Il derby ha avuto un grande potere: perché l'Inter che lo ha giocato era sull'orlo del baratro, potenzialmente rischiava di ritrovarsi al quinto posto in caso di sconfitta e di certo sarebbe stata travolta dall'onda neanche tanto anomala della critica appena tre giorni dopo l'uscita dalle scene europee. Con il caso-Icardi pronto a farsi, se possibile, ancor più pesante.

E invece quell'Inter ha mostrato l'opposto di quanto si era visto a San Siro contro il Francoforte non molte ore prima: i nerazzurri (che, sì, potevano contare su giocatori che in Europa League non c'erano) in versione stracittadina hanno messo in campo carattere, voglia, corsa, attenzione, lucidità, persino condizione fisica, capacità di aggredire l'avversario e andare a occupare l'area, resistenza e tenacia nel finale. Tutto riassumibile in: voglia di vincere una partita a tutti i costi.

Così Spalletti, bravissimo nel fare di Vecino (apparso nelle ultime uscite opaco e poco concreto) una variabile che ha mandato in tilt i rossoneri, approfittando anche dello scivolone della Roma a Ferrara si è ripreso terzo posto, ruolo di favorito nella corsa Champions, entusiasmo, convinzioni e qualche credito di fiducia. Come cambiano le cose nel giro di una partita.

La gioia che solo certe serate sanno regalare ha funzionato da autentico salva-vita ma non può, ovviamente, aver fatto sparire problemi (tecnici, tattici, ambientali e comportamentali) che a più livelli stavano portando, o rischiavano seriamente di portare, la stagione verso l'ennesimo naufragio. L'Inter post-derby ha letteralmente trovato una zattera di salvezza sulla quale ora, da qui alla fine del campionato, può proseguire il viaggio per approdare al porto. La parte finale del tragitto, però, non sarà semplice né immune da rischi.

"La zattera della Medusa" è un dipinto di inizio '800 di Theodore Gericault che rappresenta le conseguenze di un naufragio avvenuto per le negligenze e le decisioni affrettate del comandante, che non navigava da moltissimi anni e non aveva le conoscenze esatte delle acque dell'Oceano Atlantico, davanti alla Mauritania, in cui la fregata francese Meduse andò a incagliarsi.

La nave Inter ha rischiato di incagliarsi su un fondo sabbiose per colpe, semmai, da dividere tra un equipaggio dove, in diversi, a un certo punto, hanno iniziato a prendere decisioni personali e non in accordo con il resto dei naviganti. Magari tutti persino convinti che la loro decisione fosse quella giusta per salvare l'imbarcazione, o così dicevano. In ogni caso in tanti per sé (qualcuno un po' di più) e quasi nessuno per tutti.

Sulla zattera l'Inter si ritrova per un finale di stagione che ha l'obiettivo di conservare il terzo posto (che corrisponde, per altro, a quella che è la sua dimensione e il suo valore). Nessun arrivo trionfale a vele spiegate che sarebbe stato possibile in caso di conquista di un trofeo. Alti e bassi, come sempre, come da natura stessa del club, a condizionare un'altra stagione che per come si è sviluppata non può che portare, al suo termine, a tante riflessioni e anche a qualche dolorosa decisione.

Perché in troppi hanno remato verso una direzione che era quella delle proprie convinzioni (o ambizioni) ma che non era quella condivisa. Qualcuno ha compromesso la propria credibilità, altri hanno dimostrato scarsa professionalità, alcuni hanno commesso errori di valutazione o leggerezza. Tutti sono dei sopravvissuti ai quali si chiede di condurre la zattera, tra le mareggiate di un calendario complicato e i rischi di ammutinamenti interni, senza affondare. Molti hanno già il futuro delineato verso un orizzonte diverso: la speranza e il dovere dell'Inter è far sì che questo futuro prenda forma concreta, per ognuno, solo una volta toccata la terra di una qualificazione in Champions rimasta come ultimo baluardo e obiettivo.

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Sezione: Editoriale / Data: Lun 25 marzo 2019 alle 00:00
Autore: Giulia Bassi / Twitter: @giulay85
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