Stankovic: "Matrix manca! A Madrid piangevo, poi..."
In trasmissione a Inter Channel, con Nagaja Beccalossi, Dejan Stankovic ospite di Click si racconta in un'intervista che ripercorre la sua vita calcistica e non.
I PRIMI ANNI A BELGRADO - "Sono cresciuto in una città vicino a Belgrado, lì ho mosso i miei primi passi da calciatore, ho vissuto i primi amori. E' stato il destino a spingermi a rincorrere un pallone per la prima volta, ma non ho mai avuto pressioni. Ricordo che giocai in questo stadio con la mia scuola un torneo".
LA CRESCITA ALLA STELLA ROSSA - "E' la squadra del mio cuore, mi ha fatto crescere e anche bene. Ho fatto tre anni in prima squadra ma prima tutta la trafila sin dai Pulcini fino a questa categoria, poi dagli Allievi sono passato direttamente in prima squadra saltando la Primavera. Legai tantissimo con Pantelic, ora è in Grecia, è un fratello per me. Sono stato anche suo testimone di nozze...".
LEADER IN NAZIONALE - "Il ricordo delle 102 presenze con la nazionale non si dimentica. Mi fanno tanto onore questi numeri, ho giocato per le tre nazionali diversi ma sempre con voglia e orgoglio di dare tutto. Devo dire che adesso la Serbia sta facendo emergere diversi talenti, vedremo, io sono estremamente fiducioso. Ho sia ricordi bellissimi che tristissimi, come le qualificazioni mancate tra cui l'ultima che mi ha fatto soffrire tantissimo; ricordo però anche la doppietta al debutto, fu fantastico, così come i Mondiali che non si dimenticano. Ho potuto giocare con grandissimi campioni, sin dal '98 quando c'erano Mijatovic, Mihajlovic, Jugovic, tutta gente pesante. Ho imparato veramente tanto".
L'ESPLOSIONE ALLA LAZIO - "La Lazio ha fatto un sacrificio importante per un 19enne come me. Hanno voluto scommettere su di me, Mancini ha vinto la scommessa. Ho passato cinque anni e mezzo, quasi sei veramente molto belli. A Roma ho vinto dopo tanto tempo che mancavano trofei, non dimentico quel periodo. Trasferirmi a Roma fu particolare, era la prima volta che lasciavo casa mia, avevo avuto la fortuna di conoscere quella che poi è stata mia moglie e ho affrontato questa esperienza extra-Belgrado con lei".
L'OCCASIONISSIMA INTER - "La chiamata dell'Inter fu quella di una grandissima squadra. Ero stato già a Milano per un torneo giovanile con la Stella Rossa, intorno al 1990. Moratti è stato da subito un grandissimo presidente, mi ha chiamato e non ci ho pensato due volte. Mi auguro di portare ancora questa maglia con onore come faccio tutt'ora, per me l'Inter è il massimo, è straordinaria".
IL NUMERO DI MAGLIA - "Il cinque è il mio preferito, alla Lazio lo avevo mentre all'Inter ho dovuto aspettare un pochettino per averlo. Forse sbagliai alla Lazio a prendere il numero 10, è pesante, alla Stella Rossa mi portò bene mentre a Roma no. All'Inter invece mi sono fermato con la numero 5, pesa anche questa (sorride, ndr).
MIHAJLOVIC E MATERAZZI: DUE FRATELLI - "Sì, sono due amici fantastici. Sinisa ha battezzato i miei figli, mentre Marco è stato il primo ad accogliermi all'Inter e a starmi vicino anche nei momenti difficili. Marco mi manca, ci manca, è un amico, un professionista che si fa sentire. La sua assenza pesa tantissimo, è più di un amico e un fratello, un autentico punto di riferimento nella mia vita. Sinisa lo conosco dal 1996, siamo cresciuti insieme, mentre Materazzi ho potuto scoprirlo per davvero perché fuori dal campo è una persona meravigliosa a dispetto di quanto dicono in molti per il campo".
LA CONQUISTA DEL TRIPLETE - "L'abbraccio con Moratti a Siena fu bellissimo, sincero. Il presidente mi ha dato la gioia di giocare per l'Inter e di vincere tantissimo. Devo dirgli un grandissimo grazie. Con il triplete abbiamo scritto la storia del calcio, in particolare di quello italiano e anche dell'Inter. Quel maggio fu unico, il 22 a Madrid fu emozionantissimo. Ricordo che partii dalla panchina, ma avevo la bocca secca dall'adrenalina, dalla paura, non di giocare ma una paura... positiva. Fu fantastico il giro con i bambini a fine partita, guardavo la Coppa e mi scendevano le lacrime, non riuscivo a guardarla. E' stato un sogno divenuto realtà, vincere la Champions a Madrid è il massimo per chiunque, devo dire grazie a Moratti e a tutta l'Inter.
UN DRAGO DA DERBY - "Anche in Serbia ho avuto la fortuna di segnare tanto, lo stesso a Roma e anche a Milano. Ricordo tanti gol molto belli. I derby di Belgrado, Roma e Milano sono diversi: alla Stella Rossa ero tifosissimo, quindi la sconfitta era veramente amaro; a Roma il derby è caldissimo, non si esce di casa due settimane prima e due settimane dopo la gara se non andava come doveva; a Milano invece è fantastico, mi emoziona ancora, è la Scala del Calcio il nostro San Siro".
IL SUO LIBRO - "Era il momento giusto per scrivere un libro. Era l'idea di un mio amico conosciuto alla Stella Rossa, abbiamo scelto per la biografia e quando andavo in nazionale passavo le ore a raccontare qualsiasi cosa. L'abbiamo anche tradotta in Italiano, era un qualcosa che mi rimanesse. Ci sono tante foto, più di 700, fortemente voluto da me stesso".