico è squadra cattiva e pragmatica, spazio per i colpi di tacco e pizzi e merletti non ce n’è. Quindi già mi immagino, dopo tre pareggi di fila, una schiera dei soliti a raccogliere firme in un gazebo per defenestrare l’allenatore. Che poi, a ben vedere, son sempre gli stessi che volevano cacciare Mou. Uno zoccolo pervicace a cui non va mai bene niente e che sa tutto di tutti. Il resto del tifo? Ottusi che di calcio capiscono poco o nulla. Ed io amo capirci poco o nulla. E sì, sono ottuso.
Capitolo giocatori, sempre ad oggi sia chiaro. Dubbi sul prolungamento di Ljajic e Telles sono ovvii. Anzi, per dirla tutta non credo proprio che li rivedremo la prossima stagione in nerazzurro. Jojo invece merita un pistolotto a parte; nelle ultime gare sta giocando discretamente, a me non ha fatto impazzire visto dal vivo contro l’Udinese ma è un giudizio calcistico del tutto personale, però nel complesso il suo apporto alla causa è stato altamente insufficiente. È riuscito, unico, a litigare con l’allenatore, a farsi mettere ai margini del progetto senza nemmeno sforzarsi di recuperare il terreno perduto. No, onesto: non mi è piaciuto né come rendimento né, soprattutto, come atteggiamento. Lui doveva essere il nostro valore aggiunto. Lui non c’era quando serviva. Al netto di qualche infortunio che non ne ha comunque compromesso la stagione. Ora, se Jojo ha voglia di rimettersi in gioco seriamente e di fare il calciatore a tutto tondo allora, forse, la Società farebbe bene a riscattarlo cacciando quei fatidici 14,5 milioni di euro. Ma se deve essere la via crucis appena trascorsa anche no, grazie.
Amatela. Sempre.
E buona domenica a Voi.
Autore: Gabriele Borzillo / Twitter: @GBorzillo
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