Il 2019 dell'Inter ha bisogno di una scossa. E della conseguente svolta. C'è chi si augurava di continuare la stagione sulla positiva scia di fine 2018, quando - dopo la doccia fredda di Verona con l'1-1 last minute di Pellissier - la squadra ha avuto la forza e la personalità di reagire portando a casa il pesante successo sul Napoli prima (anche se rispedito mediaticamente in secondo piano dai cori contro Koulibaly e dagli scontri tra 'tifosi') e sul campo dell'Empoli poi, con un terzo posto più che saldo e uno spogliatoio - almeno apparentemente - più che unito. Poi è arrivato il nuovo anno, che ha portato inspiegabilemente con sé le scorie e i fantasmi del passato. La goleada con il Benevento è stata solo illusoria e ha mascherato le effettive fragilità del gruppo, messe poi in luce dal pareggio contro il Sassuolo e dalle indecorose sconfitte di misura con Torino e Bologna, inframmezzate dalla bruciante eliminazione in Coppa Italia per mano della Lazio.
Ci si chiede cosa sia successo a questa Inter, la stessa squadra capace di giocarsi fino all'ultimo la qualificazione agli ottavi di Champions League in uno dei gironi di ferro della competizione e che, nonostante tutte le difficoltà ed i continui drammi sportivi raccontati - per dirla alla Spalletti, "strategicamente" - da tv e giornali, continua ad essere terza in classifica, anche se con meno punti di vantaggio sulle altre pretendenti ad un posto in Europa.
La trasferta di Parma arriva in un momento delicato della stagione: nerazzurri in crisi, emiliani carichi a pellettoni dopo la preziosa rimonta sulla capolista Juventus sul prato dell'Allianz Stadium. Il tutto in chiusura di una settimana condita dall'ombra di Mourinho, dal fantasma di Conte e dalle smentite pubbliche e dirette di Beppe Marotta, che negli ultimi giorni ha ribadito la fiducia societaria a Spalletti e bacchettato con eleganza chi, ogni weekend, scende in campo con la maglia del Biscione, richiamando l'analisi critica ad "un processo di crescita della squadra che deve ancora esserci, soprattutto dal punto di vista della continuità e della mentalità vincente che è una delle difficoltà che abbiamo in questo gruppo".
Già. Continuità e mentalità vincente. Fattori che l'a.d. sport nerazzurro conosce bene dopo aver vissuto per anni a stretto contatto con una realtà dove "vincere è l'unica cosa che conta". A meno che non si perda in finale, ma questo è un altro discorso. Sulla sponda nerazzurra del Naviglio non deve esserci questa ossessione alla vittoria, ma semplicemente una presa di responsabilità da parte di chi si professa - direttamente e non - leader di un gruppo che deve essere urgentemente rialzato, ora che è per terra esanime. E prima che sia troppo tardi. Anche per questo la sfida del Tardini assume un significato particolare: vincere in un campo così ostico darebbe una grande iniezione di fiducia per il proseguo della stagione, a partire dall'impegno nei sedicesimi di Europa League contro il Rapid Vienna, in una competizione che deve essere uno degli obiettivi stagionali di Icardi e soci per iniziare a mettere in pratica quanto suggerito da Marotta in linea teorica.
A dare la ricetta per il passaggio dalla teoria alla pratica è Luciano Spalletti, da tanti identificato come il principale (o addirittura l'unico) colpevole di questo tormentato avvio di 2019. Ma se Icardi non fa gol da sei partite, se Nainggolan appare come la brutta controfigura di quello visto ai tempi di Roma, se Candreva e Perisic non riescono a disegnare assist vincenti e se la difesa e Handanovic non sono sempre - e comprensibilmente - imperforabili, non è solo un problema dell'allenatore. Ma anche del singolo e del gruppo. "In questo momento serve lavorare più sulla testa" ha giustamente evidenziato il tecnico di Certaldo nella conferenza stampa di ieri. "Tatticamente ci sono delle piccole modifiche perché lo scorrimento delle partite giocate e del lavoro fatto ha dimostrato che la scelta fatta era giusta. E' chiaro che in partite come queste in campo bisogna mandarci, oltre alla conoscenza tattica e la tecnica, un po' di cuore. Bisogna tirar fuori l'orgoglio per la maglia che vestiamo, assumendoci le nostre responsabilità. Dobbiamo lavorare con urgenza sulle cose da migliorare".
Cuore e orgoglio sono gli ingredienti giusti ed essenziali per ripartire da Inter. A cominciare da questa sera e da Parma, dove oltre alla prestazione conterà il risultato. E non solo per la classifica: la vittoria è la miglior medicina per rimettere in piedi una stagione che, nonostante le difficoltà di questo periodo, non è ancora compromessa, ma è ancora tutta da scrivere. Per farlo, però, servono cuore e orgoglio. Perché la maglia sulle spalle è pesante e deve essere onorata. Sempre e comunque.
Autore: Stefano Bertocchi / Twitter: @stebertz8
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