Nuova diretta Instagram per FcInterNews: stavolta ospite del nostro Mattia Todisco è stato Francesco Moriero che si è raccontato e ha risposto alle domande dei tifosi intervenuti in diretta.
“Siamo chiusi in casa come è giusto, le cose in Salento vanno bene, stiamo facendo i bravi e non bisogna mollare. Venerdì è terminata l'asta con Miccoli, io ho messo all'asta tre mie maglie con l'Inter e una dell'esordio in Nazionale. L'asta è andata bene, stiamo aiutando le famiglie salentine alla ricerca di beni di prima necessità: abbiamo raggiunto quasi 3600 euro. Ora Miccoli ha messo all'asta una sua maglietta firmata, una di Totti e una di Mutu, anche questa finirà venerdì. Ci stiamo muovendo per aiutare chi ne ha bisogno, noi figli del Salento diamo una mano qui anche se l'emergenza è in tutta Italia”.
Un giudizio su un altro salentino, Antonio Conte.
“L'Inter stava facendo un ottimo campionato, poi c'è stato un momento di calo anche per una questione di ricambi, l'Inter sta cercando di costruire qualcosa di importante, ci vuole tempo in Italia non è facile vincere. Abbiamo uno dei mister più in gamba che sta costruendo un certo tipo di mentalità, potevamo lottare per lo scudetto però manca poco per raggiungere un grande obiettivo”.
Come ci si allena in un periodo così e in un clima di incertezza?
“Si lavora molto anche con lo staff, si cerca l'intelligenza del calciatore di tenersi in movimento. Non è facile, si cerca di dare dei lavori a casa facendo quello che si può, per il calciatore è fondamentale il campo, ti puoi muovere quanto vuoi ma stare con i compagni, correre, provare le soluzioni e le tattiche puoi farlo solo in campo. Un calciatore intelligente si tiene in forma, mangia bene, fa una vita regolare ma è strano parlare di calcio in questo momento”.
Oggi sono dieci anni da quell'Inter-Barcellona 3-1.
“Ricordo il grande risultato, a me piace ricordare la mia Inter chiaramente anche se in questo momento c'è un black out di calcio e si vanno a rivedere le partite storiche. Di calcio sto leggendo poco perché parlano in tanti, ognuno dice la sua, siamo sempre su Instagram. Non ho mai visto tanto come in questo periodo i miei ex compagni, ci mandiamo saluti e cuoricini, sento Dabo, Frey, … Simeone era molto serio, per me è sempre stato un leader, ti trasmetteva carica, non potevi mai abbassare la guardia, per me era un vero leader anche se in quella squadra c'erano Zanetti, Bergomi e tanti altri. Simeone ti massacrava mentalmente e ti riprendeva già da calciatore, abitavamo tutti nello stesso palazzo, ricordo che in casa di Simeone sembrava di stare in uno spogliatoio, aveva le foto dei gol, i gagliardetti, non c'erano souvenir o le classiche cose che trovi in casa, vive 24 ore di calcio”.
E' possibile vedere Simeone all'Inter?
“Credo sia il suo sogno, è rimasto legato a quei colori, abbiamo vissuto anni stupendi ma non dimentichiamo che ora in panchina c'è un allenatore straordinario. Anzi caratterialmente penso anche che loro due siano molto simili, perfezionisti, molto seri già da calciatori. Con Antonio siamo cresciuto insieme, abbiamo fatto le giovanili insieme, è come un fratello, è sempre stato maniacale, non voleva perdere neanche in partitella ed esultava come in partita. Il Cholo uguale, entrava sempre duro, voleva far gol. I sudamericani danno sempre qualcosa in più che in Italia non danno, lui andava alle partite cantando, una cosa tutta loro e noi ne avevamo tanti di sudamericani. Bergomi era uno silenzioso, concentrato, ma era l'unica e si faceva trascinare”.
Quanto fu difficile giocare quella partita a Mosca?
“In questo periodo a casa con i miei figli stiamo rivedendo un po' di partite, non le vedevo da tanto, abbiamo rivisto quella con lo Strasburgo, col Parma, con lo Spartak Mosca ricordo che c'erano tipo -13, entrammo con pochissimo riscaldamento e faceva un freddo incredibile. Ero coperto all'inverosimile ma avevo comunque freddo. In spogliatoio cercammo di scaldarci, qualcuno ha bevuto anche un goccio di vodka, ma nel nostro sguardo sapevamo di affrontare una squadra forte, si respirava un'aria particolare, eravamo sempre consapevoli di poter vincere, ma Ronaldo andò da Simoni e gli disse che avrebbe risolto lui la partita, fecero una scommessa col cane che Simoni chiamò poi Taribo. Loro partirono forte facendo gol, Simeone allora mi disse di andare sul fondo e metterla perché avremmo fatto gol, avevo i piedi congelati che mi facevano male, la metto dentro non so neanche io come e il Cholo di testa favorisce il gol e pareggiammo. Poi Ronaldo fece questo gol fantastico del 2-1.
La partita con lo Strasburgo invece non la ricordavo, l'ho rivista qualche giorno fa e penso sia una delle partite più belle dell'Inter di quegli anni. Non c'erano spazi, una delle partite in cui io e Zanetti abbiamo giocato a destra con Cauet a sinistra e abbiamo fatto la differenza ma fu una partita difficilissima risolta con un gran gol di Simeone”.
Quale gol fu più difficile tra Neuchatel in rovesciata e col Piacenza in slalom?
“I miei gol sono tutti simili, scendevo sulla destra e incrociavo sul secondo palo, ma ci sono dei gol in cui ho goduto, col Neuchatel credo sia un dei più difficili, vedevo questa palla alta e non potevo saltare, ho provato a fare una rovesciata ed è uscito veramente bello. Stavo bene, mi riusciva tutto. Il gol col Piacenza fu una goduria perché non si sbloccava, dovevo uscire a breve, ci fu un errore di Stroppa a centrocampo, presi palla e partii. Mister Simoni mi diceva di passarla, più strillava e più andavo avanti e alla fine provai a calciare, non so neanche io cosa avevo fatto. Poi andavi in panchina a dire al mister, ora mi puoi cambiare”.
Ti rivedi nel Candreva trasformato da Conte?
“Io nasco tornante nel Lecce e come allenatore avevo Mazzone, mi piaceva spingere ma lui pretendeva che tornassi anche a difendere. La forza di quel ruolo sta nel non pensare troppo all'avversario, a me piaceva attaccare e far divertire la gente. Poi anche io ho giocato sempre col 3-5-2, all'Inter avevamo chi ci copriva le spalle dietro ma poi la differenza la faceva l'intelligenza dei calciatori. Oggi si lavora molto più sulla tattica”.
In quel 97-98 è più la gioia di Parigi o il rimpianto di non aver vinto il campionato?
“Di quella partita (Juve-Inter, ndr) aspetto ancora la fine, è stato difficile accettare il risultato di Juventus-Inter, sono successe cose strane. Magari la Juve avrebbe vinto ugualmente, su Ronaldo c'è stato un errore incredibile, personalmente mi sono visto scippare lo scudetto, o almeno la possibilità di lottare fino alla fine. Ma non darei la colpa solo a quella partita, ce ne sono state anche altre. Ma abbiamo fatto divertire, una squadra di grandi giocatori e grandi uomini, c'era lo stadio sempre pieno.
La coppa Uefa è stata una gioia immensa, abbiamo battuta una Lazio fortissima. Noi eravamo convinti di vincere quella gara, era una Uefa con squadre forti, ma noi avevamo Zamorano, Ronaldo, Zanetti, Bergomi, come facevi a non avere una mentalità vincente?”.
Un aneddoto su Roberto Baggio.
“Un grande amico, un bravo ragazzo, un professionista, arrivava sempre per primo agli allenamenti. Andavamo alle 10.30 alla Pinetina e tornavamo alle 19.30, mia moglie avrà pensato che avevo l'amante ma si stava sempre insieme. La mentalità oggi è cambiata. Il grande campione lo dimostra anche cercando di fare gruppo, l'Inter ci unisce e i rapporti sono rimasti. Roberto era qualcosa di fantastico. Aveva una forza mentale impressionante, spinsi per farlo venire all'Inter, ovviamente l'ha preso Moratti ma ho lavorato anche io per convincerlo! Facevamo le partitelle con lui, Ronaldo, Recoba, Djorkaeff, poi è arrivato Vieri, una quantità di qualità incredibile”.
Come è nato il gesto dello sciuscià a chi faceva gol?
“Perdevamo in casa col Brescia, entra il Chino Recoba che aveva ancora poco spazio, fa due gol uno più bello dell'altro, in porta c'era Cervone che era altissimo, è riuscito a metterla sotto il sette a 200 all'ora. Ero troppo felice, in quel momento mi è venuto spontaneo inginocchiarmi e pulirgli la scarpetta, poi è diventato un gesto condiviso di umiltà, il mettersi a disposizione del compagno che ha risolto una partita”.
Un aneddoto su Taribo West.
“Era un simpaticone, si facevano le partitelle di allenamento e lui picchiava tutti, entrava sempre duro, Simoni un giorno prese palla e gli disse che se continuava così non saremmo arrivati in 11 la domenica. Voleva far vedere che c'era e ci teneva, faceva paura, ma era simpaticissimo. Una volta disse al mister 'Dio mi ha detto che devo giocare' e lui rispose che a lui non aveva detto niente”.
Fa il suo intervento in diretta Fabrizio Miccoli che saluta Morieri e gli ricorda un appuntamento di beneficenza: “Dobbiamo andare a comprare dei giocattoli per dei ragazzini, la mattina andiamo a fare la spesa e la consegniamo alle famiglie, oggi gli abbiamo promesso gelati e giocattoli e ora ci aspettano”.
Nel momento in cui si dovesse riprendere, l'Inter potrebbe lottare per il primo posto?
“Deve lottare, la Lazio sta facendo un campionato fantastico, una squadra che diverte, l'Inter però è maturata molto, deve giocare per il campionato. Chi prenderei? Moriero, Miccoli, Ronaldo, Zamorano. Scherzi a parte, mi piace Mertens, anche Allan. Due giocatori che vedrei benissimo all'Inter, o in qualsiasi squadra io allenerei. Poi bisogna capire Conte che modulo ha in testa”.
Se dovesse arrivare la grande offerta per Lautaro?
“Io lo terrei, l'Inter è l'Inter e i giocatori forti deve tenerli. Ha una grande società che vuole vincere in Italia e in Europa”.
Chi è il nuovo Moriero?
“Io penso di essere stato un giocatore normale, ringrazio i tifosi per i complimenti ma era un calcio differente. Mi stupisco quando leggo che il calcio degli anni 80 e 90 era più lento di adesso, assolutamente no. Prima c'era molta più qualità, se oggi c'è meno qualità devi correre di più, devi compensare. Uno è stato il più forte secondo me, a parte Pelé e Maradona, ed è Ronaldo. Gli ho visto fare cose che non ho mai visto. Ronie non lo fermava nessuno, ma senza problemi alle ginocchia avrebbe continuato molto di più. Era agile, si zittiva San Siro quando prendeva palla. Faceva numeri in un metro quadro, e anche in allenamento era qualcosa di devastante”.
Ricordiamo anche Winter.
“Mi giocava vicino e copriva le spalle, mi diceva cosa fare, mi copriva e mi garantiva di non tornare. Anche Cauet, Zé Elias, anche lui un pazzo scatenato. Mi ha scritto un messaggio qualche giorno fa, mi ha fatto preoccupare ma voleva solo salutarmi, un pazzo. Portava allegria negli spogliatoi. Noi eravamo la squadra più abbronzata del '98, Ronaldo aveva della macchioline sul corpo e il dottor Volpi aveva fatto acquistare una lampada. Solo che poi la utilizzavamo tutti e sembravano tutti abbronzati. Ci siamo divertiti”.
Hai un rimpianto nella tua carriera?
“No, ho fatto la carriera che immaginavo da bambino. Volevo diventare calciatore per giocare nel Lecce, volevamo far star bene la mia famiglia. Ho avuto anche altre opportunità come andare alla Juve ma non è successo. Sono andato a Cagliari, ho conosciuto tanti campionati. Potevamo vincere una coppa Uefa con la Roma e uno scudetto con l'Inter e qualcos'altro, questi sono gli unici rammarichi. Moratti ha fatto sacrifici importanti, lo ricordo con affetto, è stato come un padre con tutti noi. Se non si fosse mandato via Simoni forse si sarebbe vinto di più, col tempo anche Moratti, che è uomo intelligente, lo ha ammesso. Non come quel signore che pensa ancora al Var...”.
Autore: Domenico Fabbricini / Twitter: @Dfabbricini
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