L'orgoglio di allenare l'Inter, la squadra per la quale fa il tifo, il senso di responsabilità di crescere ragazzi da consegnare al calcio dei professionisti e l'ambizione di vincere convincendo. Questi i valori dentro i quali si muove la carriera di allenatore di Andrea Zanchetta, guida dell'Under 17 nerazzurra, che si è raccontato - tra passato presente e futuro - ai microfoni di FcInternews.it, in una lunga chiacchierata rilasciata al 'Centro di Formazione Suning in memoria di Giacinto Facchetti'.
Cominciamo dalla fine, che coincide con un nuovo inizio per lei: il 4 novembre 2011 sul sito della Cremonese compare la lettera del suo ritiro come calciatore e la parola 'dispiacere' è quella chiave. Diventa subito collaboratore tecnico del Settore giovanile grigiorosso: è stato naturale il passaggio dal campo alla panchina?
"Ai tempi, il direttore sportivo della Cremonese, Sandro Turotti, mi disse che avrei cominciato con i ragazzi e che al club avrebbe fatto molto piacere. Il primo anno iniziai come supporto tecnico, praticamente curavo la Berretti e gli Allievi facendo lavoro tecnico. Ho iniziato così, poi loro sono rimasti contenti del lavoro e l'anno dopo, con il nuovo responsabile del Settore giovanile, ho cominciato a lavorare con la squadra degli Allievi".
Resta nei ranghi della Cremonese 2011-2013 (Allievi), poi passa nella Primavera Juve, con Fabio Grosso come vice: vince la Supercoppa con la Lazio, ma poi vieni anche esonerato. Com'è stata la sua esperienza in bianconero? Come si concilia la filosofia del club 'vincere è l'unica cosa che conta' con l'allenare dei ragazzi a migliorarsi passando anche dalle sconfitte?
"L'esperienza in bianconero è stata positiva sotto tanti aspetti perché la società mi ha messo a disposizione strutture e organizzazione per poter lavorare bene. Dopo, si sa, i risultati incidono a ogni livello, anche in Primavera che è quella via di mezzo tra Settore Giovanile e prima squadra. La società decise di cambiare, fu un duro colpo, ma dovetti accettare a malincuore quella scelta".
Nella stagione 2014-2015 riparte come tecnico della Berretti dell’Alessandria, poi entra nello staff del Verona in qualità di collaboratore tecnico, lavorando per Andrea Mandorlini e Luigi Delneri. Come è stato il salto di categoria per lei?
"Ti dico la verità: non è stata una scalata, più che altro è stato fare esperienze diverse. Ad Alessandria mi sono trovato molto bene, in un Settore Giovanile in evoluzione nel quale ho portato le mie idee. Alla fine di quell'annata lì, ho ricevuto una telefonata a sorpresa di Mandorlini, con il quale non mi sentivo tutti i giorni, che mi ha fatto questa proposta dicendomi che gli sarebbe piaciuto avermi con lui a lavorare. A quel punto ho provato a fare un'esperienza diversa. E' stato un percorso molto formativo come allenatore perché ho lavorato con due tecnici come Mandorlini e Delneri, ho visto tante dinamiche che succedono a uomini di grande esperienza, e quindi capisci che è sottile il filo tra gli allenatori esordienti ed esperti. Alla fine la gestione del gruppo è sempre più importante dell'aspetto tecnico, per me è stato come fare un corso di aggiornamento in un anno".
Con questa esperienza nel suo bagaglio torna nell'estate 2016 torna al calcio giovanile, assumendo la guida dell'Under-17 di Serie A-B dell'Inter. Un approdo quasi voluto dal destino per lei che è cresciuto nel vivaio nerazzurro e ha esordito in Serie A con la Beneamata.
"Avrei continuato con i professionisti, se non ci fosse stata la chiamata dell'Inter. Quando mi hanno contattato non ci ho nemmeno pensato perché per me l'Inter ha un valore grandissimo. Poi sentivo anche che mi piaceva allenare in prima persona, anche se sia Delneri che Mandorlini mi avevano dato molto spazio nelle vesti di collaboratore. Sono venuto subito all'Inter, sono stato contento e orgoglioso di aver fatto questa scelta".
Il cerchio si chiude con il titolo di campione d'Italia Under 17 vinto battendo in finale l'Atalanta 2-3 con una doppietta di Adorante e un gol di Visconti. Quell'anno, di fatto, fu la sua squadra a completare il meraviglioso Triplete tricolore della cantera dopo i trofei nazionali vinti da Primavera e Berretti. Cosa significa per lei quel successo?
"Chi fa calcio sa che la vittoria è quello che ricerchi sopra tutte le cose. In un Settore giovanile ci sono anche altri obiettivi, è vero, ma chi è in questo ambiente per prima cosa vuole vincere. Io sono competitivo, voglio vincere in tutte le cose che faccio, figuriamoci con la maglia dell'Inter di cui sono anche tifoso. La gioia della vittoria è stata doppia, soprattutto dopo aver fatto un percorso a tratti anche complicato. Abbiamo vinto giocando bene, mettendo in mostra ragazzi che ora sono sotto gli occhi di tutti".
Diversi giocatori che ha allenato in quel periodo stanno facendo le fortune della Primavera di Madonna: in quella squadra, tra gli altri, si distinsero Gavioli, Esposito, Schirò, Merola e Adorante. Cinque tra i baby giocatori convocati quest'anno in prima squadra da Spalletti, con la soddisfazione per due di questi dell'esordio addirittura in Europa. Che percentuale di merito si attribuisce?
"L'allenatore si prende sempre un pezzo di merito. Non farei questo mestiere, se non pensassi di potergli dare qualcosa per farli rendere a un livello superiore. Il mio obiettivo è sempre questo: io sono uno che vuole vincere, ma so benissimo che l'obiettivo dei tecnici della cantera è migliorare i ragazzi che allena in quell'annata. Io devo consegnare più giocatori possibili alla Primavera, è quello per cui lavoro durante l'anno. Questo va di pari passo con i risultati, i quali dipendono da tanti eventi. Vedere che ci sono tanti ragazzi che ho allenato che giocano con l'Under 19 e sono determinanti mi riempie d'orgoglio e mi dà soddisfazione. Forse più di vincere un campionato".
Aggregato al suo gruppo, almeno a inizio stagione, c'era Sebastiano Esposito, il talento italiano più luminoso del 2002. Oltre a stupire nella sua categoria (16 gol in 14 presenze con l'Under 17) ha bruciato le tappe con l'Under 19, tanto da fare il proprio debutto con la prima squadra a 16 anni e 255 giorni, battendo il record per una prima volta in Europa nella storia interista. Dice di ispirarsi a Totti e di avere come idolo Icardi: quale è la sua qualità migliore dentro e fuori dal campo?
"E' un giocatore che parte da una base di talento alta, ed è avvantaggiato da questo. Poi penso che lui abbia ancora dei margini di miglioramento ampi, spero che questa ribalta che sta vivendo – anche figlia dei tempi – la usi a suo vantaggio, nel senso che si metta in discussione per migliorarsi. Non deve fermarsi al livello che ha raggiunto e di cui parlano tutti. E' una storia che si ripete da quando c'è il calcio: la testa farà la differenza, lui deve tenerlo bene in mente. Gli allenatori che hanno avuto a che fare con Esposito gliel'hanno spiegato perché è un ragazzo esuberante, deve sempre rimanere umile: questo farà la differenza nel suo percorso. Le qualità per giocare ad alto livello le ha tutte, ha dei colpi, delle giocate importanti e corsa. A livello tattico non è così facile inquadrarlo perché sa fare tante cose. Trovargli una collocazione fissa non è facile, sicuramente può ricoprire tutti i ruoli d'attacco e lo ha fatto vedere. Quando uno sa giocare a pallone può giocare dappertutto: detto questo, dico che il ruolo dipenderà molto dalla sua evoluzione fisica. Lui è talmente intelligente calcisticamente che sono sicuro farà bene da qualsiasi parte".
Tra i tanti talenti che allena, oltre a Esposito che ormai è ben noto anche al grande pubblico, ce n'è uno che già famoso per il nome che porta sulle spalle: Filip Stankovic. Ruolo diverso dal padre, leggendario centrocampista dell'Inter, sembra averne ereditato la personalità, importante per quel ruolo, tanto che è già capitano della Nazionale serba U-17. Deki si è già detto orgoglioso di lui, mentre Materazzi è stato il primo a scommettere. Lei è pronto a dire che farà carriera?
"Io penso che Filip sia un altro bel profilo, è un giocatore molto interessante. Chiaramente non è facile portare quel nome sulla maglia, ma lo vedo molto sereno e questo vuol dire che ha già metabolizzato questo passaggio. Ha qualità, è forte, quindi prevedo un bel percorso per lui. Poi io tecnicamente non mi intendo molto di portieri, ma se lo devo giudicare per la presenza in campo e la personalità è sicuramente un bel profilo".
Oltre ai nomi più conosciuti, c'è un gruppone di ragazzi che rimpingua le fila delle varie nazionali europee. Con una forte nota azzurra che recentemente ha portato Maurizio Viscidi, coordinatore tecnico delle Nazionali giovanili italiane, a definire l'Inter come 'una società di grande riferimento'.
"Penso che il lavoro della società sia fortemente indirizzato alla crescita dei giovani ragazzi. Abbiamo tanti ragazzi italiani bravi, nel mio gruppo sono stati selezionati 6-7 giocatori. Quindi il mio compito è ancora più difficile perché mandare i ragazzi in Nazionale è una responsabilità ulteriore. Quando Viscidi parla con me e mi dice che il tal giocatore ha fatto bene per mister Nunziata (ct Under 17 ndr) io sono contento. Anzi, io che li vedo di più sono più critico con i miei ragazzi".
Con queste premesse, viste le ambizioni personali e dell'ambiente in cui allena, immaginiamo voglia continuare la strada luccicante dei trofei vinta che si è interrotta l'anno scorso per colpa dei ko con la Juve ai quarti di finale scudetto. L'obiettivo quest'anno, anche alla luce del solido primo posto in classifica, è arrivare in fondo.
"Io lo dico spesso ai ragazzi che a calcio si gioca per vincere, lo devono sapere. E giocare per vincere è una qualità, significa avere un certo tipo di atteggiamento quando sei sotto pressione. Il giocatore dell'Inter che esce dal Settore giovanile deve avere queste caratteristiche e le deve allenare. L'obiettivo finale è importante, è inutile nascondersi: vogliamo arrivare fino in fondo provando a vincere lo scudetto. La squadra ha fatto una prima parte di stagione strepitosa perché ha vinto e comandato; nella seconda abbiamo fatto più fatica avendo avuto diversi infortuni lunghi in ruoli particolari e perdendo qualche giocatore che è salito in Primavera. Questo ci ha dato la possibilità di far crescere tanti ragazzi e di questo ne sono contento. In questo momento stiamo giocando bene e sono abbastanza fiducioso relativamente al finale di stagione".
Una mission che condivide con tutti i suoi colleghi che allenano dall'Under 14 alla Primavera. Che rapporto ha con loro?
"Qui c’è una coesione molto forte, c'è un senso di continuità spiccato, un'idea di lavorare uno per l'altro e unità nel vissuto di tutti i giorni. Condividiamo tante cose, stiamo parecchio insieme anche fuori dal campo: questo è un segreto che fa la differenza nel Settore Giovanile".
Roberto Samaden è stato una figura chiave in tutti i successi nerazzurri…
"Roberto Samaden è una persona molto importante per tutti noi: lui riveste questo ruolo da molto tempo, conosce perfettamente tutte le dinamiche delle giovanili e le trasferisce abilmente ai giocatori e a chi lavora attorno. Siamo tutti molto allineati, grande parte dei meriti sono del responsabile del vivaio nerazzurro”.
Ha dei piani a lungo termine per il suo futuro di allenatore?
"In questo momento il Settore giovanile è la cosa che mi piace di più. Ho fatto questa esperienza come collaboratore, ma in questo preciso momento il Settore giovanile lo sento più mio. Ora non sento l’esigenza di affrontare sfide diverse. Avere la possibilità di fare l'allenatore dell'Inter Under 17 mi fa dire che sto bene qui, non mi interessa nessun'altra alternativa".
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Autore: Mattia Zangari / Twitter: @mattia_zangari
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