In ogni storia che si rispetti esiste sempre la figura dell’eroe rocambolesco, di quel personaggio insospettabile che incontri quasi per caso e che nelle ultime pagine diventa fondamentale. È una questione del destino, che spesso si mette a giocare con le coincidenze. A pensarci bene Matias Vecino sembra una figura dipinta dalla penna di Eduardo Galeano, suo compatriota uruguagio, che di pallone ha scritto splendori e miserie. Quelle che ha vissuto ieri sera l'Inter, in grado di ribaltare una partita che sembrava stregata come l'intero inizio di stagione. Poi, Vecino. Arrivato per preciso volere di Spalletti, spostato prima trequartista, poi vicino a Brozovic, dove si sta confermando come imprescindibile. Non tanto per la costanza nei novanta minuti; più semplicemente, quando c’è da buttarla dentro.
La sfida degli allenatori - E dire che fino a cinque minuti dalla fine, la partita sembrava perfetta per essere riassunta da una vecchia canzone dei Rolling Stones: You can’t always get what you want. Non era esattamente il ritorno in Champions League che Spalletti si aspettava. L’Inter si stava per arrendere, mesta, all’ennesimo rimpallo sfavorevole. Il gioco a palla scoperta di Pochettino sembrava potesse avere la meglio sul pressing posizionale dei padroni di casa, complice il gol beffardo di Eriksen e il classico calo del secondo tempo dei nerazzurri, ancora lontani dalla forma migliore. Il Tottenham è arrivato a San Siro senza snaturarsi, attaccando con una difesa a quattro dai terzini altissimi e un centrocampo mobile che si aggiustava a seconda del momento della partita. Davidson Sanchez e Vertonghen hanno saputo rischiare, mentre Spalletti ha sguinzagliato Icardi, Vecino e Nainggolan a tutto campo. L’Inter si è dimostrata a suo agio più senza palla, andando a chiudere gli spazi e molto spesso (soprattutto nel primo tempo) ha rallentato l’azione degli Spurs fino a costringerla ad un giropalla sterile.
Là davanti, tutti fermi - Nonostante un buon primo tempo, l’Inter non è riuscita a concretizzare i suoi sforzi. Questo perché, a tratti, si sono riviste le difficoltà di sabato scorso: lentezza pachidermica nel muovere la palla non tanto nella prima impostazione, quanto piuttosto quando l’azione si dovrebbe accendere. Quindi non c’è più bisogno di trovare una fonte di gioco che inneschi la manovra, quanto piuttosto di movimenti che aiutino lo sviluppo. Icardi è lontano parente dell’aspirante tuttocampista che abbiamo ammirato l’anno scorso, così come Perisic è parso piuttosto in difficoltà nei suoi consueti strappi lungo la linea laterale. Nainggolan finisce la benzina all’ora di gioco. Non è un caso che, usciti il belga e Perisic, gli Spurs siano andati in difficoltà grazie ai semplici movimenti di Keita, di Candreva e persino di Borja Valero che ha svariato su tutto il fronte offensivo nei pochi minuti in campo. Quindi, quando si punta il dito su Brozovic, si dovrebbe ampliare l’analisi e interrogarsi su quanto Brozo sia aiutato dai compagni a svolgere il suo ruolo. Se cinque compagni stanno fermi ad aspettare un passaggio, è difficile illuminare. L’Inter è una squadra che ha bisogno di essere in forma per far valere i suoi pregi maggiori, ovvero la fisicità e la possibilità di cambiare ritmo.
Questione di testa - Alla fine, il calcio vive di episodi. A volte sono ingiusti, in alcuni casi ti premiano. Senza la magia di Icardi, probabilmente staremmo parlando di una sconfitta incolore, un secondo tempo tragicamente statico di un’Inter che cerca se stessa. E la differenza tra un’Inter che può fare la differenza e quella che si arrende all'inevitabile sta tutta in Milan Skriniar: in una serata da terzino, ha lottato e tenuto botta alle folate offensive del Tottenham per metà partita senza mai soffrire. Al 50' si lascia sfuggire Son che sgattaiola al centro del campo per dar vita all'azione che porta al vantaggio ospite. Quindi Skriniar traballa, perde sicurezza e soffre contro il nuovo entrato Lucas Moura che lo salta secco e in un'occasione va vicinissimo al colpo del KO. Allo stesso modo, Stefan De Vrij: anche lui all'esordio in UCL, si perde una volta Harry Kane poi da seguito al video con cui era stato presentato quest'estate: alza il muro e Kane a poco a poco scompare. Soffrire, resistere, rialzarsi. E quando sembra tutto finito, Icardi segna e Skriniar riacquisice vigore, respingendo ogni altro attacco che gli inglesi portano dal suo lato. Al resto ci ha pensato un uruguagio. Su assist di De Vrij. Perché, attingendo da Galeano, per quanto i tecnocrati lo programmino perfino nei minimi dettagli, per quanto i potenti lo manipolino, il calcio continua a voler essere l’arte dell’imprevisto. Dove meno te l’aspetti salta fuori l’impossibile, il nano impartisce una lezione al gigante. O, aggiungiamo noi, alla fine la prende di nuovo Vecino.
Autore: Marco Lo Prato / Twitter: @marcoloprato
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