"Per le complesse (e complicate) dinamiche del tifo organizzato milanese si tratta di un episodio senza precedenti. E destinato a lasciare una ferita indelebile nella Curva nord interista. Tanto che in Questura c’è una certa preoccupazione anche se i contorni esatti della vicenda sono ancora al centro delle indagini della Digos. Quel che è certo, però, è che nei pub e nei locali «caldi» del tifo da ore non si parla d’altro". Comincia così il racconto del Corriere della Sera in merito a quanto successo sabato sera, durante il match con l’Udinese, quando lo storico capo ultrà Franco Caravita è stato preso a pugni in curva da Vittorio Boiocchi, ex anima dei Boys San negli anni Ottanta.
"Sabato sera, stadio Meazza di San Siro. In campo l’Inter di Antonio Conte vince con un po’ di fatica contro l’Udinese. Al secondo anello verde gli ultrà cantano ed espongono uno striscione di sostegno all’ex difensore dell’Inter dei record (1988/89) Alberto Rivolta, da Lissone, che sta affrontando una dura malattia. A un certo punto, però, dagli spalti si alza un coro che sorprende molti: «Vittorio uno di noi/Vittorio uno di noi».
Per chi mastica un po’ di curva, non è difficile risalire all’identità del misterioso «Vittorio». Si tratta di Vittorio Boiocchi, 66 anni, negli anni Ottanta e nei primi Novanta tra i capi dello storico gruppo «Boys san». La sua storia è però legata ad altre vicende - si legge sull'articolo del CorSera -. E sono questioni criminali al centro di diverse inchieste antimafia. Anche con gli uomini del clan Fidanzati e Guzzardi di Cosa Nostra. Tanto che alla fine degli anni Novanta per Boiocchi piovono condanne pesantissime per narcotraffico e rapina. Il cumulo è una batosta da 30 anni di carcere.
Quando esce dal carcere, Boiocchi torna (timidamente) ad affacciarsi a San Siro. Dice di aver chiuso con il traffico di droga e anche con il tifo organizzato. Ma in poco tempo la sua presenza inizia a farsi sentire. Tanto che dopo il diluvio giudiziario che si abbatte sui vertici della Nord per gli scontri con i napoletani prima della partita di Santo Stefano 2017, dove morì l’ultrà Dede Belardinelli (l’inchiesta per omicidio è ancora in corso), Boiocchi aveva avuto un peso notevole nelle nomine del nuovo «direttorio» della nuova Curva Nord.
Sabato sera, quando parte il coro, in curva sono in molti a storcere il naso. Tra tutti, Franchino Caravita, 60 anni, storico capo e portavoce ultrà interista. Un personaggio carismatico che ha attraversato quasi 50 anni di stadio, con anche qualche inciampo con la giustizia. Ma comunque il nome più rappresentativo del tifo interista. Anche nei rapporti con la società.
Caravita lascia il posto sugli spalti, cerca Boiocchi e gli si avvicina. I due iniziano a discutere vicino all’ingresso della gradinata. I testimoni raccontano della violenta reazione del 66enne che sferra due pugni in faccia a Caravita. Lui rimane stordito prima che altri ultrà cerchino di riportare la calma. La tensione però non cala e a fine partita, quando gli ultrà si riversano al «Baretto» di San Siro, l’atmosfera è elettrica. Caravita riunito all’interno con alcuni «fedelissimi». Altri gruppi all’esterno impegnati in frenetiche discussioni e Boiocchi che si allontana «sorridente». Più tardi, però, il 66enne è stato colpito da un grave malore cardiaco, tanto che ieri è stato sottoposto ad un intervento di angioplastica ed è ricoverato in terapia intensiva. Malori cardiaci che nulla hanno a che vedere con quanto successo allo stadio e che già in passato si erano fatti sentire.
La vittima del pestaggio, invece, per il momento non ha sporto denuncia. Ed è scontato che ciò non avvenga, visto che una delle regole del mondo ultrà è quella di risolvere le questioni senza divise di mezzo. Anche se di fronte a un pedigree criminale come quello di Boiocchi, pensare a reazioni o vendette rischia di innescare una guerra suicida. Di certo il segnale preoccupa e non poco, vista l’azione così plateale davanti moltissimi frequentatori della curva. Molti ora temono che l’ala più interessata agli affari criminali e meno al tifo, possa prendere il controllo della Nord. Non si sa se quanto successo sia l’inizio di una scalata o solo una prova di forza. In ogni caso un segnale pericoloso", chiosa il quotidiano.
Autore: Stefano Bertocchi / Twitter: @stebertz8
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