Inter-Milan, un derby dopo le fatiche di Champions giocato sotto ritmo, senza aggressività e con troppi passaggi orizzontali dei nerazzurri. Il Milan vince meritatamente, buttando il cuore oltre l’ostacolo proponendo un calcio fatto di compattezza e velocità.
Fonseca imbriglia Inzaghi con un 4-4-2 sulla carta, che si dispiega in campo in un 4–2-4, con la diga Leao-Abraham-Morata-Pulisic che si posiziona sulla trequarti in fase di non possesso, per schermare passaggi e imbucate agili dei difensori interisti per i centrocampisti e allo stesso tempo essere sempre in superiorità numerica in mezzo, che sia contro i 3 centrocampisti avversari o contro i 3 difensori. Pulisic tende a venire sempre in mezzo al campo e affiancare la coppia d’attacco mentre Leao pesta la linea sinistra quando il Milan attacca. Nella difesa succede l’opposto. Emerson Royal a destra tende a stare largo e sfruttare in verticale il campo lasciato libero da Pulisic, mentre a sinistra Theo si accentra per dare una mano in fase di costruzione al duo di centrocampo Fofana-Reijnders e sovrapporre a Leao che invece occupa stabilmente la fascia e raramente viene dentro al campo. Nei novanta minuti il Milan si difende ordinata con un baricentro basso, e riesce a ripartire con grande velocità. Grazie alla diga rossonera l’Inter non ha vita facile nel possesso palla verticale e grazie all’aggressività dei 4 milanisti, soprattutto con Morata e Abraham che riescono a sporcare tanti palloni, la manovra degli uomini di Inzaghi non è fluida. E se la palla riesce a filtrare a centrocampo ci pensa Reijnders ad alzarsi e aggredire in modo famelico i portatori.
A centrocampo, dopo un avvio lento e in balia delle folate rossonere, Barella e Calhanoglu prendono le misure e cominciano a smistare palloni in maniera precisa, ma mai pericolosa, perché il Milan si difende basso e chiude tutte le possibili imbucate centrali. Ma non ci sono neanche così tanti inserimenti. Inzaghi in allenamento aveva preparato una soluzione tattica che prevedeva l’inserimento del numero 23 quando conduceva Bastoni sulla sinistra, ma questa soluzione che serviva a saltare la pressione rossonera, non funziona durante la partita. Barella comunque è uno dei più positivi grazie al solito palleggio e una discreta copertura a tutto campo. Mkhitaryan invece non entra mai in partita, mangiato fisicamente da Reijnders, troppo lento nel girarsi e allargare il gioco, impreciso nel forzare la giocata per una delle due punte. Anche Lautaro non riesce con la velocità e precisione che ci aveva abituato l’anno scorso, a fare da raccordo tra centrocampo e attacco. E anche se il Toro si stacca spesso dalla linea e viene incontro per ricevere palla, una volta con il possesso, effettua sempre troppi tocchi e spesso è pasticcione. Dumfries sulla destra non viene coinvolto praticamente mai, se non per fare qualche retropassaggio. Theo lo guarda a vista e non gli concede campo per l’inserimento. Cosa che invece fa con tempi e modi giusti Dimarco a sinistra, il migliore con Sommer, grazie anche a una buona intesa con Bastoni, che spesso lo lancia con i tempi giusti o si propone a tre quarti per uno-due precisi. Emerson Royal che si proietta spesso davanti sulla fascia, fatica a ripiegare e tenere il numero 32 nerazzurro. Dimarco è anche l’unico che cerca di inserirsi tra le maglie della difesa rossonera con tagli centrali. Negli ultimi minuti i cambi di Inzaghi invece che ridare slancio alla manovra, la rallentano. L’Inter è stanca e disordinata, concede praterie in ripartenza, senza mai dare la sensazione di poter far male in attacco, con un palleggio pesante, fatto di troppi tocchi, passaggi orizzontali e all’indietro. Potevano essere 7 su 7. Invece l’allenatore dovrà analizzare l’atteggiamento di squadra visto in questo derby. Con lucidità e senza drammi.
Autore: Redazione FcInterNews.it / Twitter: @Fcinternewsit
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