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Chiesas y Radus

di Christian Liotta

Il dado è tratto. Ancora qualche giorno e Giuseppe Marotta da Varese entrerà definitivamente, con tanto di prevedibile annuncio in pompa magna, nell’assetto dirigenziale dell’Inter. Resterà solo da capire quale sarà ufficialmente il suo ruolo, anche se ormai l’identikit è stato ben tracciato in questi ultimi giorni, e in che modo sarà inserito nel Consiglio d’amministrazione nerazzurro, se sarà un elemento in più o se qualcuno dell’attuale board sarà gentilmente invitato a farsi da parte e cedere la poltrona. Ma tant’è, ormai la famiglia Zhang ha deciso e il viaggio in Cina del diretto interessato, da lui stesso a quanto pare definito “un’ottima esperienza”, sembra non essere altro che l’ultima formalità prima del grande salto.

Arriva quindi in Corso Vittorio Emanuele l’uomo che ha incarnato, forse più di ogni altro, l’epopea vincente della Juventus di questo decennio, del rullo compressore bianconero che, superata la parentesi post-2006, domina la scena ininterrottamente da ormai sette anni in ambito nazionale, con ambizioni mai celate di prendersi anche il trono d’Europa, fino a questo momento in un modo o nell’altro rimasto sempre tabù. Il dirigente che è stato l’anima dei tanti momenti positivi ma anche, agli occhi dei tifosi interisti, uno dei portabandiera della rivalità sempiterna bianconerazzurra sul fronte sabaudo, l’uomo che, a nome della società di cui difendeva i colori fino all’altro ieri, non si è mai sottratto a ribattere, talvolta con toni non proprio piacevoli, a qualsivoglia bordata proveniente da Milano. Un nome che all’interno dei dibattiti social e non solo continua a spaccare il tifo, e di fronte al quale i puristi, compresa gran parte dell’inteligencija nerazzurra, storcono il naso nel timore già descritto dell’arrivo di un nuovo cavallo di Troia ad Appiano Gentile.

Marotta deve capire cos’è l’Inter, dicevamo ieri su questi schermi; Marotta deve capire soprattutto che in quello che si può chiamare il ‘gioco delle parti’ adesso lui recita un ruolo diverso, all’interno di un ambiente che, per tanti motivi descritti in maniera abbondante e qualitativa ieri, incarna valori, per così diverse, ‘intrinseci’, propri di una storia che va anche al di là del mero aspetto sportivo. Ma non è solo Marotta a dover capire cos’è l’Inter, anzi è anche l’Inter che deve capire cosa può ottenere da Marotta, concetto che ribadiamo: sarà lui l’uomo del definitivo rilancio del brand Inter in campo e fuori? Sarà lui il tanto auspicato uomo forte di gran parte del tifo lamenta l’assenza nella dirigenza nerazzurra dai tempi di Gabriele Oriali? Colui che oltre a riportare campioni alla causa saprà anche ridare un peso politico importante alla società, e se necessario saprà anche dare un minimo di gerarchia ad un ambiente per definizione pazzo e a volte un po’ ‘anarchico’?

Marotta all’Inter sarà chiamato a fare da pivot per diversi aspetti della vita societaria, che non riguarderanno presumibilmente la mera parte sportiva. Ma in una situazione che viaggia a metà tra la costruzione della squadra e l’ampliamento del business lui ha già dimostrato di saper navigare molto bene: alla Juventus, d’altronde, non è stato solo l’uomo che ha saputo sfruttare e allargare il bacino delle risorse economiche del club non solo attraverso il player trading e l’abilità nel mettere a segno plusvalenze anche clamorose, ma anche mettendo il proprio zampino nello spuntare accordi di primissimo livello anche extra-campo, nell’ambito delle sponsorizzazioni e dei ricavi commerciali, riportando la Vecchia Signora nell’elite dei brand sportivi internazionali. I ricavi commerciali, proprio quel comparto nel quale Suning ha fatto sin qui un egregio lavoro tra le mura amiche della Cina, lavoro che ora, grazie a questa nuova preziosa carta da giocarsi, vuole espandere anche oltreconfine.

Alla Juventus c’era Giorgio Ricci (peraltro transitato per un breve periodo proprio all’Inter), in nerazzurro troverà Alessandro Antonello e Michael Gandler coi quali fare squadra e combinare le proprie competenze e abilità, con l’obiettivo di rendere ancora più liscia la strada che porti il club a camminare sulle proprie gambe e con le proprie risorse finanziarie. Anche se, indubbiamente, il tandem che premerà maggiormente ai tifosi sarà quello che dovrà guidare in compagnia di Piero Ausilio: cosa aspettarsi dall’arrivo di Marotta all’Inter in ambito campagna acquisti? Questa è la classica domanda delle cento pistole, l’interrogativo di fronte al quale, inevitabilmente, sarà maggiormente valutato il suo lavoro da parte dei sostenitori.

Anche perché non c’è stato nemmeno il tempo di parlare dell’imminente arrivo di Marotta che subito è partito un climax di voci e di ipotesi difficile da controllare: dall’eventualità di dover tornare a pensare, per un’ultima volta, alla spasmodica caccia alla plusvalenza si è passati, in maniera un po’ troppo repentina, alla possibilità di poter tornare a sognare grandissimi nomi, magari approfittando di alcuni discorsi lasciati in sospeso prima che si interrompesse la storia con la Juventus. In mezzo, opportunità a zero da grandi club, possibili cessioni di big finora sempre combattute con gagliarda resistenza dalla dirigenza interista, talenti emergenti e certezze emerse nel nostro Paese.

Insomma, un vero e proprio dedalo, al quale si è aggiunto anche il suggerimento di chi, quando si parla di Inter, la voce in capitolo ce l’ha sempre e poco importa che ormai sia lontano da parecchi anni dalle vicende societarie. Proprio lunedì, si è espresso Massimo Moratti, che non ha nascosto di avere parlato con Steven Zhang dell’eventualità di poter aggiungere Marotta nella dirigenza interista, anche se alla fine il nuovo presidente aveva già in mente di fare questa mossa, e del resto non poteva essere altrimenti anche perché sarebbe venuto meno quel consiglio, quel “non ascoltarmi troppo, perché sono un tifoso” o giù di lì, che Moratti stesso ha dato al giovane Zhang prima del suo insediamento. Proprio Moratti che ha suggerito una strada, quella di puntare sui giovani talenti che stanno emergendo, specie quelli italiani. Individuando in Federico Chiesa, gioiello della Fiorentina, l’eventuale modello di questa nuova via.

Una cosa è certa: quest’estate, finalmente, la tenaglia del settlement agreement allenterà definitivamente la propria morsa, consentendo all’Inter di operare con maggiore libertà. Al di là dell’abilità dimostrata da Piero Ausilio nel saper muoversi nelle secche e nel ginepraio di cavilli e controcavilli al fine di costruire squadre comunque competitive, tentativo a volte riuscito a volte no, è ovvio che con un innesto come quello di Marotta è legittimo aspirare a nuovi orizzonti. Insieme a lui si potranno, e si dovranno, esplorare più strade, che possono portare a giovani campioni, magari non nomi da sogno, o meglio, magari non adesso, ma nomi di peso sicuramente sì: forse è ancora presto per sognare un Kylian Mbappé, ma per un Chiesa, un Nicolò Barella o un Sergej Milinkovic-Savic potrebbe essere già il momento.

Il tutto, magari, senza dimenticare quei giocatori che l’Inter ha visto uscire dal proprio vivaio per altri lidi, scelte dolorose dovute a esigenze economiche superiori, che comunque stanno facendo bene altrove e che chissà, un giorno potrebbero nuovamente tornare alla base. I nomi sono tanti: c’è quel Ionut Radu del quale in tanti dicono un gran bene e che ora che la carta d’identità di Samir Handanovic comincia a farsi pesantuccia nonostante i miracoli di cui lo sloveno è ancora capace potrebbe rappresentare una valida alternativa nel futuro più o meno immediato; poi quel Marco Benassi che rappresenta un rimpianto mai troppo celato della dirigenza nerazzurra. Senza dimenticare Federico Dimarco, Alessandro Bastoni, fino anche a quell’Andrea Pinamonti davanti al quale sabato bisognerà stare attenti, visto che sicuramente vorrà dare un segnale in tal senso…

Insomma, una strada potrebbe essere questa, quella dei potenziali campioni magari non troppo in là con l’età, unita alla riscoperta e al lancio dei talenti della cantera nerazzurra. Molto simile a quella filosofia dei ‘Zidanes y Pavones’ che segnò la prima era Florentino Perez al Real Madrid, e pazienza se, per stessa sua ammissione, a Zinedine Zidane questa frase non piacesse poi molto. Perché comunque è difficile pensare che Marotta non intenda accettare un progetto che si sviluppi sul medio-lungo termine, per riportare l’Inter ad essere protagonista in campionato e in Champions.

Rapporti di forza tra i due ambiti che, chiosa finale, visti i potenziali sviluppi futuri con i tornei nazionali che potrebbero essere relegati alla metà settimana per lasciare i weekend alle grandi sfide europee, potrebbero presto ribaltarsi. Andrea Agnelli e Aleksander Ceferin si premurano di respingere l’idea della Superlega europea, ma destinare alla Champions lo spazio del fine settimana, lasciando ai campionati locali spazi infrasettimanali che porterebbero conseguenze pesantissime per i club (eventualità che lo stesso Ceferin pare non aver allontanato del tutto limitandosi a rimandare il discorso) non farebbe di questa Champions una Superlega di suo?

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