Un ragazzino educato e responsabile. Un giocatore straordinario. Di quelli che aiutano i compagni di squadra. E sono apprezzati per i modi da tutti gli adulti. Bart Cornelissen a livello giovanile ha vinto tutto con Romelu Lukaku. E in esclusiva per FcInterNews apre l’album dei ricordi di quel gigante buono con cui si instaurò una bella amicizia e ottenne parecchi successi in campo. “Avevo solo 11 anni quando ho incontrato per la prima volta Romelu. Ricordo ancora molto bene quell giorno. Dovevamo giocare con l’Under 12 del Lierse contro il Feyenoord. Era una sorta di test per entrambi. Se avessimo giocato bene, saremmo entrati nell’accademia del club, una delle migliori del Belgio a quei tempi, specialmente per la generazione del 1993. Mentre io ero nervoso e un po’ introverso in un nuovo gruppo di compagni, Romelu era aperto e socievole, quel tipo di persona con cui puoi ridere e scherzare. Parlava con tutti, come se conoscesse ognuno da molto tempo. Questo mi aiutò a rilassarmi e a godermi la partita. Grazie alla sua personalità gentile ed educata è sempre stato molto apprezzato da allenatori, genitori e dai compagni. La partita terminò 1-1 e l’abilità fisica di Romelu era già impressionante a quell’età. Lui è sempre stato un maniac del calcio. Alla fine abbiamo condiviso due stagioni insieme al Lierse, all’Under 12 e all’Under 13. In entrambi i casi siamo diventati campioni Nazionali con un enorme vantaggio. Lui segnava in media una doppietta per partita. Poi si trasferì all’Anderlecht militando nelle categorie superiori. Per Romelu era troppo facile giocare con i pari età. Successivamente anche io cambiai squadra e Lukaku mi aiutò ad integrarmi fin da subito nella nuova compagine”.
Per quanto tempo quindi avete giocato insieme?
“Diciamo tre anni. Come anticipato eravamo compagni di squadra con l'U12 e l’U13 del Lierse. Poi abbiamo giocato un paio di partite insieme all'U15 dell’Anderlecht. Dopo quell'anno Romelu fece la sua prima apparizione nella prima squadra, mentre io ero ancora nelle giovanili”.
Romelu era quindi già un attaccante forte, immagino.
“Le sue statistiche favolose non possono essere ignorate. Le persone avevano dei dubbi sulle sue qualità tecniche. Alcuni a bordo campo sostenevano che la sua unica qualità fosse l’altezza. E che quando gli altri ragazzini sarebbero cresciuti, lui non avrebbe più toccato palla. Scherzavano su di lui, dimenticando comunque che si parlava pur sempre di un bambino. Però, stagione dopo stagione, le sue statistiche restavano incredibili. Quando lasciò Lierse gli regalammo una maglietta con il numero 76 sul dorso: ecco, era il numero di gol segnati da Romelu in una sola annata. Quando poi andò all’ Anderlecht e giocò contro ragazzi di due anni più grandi, ci disse – non da arrogante, ma come sempre in modo realistico – che avrebbe puntato a segnare 20 reti. Beh, raggiunse l’obiettivo a metà stagione. E così da lì a poco venne promosso in Prima squadra. L’accademia dell’ Anderlecht è famosa per la raffinatezza della tecnica individuale e forse lo stile di gioco di Romelu era poco ortodosso. Ma possedeva mentalità, perseveranza e volontà di successo incredibili. Ha sempre segnato. E ha continuato a farlo. Destro, sinistro, testa: non importa come. Lui riesce sempre a bucare la rete. E ancora oggi questa resta la sua più grande qualità, la principale del mondo del calcio".
Lei in che ruolo giocava? E come si trovò con Lukaku?
“Ero centrocampista. E per me, ovviamente, fu semplice giocare con Romelu. Grazie alla sua velocità e alla sua potenza, anche un brutto passaggio può trasformarsi in un buon assist. Tony Van Brandt, il nostro mister al Lierse, prima delle partite diceva sempre: ‘Se hai un mostro come attaccante, devi usarlo’. Romelu doveva solo combattere con i difensori e fare gol. Ci riuscì allora e ci riesce benissimo anche oggi. La sua mentalità vincente ha un'influenza positiva sui compagni di squadra. È molto esigente con se stesso e con gli altri: questo ti spinge ad un livello superiore. Giocare con Romelu ti dà una certa sensazione di autostima e invincibilità”.
Com’era Romelu fuori dal campo?
“Una persona molto socievole, gentile, educata e aperta. Tutti gli volevano bene. In una squadra con culture diverse, si formano sempre dei piccoli gruppi, ma lui andava davvero d’accordo con tutti, indipendentemente dal background o dalla lingua. Non ha mai avuto problemi con nessuno. Si arrabbiava solo se sentiva commenti razzisti o insulti per i suoi cari. Romelu è sempre stato una persona determinata. Già a 12 anni il suo unico obiettivo nella vita era quello di diventare un calciatore professionista. Per poter offrire alla sua famiglia un futuro migliore. Era il tipo di persona che rideva, scherzava e si divertiva sempre fuori dal campo, ma in campo era esemplare: l'unica cosa che contava era vincere”.
Prima del suo arrivo in Italia, parte della stampa aveva sostenuto che l’Inter l’avesse pagato troppo.
“Prima di tutto è difficile stabilire un valore monetario per un singolo giocatore. Ma Romelu vale 83 milioni di euro. Inizi la stagione almeno con un +15 a livello realizzativo. È un giocatore unico. E con le sue prestazioni in Serie A ha messo a tacere i suoi critici, come sempre del resto”.
Avrete vissuto insieme anche tanti momenti divertenti.
“Ricordo al Lierse quando Romelu mostrò i suoi muscoli per la prima volta. Mentre tutti noi aspettavamo ancora che arrivasse la nostra pubertà, lui aveva qualche problema sulle spalle perché i suoi muscoli crescevano troppo velocemente e la sua percentuale grassa era troppo bassa. La divisa da gioco era troppo piccola per lui, come i pantaloncini da calcio, che sembravano delle mutande. Aveva pure difficoltà a trovare scarpe del suo numero, il 48. Quindi quasi quasi le dita dei piedi uscivano dalle scarpe. Era una bestia dalla personalità gentile”.
E momenti seri invece?
“Quando mi disse che sarebbe andato all’Anderlecht. Fu molto emozionante. Eravamo un gruppo di amici e lui era il leader. Mi diede dei consigli per il proseguo della mia carriera. E poi restammo in contatto, per ritrovarci nuovamente nella stessa squadra”.
Insomma Romelu ha tanti aspetti da ammirare.
“Non si possono anche ignorare le sue qualità mentali. Tutti vedono sia un mostro di abilità che combina forza, potenza, velocità e agilità. Ma si deve anche rimarcare la sua super professionalità. Dedica la sua vita al calcio come non ho mai visto fare a nessuno. Quando parli con Romelu ti rendi conto che ricorda ogni dettaglio di ogni partita che ha disputato. Credo davvero che la sua mentalità sia ciò che gli ha permesso di avere successo. Il calcio è un mondo molto duro e i critici e gli ignoranti non hanno mai veramente considerato i sentimenti di un Romelu ancora molto giovane. So che molte persone volevano fallisse, ma lui è riuscito a rimanere positivo, orientato a perseguire I propri obiettivi. Ce l’ha fatta. E io sono molto felice per lui. D’altronde sono convinto che non troverà un suo ex compagno di squadra che potrebbe dire qualcosa di negativo nei confronti di Big Rom”.
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Autore: Simone Togna / Twitter: @SimoneTogna
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