E’ un concetto che ormai è parte integrante delle soluzioni di marketing moderno: è quello della ‘SWOT analysis’, ovverosia l’analisi completa e approfondita di tutti i punti di forza, i rischi, le opportunità, le minacce che si possono presentare nel momento in cui un'organizzazione o un individuo deve prendere una decisione per raggiungere un obiettivo. Il primo passo di una pianificazione strategica per poter poi lavorare nella migliore efficienza verso il traguardo. Ecco, questo concetto oggi si può decisamente traslare e ridefinire sulla scelta a dir poco coraggiosa che ieri sera Massimo Moratti ha operato al termine di un lungo summit che ha portato al divorzio da Claudio Ranieri e alla promozione, per meriti acquisiti sul campo, di Andrea Stramaccioni da Roma, che poco più di 24 ore prima, davanti agli occhi del patron nerazzurro e del figlio Gigio, aveva portato la Primavera, da lui rilevata da Pea qualche mese prima, al trionfo nella prima edizione della Next Generation Series, quella che, checché se ne dica, è stata ribattezzata la Champions dei giovani, superando in finale i ben più quotati avversari dell’Ajax.
Chi è Andrea Stramaccioni? Che strada ha percorso sin qui? Innanzitutto, va detto che il tecnico classe 1976 non ha avuto una carriera da calciatore professionista, a causa di un grave problema fisico che lo ha costretto ad appendere le scarpette al chiodo quando militava nella Primavera del Bologna. In compenso, ha subito fatto capire di che pasta è fatto una volta passato dal campo alla panchina: nove trofei in dieci anni di carriera, soprattutto con la Roma dove conquista Campionato Nazionale Giovanissimi e Trofeo di Arco con gli Allievi. L’Inter, come abbiamo anche avuto modo di testimoniarvi, lo sondava già dal 2010, anno dei primi scricchiolii con la dirigenza capitolina a causa di una diatriba legata ad una mai avvenuta promozione nella Primavera al posto di Alberto De Rossi. Primavera che invece Piero Ausilio, suo grande sponsor, gli affida quest’estate con risultati strabilianti. E ora, il grande salto: salto che arriva in un momento storico tribolato come altri non ne capitavano da anni, sfida che Stramaccioni ha deciso di accettare con coraggio e grande convinzione dei mezzi.
Già, ma cosa dobbiamo aspettarci da Stramaccioni? E soprattutto, cosa dovrà aspettarsi lui da questa inedita, e per certi versi, eccitante esperienza? Proviamo a fare un quadro attraverso i quattro fattori sopra descritti:
PUNTI DI FORZA – Indubbiamente, il primo è rappresentato dalle doti del tecnico. Doti che hanno conquistato definitivamente anche Moratti, che, si dice, in lui abbia visto una sorta di José Mourinho versione 2.0. Un allenatore che nella Primavera nerazzurra ha saputo creare un’alchimia eccezionale, facendo di una squadra dove non spiccavano probabilmente individualità importanti un gruppo magnifico, coeso, pronto sempre a lottare. E poi, c’è anche la capacità di saper inventare nuove soluzioni, magari stravolgendo i ruoli (come con Pecorini, rivelatosi micidiale nel ruolo di esterno) e portando i correttivi giusti ogni qual volta si presentassero delle criticità.
DEBOLEZZE – Chiaramente, a Stramaccioni manca completamente l’esperienza in una grande squadra. Ed essere catapultato sulla panchina dell’Inter in questo momento storico rappresenta una sorta di prova del fuoco per lui. Sarebbe stato forse preferibile per lui arrivare con calma alla panchina di una grande, magari mostrando le sue doti prima su una panchina di B come ammirevolmente sta facendo il suo predecessore Fulvio Pea. Un battesimo di quelli tosti, dove c’è da prendere il timone di una barca nel pieno della bonaccia per trascinarla verso il primo porto. Ci vuole tanta forza soprattutto mentale, che a lui comunque non fa difetto.
OPPORTUNITA’ – Si è fatto davvero un gran parlare di svolta verso il futuro, di valutazione dei giocatori che potranno far parte del prossimo progetto nerazzurro. Con Stramaccioni l’occasione è stata colta al volo: starà a lui infatti cominciare a mettere su le fondamenta dando spazio ai giocatori meno impiegati, più o meno logicamente, da Ranieri, magari ripescando gente come Alvarez, Castaignos e Ranocchia e lanciando Guarin, e soprattutto ridando loro soprattutto fiducia e convinzione nei loro mezzi. Il tutto, chiaramente, senza aspettarsi un repulisti immediato e repentino della vecchia guardia, alla quale Strama dovrà anzi affidarsi per perpetrare al meglio l’integrazione delle nuove leve. Se poi dovesse entrare da subito qualche giovane della Primavera ora affidata a Bernazzani, tanto meglio.
DUBBI – Preferibile cambiare la voce ‘minacce’, poco consono, con questo. Uno su tutti: quello di una possibile crisi di rigetto da parte dei tifosi che magari, dopo due-tre partite sbagliate (ci può stare, vista l’inesperienza), potrebbero finire col gettare anche lui nel vortice dei fischi e della contestazione. Poi, c’è quello legato a possibili frizioni nel rapporto col nucleo storico, quello composto da giocatori magari più anziani di lui. Ci vorrà un grande sforzo collettivo per dare una mano al neo-tecnico in questa breve ma significativa esperienza, ed evitargli di finire nel tritacarne di una stagione nera e bruciarsi già in partenza, quello di cui non ha affatto bisogno.
Sta a lui, ma starà anche alla società, calibrare le dosi, cercare di trovare il mix vincente per far prevalere i lati positivi su quelli negativi e cominciare già a costruirsi un po’ di pedigree in vista del futuro, che per lui si preannuncia comunque roseo. Le doti non gli mancano: In bocca al lupo, Strama!
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