Dare i voti è sempre un compito arduo, perché ci sono mille variabili in gioco impossibili da sintetizzare con un semplice numero. Dai tempi della scuola, è così per tutti: tuttavia, ogni tanto applicare un segno a metà percorso è utile per poi valutare i passi successivi, le cose da migliorare, quelle da evitare o semplicemente per dare il giusto merito (o demerito) ai protagonisti di un’avventura. Dopo aver quasi ultimato il girone d’andata, avendo frantumato quasi tutti i record possibili per singola annata in Serie A, viene difficile dispensare insufficienze o voti troppo bassi, nonostante alcuni giri a vuoto della squadra. L’Inter di Antonio Conte si è rilanciata ed è stata l’unica (insieme alla Lazio di Inzaghi) a mantener vivo l’interesse sulla Serie A, opponendosi allo strapotere della Juventus. La campagna europea ha dispensato delusioni, soprattutto per l’epilogo. Ma questa squadra lotta anche contro le avversità di una serie di infortuni rocamboleschi e non è possibile pensare che nel giro di sei mesi si possano cancellare le scorie di un decennio turbolento. L’Inter c’è, combatte, e questa è la gioia più grande per tutto l’ambiente.
DIFESA
Handanovic Samir, 6: leader silenzio, c’è quando deve esserci. Sbaglia poco, ha cominciato anche a uscire sui palloni che di solito lo traevano in errore. In un paio di partite fa gli straordinari, per il resto ordinaria amministrazione.
Skriniar Milan, 6,5: è stato uno dei giocatori più coinvolti nel cambio di modulo e mentalità, perché si è ritrovato a giocare in una posizione non sua. Da un lato ha lavorato come di consueto su anticipi, marcature a uomo, dall’altro nonostante le difficoltà è riuscito a ritagliarsi un ruolo importante nella prima impostazione e nello smistamento di palloni.
De Vrij Stefan, 7,5: Il primo attaccante dell’Inter, l’ultimo baluardo davanti Handanovic. La crescita esponenziale del difensore olandese è sotto gli occhi di tutti, ma la capacità con cui sa trasformare un’azione di difesa in una d’attacco ha pochi eguali al mondo. Guida la miglior difesa del campionato e alterna giocate ruvide, d’interdizione, a lanci lunghi al millimetro. Acquistato a parametro zero, negli equilibri di Conte ha un valore inestimabile.
Godin Diego, 6,5: era il giocatore indicato da tutti come il possibile artefice del cambio di mentalità. Godin è una leggenda del calcio, arriva a Milano a 33 anni con l’umiltà di rimettersi in gioco in un sistema che non è il suo, approcciando per la prima volta la difesa a tre. Inizia bene, nel Derby è il migliore in campo, poi inizia a sentire la stanchezza di un gioco dispendioso e dell’alternarsi di partite ogni tre giorni. Ha la sfortuna di finire in un paio di situazioni nella parte sbagliata della giocata, contro il Barcellona: il gol di Suarez al Camp Nou arriva su una sua disattenzione, a San Siro un suo intervento impacciato costa lo svantaggio iniziale. L’emergere di Bastoni lo aiuterà a risparmiarsi e a dare il 100% nelle partite che contano.
Bastoni Alessandro, 7: Una delle sorprese d’inizio stagione. Conte l’ha voluto fortemente fin dal ritiro, la società l’ha blindato e ha legittimato l’investimento fatto su di lui. Bastoni inizia in sordina, esordisce contro la Sampdoria dal primo minuto e gioca buona parte di gara con un cartellino giallo come spada di Damocle. A fine gara, con il forcing blucerchiato, sarà uno dei migliori per pulizia d’interventi e incisività. Per il resto, le sue partite sono un’applicazione costante di uscita palla al piede, testa alta e marcature efficaci. Unico neo contro la Juventus, quando subentra al posto di un acciaccato Godin e come il resto della difesa si fa bucare da Higuain. Contro il Parma il gol del pari nasce da una sua intuizione sulla trequarti avversaria. In ascesa.
D’Ambrosio Danilo, 6,5: il tuttofare da Caivano si rende indispensabile in un’altra stagione. Usato all’occorrenza come cambio di Godin o di Candreva sull’esterno, porta sempre ordine e mantiene alta la concentrazione. Non regala prestazioni onnipotenti, nemmeno scende sotto la soglia della sufficienza. Conte si fida di lui e lo inserisce nei momenti caldi delle gare. Difficilmente delude.
Ranocchia Andrea, 6: esaltato da Spalletti come Totem dello spogliatoio, continua sotto Conte a mantenere questo ruolo da uomo squadra. De Vrij si infortuna nelle prime due uscite della stagione, entra a sorpresa Ranocchia e guida la difesa senza affanni, con una doppia vittoria che rilancia l’entusiasmo in casa Inter.
CENTROCAMPO
Sensi Stefano, 7: il primo mese di campionato, l’Inter era Sensi più altri dieci. L’impatto dell’ex centrocampista del Sassuolo è stato fuori da ogni logica: accentratore e facilitatore di gioco, goleador, presenza costante negli spazi verticali liberati dagli schemi di Antonio Conte. Sensi è stato il motore propulsore dell’Inter prima di Barella e della Lu-La. Fosse entrato quel gol contro il Barcellona, al Camp Nou, dopo una risalita veloce del campo da parte di tutta la squadra, probabilmente il Barcellona lo avrebbe comprato sul posto. Il voto sarebbe anche più alto, ma purtroppo l’aver giocato solo uno dei tre mesi di competizione lo penalizza. La catena di infortuni che lo hanno colpito ha spaventato i tifosi interisti che si sono concessi un’ovazione quando Sensi è tornato in campo contro il Genoa. In attesa.
Barella Nicolò, 7: per stessa ammissione di Conte, ci ha messo un po’ di più di Sensi per entrare nei meccanismi di gioco dell’Inter. Ma la fiducia da parte di allenatore, società e ambiente non è mai stata in discussione: si sblocca nella partita più difficile, in casa contro lo Slavia Praga. Regala il pari, da lì non si ferma più e in un mese conquista tutti. Barella ha di diritto una maglia da titolare e a poco a poco sta riuscendo a diventare determinante anche toccando meno palloni di quanto era abituato a Cagliari. Il gol contro il Verona certifica il suo status di beniamino del pubblico, che l’ha adottato come nuovo guerriero. Peccato per l’infortunio casuale nell’acquazzone di Torino, perché questa stava diventando la sua squadra. È arrivato all’Inter per rimanerci tanti anni.
Brozovic Marcelo, 6,5: se qualcuno vuole sapere come giocherà l’Inter, basta guardare il riscaldamento di Brozovic. Quando il croato è in palla, la squadra gira al massimo perché il suo modo di far circolare il pallone e di facilitare linee di passaggio ha pochi eguali in Europa. Al contrario, se Brozo è fuori fase, tutto il gruppo ne risente. Ogni tanto inganna con il suo ciondolare per il campo, o quando si intestardisce a battere corti un’infinità di calci d’angolo. Brozovic è semplicemente insostituibile: gioca sempre, gioca ovunque. Ogni tanto si disconnette e commette errori pesanti, come a Parma o contro il Barcellona a San Siro - quando lascia prima del tempo Ansu Fati, che segna. Prestazione costante, ma nel pieno della maturità calcistica, è lecito aspettarsi una parabola costantemente rivolta verso l’alto.
Dimarco Federico, SV: rientrato all’Inter dopo una stagione altalenante a Parma, condita da qualche gol e troppi infortuni, rimane alla base per problemi quantitativi. Conte lo usa in due occasioni, entrambe a risultato acquisito. Qualora dovessero concretizzarsi delle operazioni in entrata a gennaio, è probabile che saluti lo spogliatoio in cui comunque è riuscito ad ambientarsi senza risultare un corpo estraneo alla squadra.
Asamoah Kwadwo, 5,5: La verità è che quando ha giocato, Asamoah ha dato prova della sua utilità. Ha sfruttato sapientemente i cambi campo dei compagni, facendosi trovare sempre in posizione avanzata, per sfruttare il vantaggio sull’avversario diretto. Ha messo a segno qualche assist, poi una caterva di infortuni si sono abbattuti su di lui e lo hanno reso troppo spesso spettatore. Da capire se questa situazione vedrà la luce o se i problemi al ginocchio sono diventati cronici. Se sta bene, è ancora il titolare dell’Inter sulla fascia sinistra.
Lazaro Valentino, 5,5: l’esordio choc contro lo Slavia Praga gli costa qualche altra panchina. Gioca la prima da titolare contro il Bologna e impressiona per gli spunti palla al piede, oltre che per una comprensione del gioco che sembra migliorata rispetto ai timidi inizi. Viene confermato contro il Verona e si pensa ad una maglia da titolare per lui contro il Borussia Dortmund, in trasferta. Alla fine entra nella ripresa di quella sciagurata gara, ed è tra i più attivi. Tutto è apparecchiato per la sua conferma tra i titolari, complice anche l’assenza di Candreva e D’Ambrosio. Nelle ultime uscite, tuttavia, è tornato il giocatore caotico dell’inizio. Tutti hanno fiducia in lui e nella seconda parte di stagione potrebbe trovare il suo spazio, per sfruttare le sue innegabili qualità.
Biraghi Cristiano, 6: è arrivato all’ultimo, per puntellare un reparto con pochi interpreti. È tornato a casa nel pieno del prime calcistico, sapendo quali sono i suoi punti di forza e le sue debolezze. Calcia bene le punizioni, offre buoni cross per gli attaccanti e recupera molti palloni difendendo in avanti. Che non è poco. Manca di quell’intensità e di quella qualità in area di rigore per essere un esterno à la Conte e alcune situazioni (come contro il Barcellona, al ritorno) lo confermano. Sfrutta le sue occasioni e finisce l’anno da onesto titolare.
Vecino Matias, 5,5: l’uruguagio indecifrabile. È tanto decisivo in alcuni momenti dell’anno, quanto imperscrutabile e vanesio in altre gare. Conte ha detto di puntar molto su di lui, ma Il centrocampista che l’ha ripresa non è mai stato all’altezza della sua mistica: riesce ad incidere solo con il pallone fra i piedi, o negli ultimi quindici metri se ci sono palloni da acchiappare in volo e da sbattere in rete. Troppo poco per pensare che verrà confermato anche l’anno prossimo, soprattutto nell’idea di centrocampo dinamico di Conte che sa giocare a diverse intensità.
Candreva Antonio, 7: alla fine della scorsa stagione tutti ritenevano la sua esperienza all’Inter terminata, dopo un anno che più grigio non si può, terminato con zero marcature. Candreva si è rimboccato le maniche e ha stupito tutti con una partenza sprint: l’esordio con il Lecce è una boccata d’ossigeno, il gol contro il Borussia Dortmund la ciliegina sulla torta di un giocatore che è tornato se stesso. Ha ancora qualche passaggio a vuoto, e gli anni iniziano a farsi sentire, ma della batteria di esterni a disposizione di Conte è stato il più continuo, il più affidabile e quello che si è preso il maggior numero di responsabilità.
Valero Borja, 6,5: Ci sentiamo di fare una menzione speciale per quel centrocampista che era finito ai margini della rosa e che per delle circostanze particolari è stato buttato nella mischia, giocando un ruolo fondamentale nell’ultimo mese di campionato. Borja è al tramonto della sua carriera, eppure ha una voglia straripante di essere determinante: corre, pressa e dispensa calcio con il picco raggiunto a Firenze, quando ha tenuto in piedi il gioco e ha segnato un gol che fino a tre minuti dalla fine sarebbe valso il primo posto in solitaria a Natale. Per continuare la cavalcata Conte avrà bisogno di un altro tipo di energie, ma il comandante Borja è sempre a disposizione: non era facile, ma questo mese rappresenta un ode al calcio.
Gagliardini Roberto, 6,5: con Spalletti aveva vissuto alti e bassi, passando da titolare inamovibile nella seconda metà del 2017/18 a jolly da usare solo contro il Genoa nell'annata successiva. Con Conte è chiamato al riscatto e dopo qualche balbettio iniziale, si prende la scena e offre prestazioni di qualità. Conte lo telecomanda, lui risponde presente. Peccato per l'insolito infortunio che l'ha tenuto ai box a dicembre.
ATTACCO
Martinez Lautaro, 7,5: il Toro si è preso l’Inter. È partito in sordina, alternando buoni spunti a macroscopici errori sottoporta - come contro l’Udinese. Poi ha capito i meccanismi di Conte, si è calato nel ruolo di trascinatore e ha cominciato a fare la differenza. Lotta spalle alla porta, svetta di testa, libera i compagni con qualità e segna, segna tanto, più di sempre. Lautaro è un mix letale di molte caratteristiche dell’attaccante moderno. Quando arpiona il pallone cercando il contatto con il difensore, o crea o guadagna fallo. Contro il Barcellona ha giganteggiato e ormai non si contano più il numero di cartellini gialli che fa rimediare ai suoi marcatori. Con Lukaku si esalta, dopo l’exploit c’è bisogno di conferma. Il Toro ha fame.
Esposito Sebastiano, 6,5: al di là delle prestazioni con i pari età, che ci fosse qualcosa di speciale in questo diciassettenne lo si poteva apprezzare fin dalla prima amichevole che l’Inter di Conte ha giocato questa stagione. Con il rimpolparsi dell’attacco interista le luci dei riflettori si sono spostate, ma chi lavora ad Appiano giura che a ogni allenamento fa fuoco e fiamme. Feeling immediato con Big Rom e fiducia incondizionata da parte di Conte: un pizzico di accanimento con gli infortuni e l’esordio da titolare con gol è servito. Fa vedere ottimi movimenti, intuizioni giuste, fisico in costante crescita e un’intelligenza calcistica fuori dalla norma. Ha 17 anni, il mondo da conquistare: un passo alla volta, senza bruciarsi.
Lukaku Romelu 8: era atteso al compito più difficile, ovvero far dimenticare un goleador da oltre 120 reti con la maglia dell’Inter. Arrivato come giocatore più costoso della storia dell’Inter, ogni sua azione nelle prime partita è stata vivisezionata al millimetro per capire fin da subito se si trattasse di un fenomeno o di un bluff. Ha giocato acciaccato, dimostrando come per performare debba essere al top della forma. Ma fin dall’esordio ha cominciato a buttarla dentro con regolarità. È il leader di questa squadra e lo si vede da una moltitudine di gesti: chiama tutti attorno a sé dopo ogni gol, invita la squadra fuori a cena, ha una buona parola per ogni membro della squadra e il legame con Conte è semplicemente energia allo stato puro.
Senza dimenticare che ha dimostrato di saper vincere alcune partite da solo: contro il Brescia, con un gol nel momento peggiore dell’Inter. Contro lo Slavia, portando a spasso l’intera difesa avversaria. Nel derby è svettato sopra la testa di Romagnoli per chiudere i giochi. Ha aiutato Lautaro a sviluppare le sue caratteristiche, è il mentore di Esposito e l’anima dello spogliatoio. Sì, sbaglia qualche gol facile come contro Roma e Barcellona. Ma i primi mesi di Lukaku non potevano essere migliori.
Politano Matteo, 5: il peggiore, in questo inizio di stagione, non foss’altro che nella scorsa annata sotto Spalletti aveva mostrato ampi margini di miglioramento. Qualche attenuante ci sarebbe: il cambio modulo l’ha evidentemente spaesato, con Conte che ha provato a metterlo prima seconda punta e poi esterno. Una serie infinita di pali e traverse, gol annullati per fuorigioco millimetrici: un attaccante vive di gol, e se entra in una spirale negativa è difficile uscirne (Candreva ne sa qualcosa). L’ascesa di Esposito e una mancanza di fiducia generale hanno fatto il resto - quante volte ha provato la finta che l’anno scorso era il suo marchio di fabbrica, senza riuscirsi?. Le parole di Conte, che non lo considera più una punta, hanno fatto il resto: è probabile che si accasi altrove a gennaio, magari in uno scambio con Llorente. Insistere in questo contesto potrebbe essere dannoso.
Sanchez Alexis, 6: Una sufficienza sulla fiducia, una media ponderata fra l’enormità di tempo che Conte ci ha impiegato per ritenerlo idoneo a scendere in campo, le fiammate contro Sampdoria e Barcellona e la prolungata assenza che è pesata come un macigno nell’economia gestionale della stagione. Non è un caso che due delle migliori prestazioni (primo tempo contro la Sampdoria e contro il Barcellona) siano arrivate con lui e Lautaro in campo, ma il campione è ancora troppo esiguo per tramutarlo in legge. Conte lo avrà a disposizione fin dalla ripresa, le premesse per fare bene ci sono: il riscatto, quello sembra lontano.
ALLENATORE
Conte Antonio, 8: è il condottiero di questa Inter, fatta a sua immagine e somiglianza. La prova tangibile che l’aria è cambiata: pur fra mille difficoltà, la sua squadra ha mantenuto alcune peculiarità di gioco in ogni situazione e il primo posto è un certificato d’eccellenza per il suo lavoro. Per rimanere aggrappati alla Juventus, c’è da trovare qualche soluzione in più sulle fasce (o in mezzo al campo), magari sperimentando qualche posizione ibrida. Il compito più grande sarà quello di evitare il consueto black out invernale.
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Autore: Marco Lo Prato / Twitter: @marcoloprato
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