Un, due, tre al Maradona: segnale fortissimo dei nerazzurri. Tecnica pregiata al potere
Giocarsi tutto con i tasselli posizionati al meglio: l'inquadratura di Napoli-Inter è una sintesi di azione e reazione. Studio razionale ma anche intensità emotiva. D'altronde la bellezza risiede nelle pedine nerazzurre e partenopee che forniscono un manuale d'interpretazione del gioco del calcio. Eh sì, i tifosi di Juve e Milan hanno potuto contemplare la costruzione di una gara impostata su qualità, ritmo, precisione nelle giocate e... quella sana voglia di competere negli uno contro uno. Il corridoio del divertimento è istantaneo perché le situazioni favorevoli sono come quei ribaltamenti di fronte costante e continui. Napoli e Inter sanno di volersi attaccare reciprocamente, sanno molto bene che possono farsi del male e cercano le rispettive linee deboli. Partenza a razzo perché la banda di Mazzarri assalta con l'artiglieria pesante la porta di Sommer, bravo a intercettare i fendenti che arrivano dalle sue parti, e anche fortunato quando Politano (uno dei più attivi per estro e fantasia) colpisce la traversa con un'esecuzione quasi implacabile.
MAGIE TECNICHE, INTENSITÀ MAGISTRALE. Fisicità e posizione: le mosse nerazzurre sono basate sull'aggressività in avanti, quando si crea l'opportunità per poter avanzare con il baricentro. Non sempre accade, considerando la registrazione delle linee coperte e scoperte. Il sintomo di un'antitesi basata sulle esecuzioni tecniche non sono sempre pulite nel raggiungimento della meta. Accensione e spegnimento, più che altro al Maradona è perenne la modalità equilibrio. Ma non è l'equilibrio dello Stadium, è un equilibrio precario. Provarci e riprovarci ancora a imbucare per le incursioni centrali. Per vie centrali o laterali, per sparigliare le rispettive carte strategiche serve aggressività e precisione tecnica. Inzaghi s'arrabbia con Dumfries perché vede in Natan un possibile punto debole, anche Mazzarri soffre dalla panchina e se la vede brutta quando il gol di Thuram viene annullato per un fuorigioco davvero millimetrico. Ritmi alti negli spazi, la gara è bella e la conduzione del Napoli è, a tratti, davvero limpida. Elmas in avvio scaglia le scariche elettriche verso Sommer, un collo esterno che esalta i riflessi del portiere elvetico.
SOMMER DECISIVO, RIECCO BARELLA. Sull'altro versante Meret dice di no alla zampata di Lautaro. Per spezzare quel filo orizzontale occorre andare oltre la propria natura. Occorre aprire il manuale della metafisica. E allora eccolo, quel manuale, che è una parabola, un collo esterno magistrale. Calhanoglu non fa più notizia: la conclusione si spegne nel sacco. È un dipinto naturale e artificiale allo stesso tempo, un disegno della sua natura, un inevitabile rimpianto per chi in passato non ha creduto in lui. Lo spirito agonistico è in continuo (e perenne) movimento. Le carte si mischiano quando Sommer si esalta nuovamente sul tiro a botta sicura di Kvaratskhelia. Lautaro è caparbio nel recupero e freddo nel suggerimento per Barella: primo controllo pantagruelico, slalom stretto ed esecuzione glaciale con il collo mancino. Freddo, glaciale, perfetto nella concretizzazione. La chiave del raddoppio è un accomodamento alla rincorsa, ogni palla diventa pericolosa quando la verticalizzazione diviene realtà. Perché il Napoli avanza e lascia spazio, per i nerazzurri l'universo all'orizzonte è limpido. La tecnica prevale su tutto. Da un fronte all'altro, la conduzione dell'Inter è quella di una squadra matura. Nel finale Thuram archivia la pratica. Un segnale forte, fortissimo.