Nel novembre del 2014 l'Inter è tornata se non a volare, almeno a respirare. Per i tifosi in quel momento è finalmente finita l'era di Walter Mazzarri, un allenatore non da top club giustamente da allontanare, ma certamente di buon livello che il popolo nerazzurro ha distrutto in poco tempo. Non voglio però entrare nel merito di quel rapporto complicato (il passato è il passato e oggi non è argomento interessante), bensì vorrei criticare quanto successo ultimamente a distanza di poco più di un anno da quel cambio-panchina.
Esonerare senza una motivazione pesante, soprattutto a stagione in corso, credo abbia pochissimo senso, ma in quella circostanza Erick Thohir ha preso la decisione più logica, optando per la scelta migliore perché il ritorno di Roberto Mancini ha rappresentato una 'boccata d'ossigeno' clamorosa, con nuove prospettive di campo, mercato e societarie finalmente importanti dopo stagioni assurde, troppo brutte per essere vere. E vengono i brividi a ricordare i piazzamenti finali con i vari tecnici che hanno preceduto il ritorno del coach jesino.
"Finalmente Mancio!", questo il leitmotiv che ha accompagnato quelle settimane, con un derby interamente, o quasi, dedicato a RM, tornato a casa dopo le esperienze con Manchester City e Galatasaray. Inutile analizzare il prosieguo di una stagione a quel punto interlocutoria, conclusasi con un deludente ottavo posto considerando le difficoltà di varia natura che l'allenatore ha incontrato. Meglio rimandare qualsiasi giudizio alla fine di questo campionato, al termine della prima vera annata sotto la sua gestione.
Girone d'andata positivo, nonostante alcuni difetti sottolineati dai più, e un gennaio maledetto che ha messo in discussione quanto costruito di positivo fin qui. Il colpevole di questo periodo 'no' per la maggior parte dei tifosi? Mancini. Quotidianamente, seppur in maniera indiretta, constato il 'termometro' del tifo interista, e quello che ho letto e sentito durante il mese scorso mi ha lasciato a dir poco perplesso.
Ormai non do più peso al 'poco equilibrio' (in Italia non esiste e probabilmente mai ci sarà), ma ritengo certi pensieri incomprensibili. Tanti (troppi) tifosi hanno chiamato a gran voce l'esonero dell'allenatore, apostrofandolo con frasi pesanti, sia a livello umano (evidentemente riferendosi al post-match di Napoli-Inter) che soprattutto calcistico. Un tecnico - a loro dire - incapace di gestire la squadra, a dir poco sopravvalutato e ormai in completa confusione. L'addio avrebbe quindi rappresentato la soluzione migliore. Strano, non trovate? Stiamo pur parlando dello stesso allenatore che poco più di un anno fa era giudicato come un vero e proprio 'dio'.
Devo essere sincero? Mi viene da ridere. Come si fa a passare da un estremo all'altro nel giro di qualche mese? A volte penso che il male dell'Inter sia l'interista stesso. In primis Mancini ha ridato un minimo di appeal a una società che negli ultimi anni l'aveva incredibilmente perso, e in secondo luogo ha alzato notevolmente il livello di una rosa che di recente non era nemmeno meritevole di esser definita tale. Vero - so già cosa starete pensando -, è stato accontentato in tutto, ma questo è il potere dei top manager, forti di una credibilità acquisita dopo anni di successo (ovviamente chi più, chi meno).
La sola campagna acquisti però non basta per raggiungere risultati immediati, e considerando che questi arrivano soprattutto sul campo e non dietro a una scrivania qualche difficoltà era lecito aspettarsela. Rosa nuova, tanti giocatori arrivati solamente nel rush finale di mercato e parte del lavoro svolto in estate vanificato. Poco il tempo a disposizione per il tecnico, che fino a questo momento ha sicuramente portato avanti un buon processo di crescita. Per me ingiusto dire il contrario.
Ovviamente non voglio nascondere alcuni sbagli che da tempo sottolineo. Sarebbe disonesto non ammettere la criticabile gestione di Stevan Jovetic, colui che reputo il miglior interprete offensivo in rosa, oppure la continua alternanza dei terzini, riproposti titolari a distanza di troppo tempo, mentre a parer mio non rappresenta una colpa il rendimento di Geoffrey Kondogbia (1485 minuti giocati, il centrocampista più utilizzato dopo Gary Medel), e alcune panchine per Mauro Icardi, scelta logica contro un certo tipo di avversario.
Esempi, idee e opinioni personali rivolte a sottolineare l'importanza di avere in panchina una figura di tale livello, soprattutto in questo particolare momento storico per l'Inter. Con o senza Mancini, per i tifosi l'augurio è quello di tornare a trionfare nel minor tempo possibile, con l'obiettivo di rivedere finalmente una squadra vincente e di assoluto livello, come quella di circa dieci-undici anni fa o della stagione del Triplete.
Un traguardo giustamente ambizioso per un club importante, ma se tutto dovesse andare in questo modo - credetemi - il merito sarebbe in primis ancora del Mancio. L'uomo che in questo modo avrebbe dato il via al primo, vero step di un processo vincente. Iniziato nel novembre 2014 proprio come nel 2004. Sempre con lui in panchina. E per chi non lo volesse... beh, c'è sempre spazio per un nono posto.
Autore: Francesco Fontana / Twitter: @fontafrancesco1
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