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Parla Gabrielli, il capo della Polizia: "I buu razzisti? C'è un rischio. Una soluzione ci sarebbe"

di Alessandro Cavasinni
Fonte: Corriere dello Sport

Lunga intervista del Corriere dello Sport a Franco Gabrielli, capo della polizia. Tra i tanti temi trattati, si torna a parlare anche di quello relativo ai buu razzisti. E non solo. "Se nell’atteggiamento dei tifosi-teppisti è cambiato qualcosa in questi anni? No. Abbiamo solo spostato l’area degli scontri. Prima avveniva negli stadi, poi l’abbiamo respinta fuori dai cancelli, adesso si sviluppa a distanza - spiega Gabrielli -. Oggi la maggiore criticità sono le trasferte, ci sono sempre più tifoserie che si danno appuntamento nelle aree di servizio o in autostrada per regolare i conti"  

Gli stadi vecchi che ruolo giocano?  
"Sono l’aspetto più dolente. E l’ho toccato con mano in una parentesi non esaltante della mia esperienza professionale. Quando disposi, da prefetto di Roma, la divisione delle curve all’Olimpico e non fui compreso da tutti. Eppure, come cercai di spiegare, non c’era nulla di persecutorio in quella scelta, che rispondeva a un criterio di prevenzione: in una curva che poteva contenere non più di settemilacinquecento persone ce n’erano tredicimila. Noi siamo ancora per certi versi il Paese del cinema Statuto, dove ci si accorge che le regole esistono e vanno applicate solo all’esito di tragedie. E dove si confonde la cosiddetta safety con la security". 

Si spieghi meglio. 
"Lo faccio con un esempio. All’inizio del campionato passa sempre il seguente principio: lo spettacolo deve andare avanti. Invece di dire no, lo spettacolo non si fa perché tu non sei grado di tutelare l’incolumità delle persone che affluiscono allo stadio, si deroga. E lo si fa rovesciando i motivi di sicurezza pubblica. Perché si dice: qualora l’impianto non fosse ritenuto idoneo, la mancata fruibilità creerebbe turbative all’ordine pubblico. Così si finisce per riconoscere un’agibilità claudicante o inesistente. È un paradosso, ma accade". 

C’è chi dice: se avessimo le celle di sicurezza negli stadi tutto sarebbe più facile. Lo pensa anche lei? 
"Assolutamente no. Questa aspettativa securitaria ignora il contesto italiano. Si dice: con le celle la Thatcher ha smontato in pochi anni la furia degli hooligans. Ma parliamo di un Paese diverso dal nostro. In Italia il problema è semmai la risposta del sistema della giustizia". 
 
Il razzismo vive una fase di recrudescenza. Da prefetto di Roma, pochi anni fa, lei criticò la reazione di alcune borgate che non volevano accogliere nuovi immigrati, e nessuno osò contestarla. In pochi anni il clima è del tutto cambiato. Non crede che incida, su questo cambiamento, un’ambiguità del linguaggio politico e civile? 
"Vedo due fenomeni: uno strisciante antisemitismo, che riaffiora anche grazie a una miope sottovalutazione, e un xenofobia che talvolta sconfina in razzismo vero e proprio. Non a caso nel mio saluto alla festa della polizia ho detto che, nei nostri percorsi di formazione,dobbiamo sensibilizzare il nostro personale sui reati di genere e sull’odio razziale. Però stiamo attenti a gridare al razzismo di fronte ai buu dagli spalti. Perché il rischio è quello di spettacolarizzare il fenomeno e amplificarlo. Sono convinto che, se derubricassimo questi gesti a fatti irrilevanti, sparirebbero presto".

Derubricarli e ignorarli? Oppure derubricarli e affrontati dai club con l’esclusione degli autori dagli spalti? 
"La seconda che ha detto". 

E l’arbitro che fa, se lo stadio diventa un coro di buu? C’è chi pensa che debba fermare il gioco e mandare tutti negli spogliatoi. 
"L’arbitro ha una potestà totale per ciò che avviene nel rettangolo di gioco. Se c’è un pregiudizio per i calciatori, può sospendere la partita. Ma quello che accade sugli spalti compete all’ordine pubblico. Ho vissuto come dirigente della Digos di Roma la sospensione del derby del 2004, che scatenò incidenti pesanti fuori dallo stadio. Oggi sappiamo che interventi intempestivi possono produrre danni più gravi di quelli a cui vorrebbero porre rimedio. Ho ripetuto questi concetti dopo gli insulti a Koulibaly in Inter-Napoli. E c’è chi ha tentato di mettermi in contrapposizione con Ancelotti, che pure stimo profondamente come grande uomo di sport".

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