"A parte la mia amata Inter, io provo una simpatia speciale per il Toro. E per motivi sia personali sia familiari. Da bambino giocavo nella squadra del mio paese, che era stato anche il paese di Valentino Mazzola: Cassano d’Adda. La nostra famiglia viveva lì. E la squadra locale portava i colori del Grande Torino, in memoria di Valentino. Io giocavo in porta. E la divisa da portiere replicava ogni stagione quella dei portieri del Toro Anni 80. Ma mi capitò anche di indossare la maglia nera di Bacigalupo. A quei tempi era una colonia granata, Cassano. E mio padre per scherzare mi chiamava come il portiere del Grande Torino: 'Baci'". Intervistato da TuttoSport, Gianfelice Facchetti, figlio del leggendario Giacinto, parla così a quattro giorni dall'inaugurazione al Museo Grande Torino della mostra dedicata al mitico terzino dell'Inter e della Nazionale italiana. 

Immaginiamo che lei si sentirà doppiamente felice e onorato, ora: per la scelta dei tifosi del Toro, del Museo della Leggenda Granata, di dedicare a cavallo della partita con l’Inter una mostra temporanea a suo padre. Gloria sportiva, esempio di stile, sportività. “Giacinto Facchetti: ora sei una Stella”.
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A mio padre hanno già dedicato mostre e intitolato vie e piazze, in Italia. Ma è la prima volta in assoluto che una mostra viene allestita da una tifoseria avversaria. Io e la nostra famiglia siamo onorati. Emozionati. Grati. E’ un riconoscimento bellissimo. E’ un messaggio di sportività e di rispetto lanciato al sistema calcio. Significa anche avvicinarci nel modo migliore alla partita. Mettendo sul piatto valori positivi. E visto che il Museo del Torino è stato creato ed è gestito da tifosi, è incredibilmente bello sottolineare questa scelta assolutamente popolare. Anche in questo caso la tifoseria granata dimostra qualità speciali. Una sensibilità superiore. Io sono strainterista. Ma sono sicuro che sia bellissimo anche tifare per il Toro. E poi ho sempre percepito delle somiglianze e delle evocazioni fortissime tra questi due mondi. Mi ha sempre meravigliato il fatto che non esista un gemellaggio tra le due tifoserie. Ho scoperto anche tante affinità storiche che non conoscevo, quando scrissi il libro per i 110 anni dell’Inter, nel 2018. Vi racconto un aneddoto che risale invece al 2008: e questo farà di sicuro molto piacere ai tifosi del Toro. Per il nostro Centenario chiamai Bearzot per invitarlo alla festa nerazzurra. Il ct mondiale aveva giocato anche da noi. Ma mi disse: “Non me la sento. Sì, l’Inter è stata il primo amore, però poi ho sposato il Toro”. E in quelle parole riconobbi un legame fortissimo, insuperabile. Fedeltà. Sino all’ultimo".

E poi c’è la storica rivalità con la Juve: anche questo unisce i due mondi.
"E’ vero. Difatti una volta in tv dissi: la Juve avrà anche Cristiano, ma tutti gli altri sono convinti che Gesù tifi per il Toro".

Però ora sognate lo scudetto con Conte e Marotta...
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C’è sempre qualche tifoso dell’Inter che, scherzando, mi dice: “Stiamo ripulendo Conte, ora che è venuto da noi”. La verità è che Conte non è mai stato ruffiano, a differenza di altri allenatori che avevano detto “mai alla Juve”, “mai all’Inter”, però poi... Una volta diventato tecnico, Conte disse subito: “Io indosserò sempre e solo la maglia delle squadre che allenerò”. Mi piace la sua Inter: sta compiendo dei passi in avanti, dopo quelli sotto Spalletti. La società sta dimostrando di avere programmazione. Quest’anno si vede un’ulteriore crescita dal punto di vista sia tecnico sia della personalità. La squadra ha dimostrato di essere più forte dell’anno scorso. Quanto a Marotta: ha lavorato per tante società, mica solo per la Juve. E quando papà era ai vertici dell’Inter, aveva pure cercato di portarlo a Milano. Ne riconosceva già la figura molto competente".

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Sezione: Rassegna / Data: Lun 18 novembre 2019 alle 09:45
Autore: Mattia Zangari / Twitter: @mattia_zangari
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