Termina la pausa delle nazionali, e per l'Inter inizia un periodo quantomeno importante, per numero di partite, valore delle stesse, e primi verdetti. Il tutto a partire dalla sfida casalinga contro il Frosinone, sulla carta non proibitiva, ma per questo non estranea ad immaginabili insidie. Torna Nainggolan nell’11 di Spalletti, con Borja Valero a sostituire lo squalificato Brozovic e Gagliardini a completare il centrocampo. De Vrij-Skriniar la coppia di difesa, chances per Keita e Lautaro, ai quali si aggiunge il confermatissimo Politano. Sponda ciociara, Longo (nel 3-5-2) sceglie Zampano e Beghetto sugli esterni, l’ex Crisetig in cabina di regia e il “nerazzurro” Pinamonti al fianco di Ciofani.
PRIMO TEMPO - Difesa a 3? In fase di non possesso, gli ospiti si schierano a 5 dietro. I due attaccanti attendono la prima giocata su Borja Valero, bravo nello smarcarsi, i tre centrocampisti si abbassano a formare due linee molto strette con il quintetto arretrato, andando incontro al dominio nerazzurro (al rischio di farsi “schiacciare”). Inizialmente portati a rimanere larghi per l’opposizione dei “quinti” in maglia gialla, le ali dell’Inter si alzano e si stringono in possesso del pallone e per riempire l’area nello step finale delle transizioni offensive, andando a liberare spazio ai terzini, sfruttato con continuità soprattutto da D’Ambrosio. Il numero 33 si rende protagonista anche nell’altra fase, quella di attesa, dove gli uomini di Spalletti non attendono, e si compattano nel tentativo di recuperare palla il più avanti possibile. All’idea di affiancare Nainggolan a Lautaro, con una delle due ali - spesso Politano - sul centrale mancante, si “sposa” l’atteggiamento generale, si aggiungono le dinamiche del momento, e il terzino italiano (con la collaborazione di Borja), porta avanti una di queste “azioni avanzate” limitanti l'uscita del Frosinone, poi realizzata e conclusa nel migliore dei modi, trasformandola nel gol del vantaggio e nella prima gioia personale in nerazzurro, da Keita Balde. Borja Valero comanda la gestione dei padroni di casa, dando vita a un giro palla preciso e costante, Nainggolan e Gagliardini ai suoi lati smuovono il centrocampo ciociaro. Il belga, mentre si affianca a Lautaro in fase di pressione, con un occhio a Crisetig, trova la mattonella di partecipazione al gioco tra Chibsah e lo stesso numero 88, con strappi positivi (esibiti) e raddoppi aggressivi (subiti) che si alternano nel corso della prima frazione del ninja. La squadra di Longo, nei rarissimi momenti in cui l’Inter abbassa leggermente la guardia, trova sulla maggiore, iniziale, libertà offensiva degli esterni (Beghetto il più utilizzato) e sulla corsa degli interni di centrocampo (Chibsah più di Cassata), la possibilità di trasformare l’azione difensiva in offensiva. Lampi tra le linee, da Lautaro a tutta la trequarti, a dispetto di ritmi non altissimi, arricchiscono però ancor di più il dominio casalingo, esiguo soltanto nel punteggio con il quale le due squadre arrivano all’intervallo.
SECONDO TEMPO - Tentare di rimanere in partita, coperti e pronti a sfruttare ogni minima occasione, e continuare a gestire il match, compatti e pazienti nel cercare vie per il raddoppio. La prima versione, appartenente al Frosinone, trova la sua massima espressione nei primi 10 minuti di gioco e nella parata di Handanovic sul colpo di testa in anticipo su De Vrij di Daniel Ciofani. Il tempo che raggiunga l’apice la seconda versione, appartenente all’Inter, e realizzata nel colpo di testa in anticipo sul difensore, sponda nerazzurra vincente, di Lautaro su assist di Keita. Appena dopo il primo cambio in casa ciociara, con l’ingresso senza conseguenze tattiche di Gori per Cassata, in odor di espulsione. Da questo momento, la terza e consistente parte di gara, riempita dalla “voglia” e dai movimenti sempre utili di Lautaro, dalla gestione del ritmo di un Borja "quasi" perfetto, da triangolazioni in entrambe le corsie laterali (tra terzino, esterno e mezzala) e, al termine di quest’ultime, da improvvise accelerazioni, quasi sempre firmate Politano, più volte giunto a liberare il suo mancino, andando oltre i raddoppi, oltre qualsiasi tipo di opposizione. La squadra di Longo, infatti, al netto di istantanei sprazzi di 3-5-2 (con i quinti più alti in pressione sulla costruzione dal basso nerazzurra), non si sbilancia, e sono più gli interni di centrocampo a osservare il possesso di un sempre più partecipe Asamoah e di D’Ambrosio, con Nainggolan e Gagliardini a creare superiorità numerica e densità a ridosso dell’area ospite, arricchita dall’accentramento costante, nella parte finale della manovra, delle due ali. Tra girandole di cambi e di applausi, prima con l’ingresso di Joao Mario per Nainggolan (quasi contemporaneo a quello ospite di Ghiglione per Beghetto, con Zampano a sinistra) e poi con l’uscita di Pinamonti da una parte (al suo posto Joel Campbell) e la staffetta Icardi-Lautaro dall’altra, ci si avvicina all’ultima fase, preceduta dalla seconda firma di Keita, a corredo di un’altra iniziativa di Politano, e dall’uscita dello stesso numero 16, sempre tra il boato di San Siro. Entra Candreva, e si assiste alla ricerca della gioia personale, con l’italiano in vetta e gli altri subentrati, Icardi e Joao Mario, subito dietro, all’interno di un continuo, pulito e corretto possesso palla. Finisce 3 a 0, finisce in pienissimo controllo, finisce come forse ci si poteva aspettare, con l’Inter a fare quello che doveva fare. I tre punti erano l'obiettivo più ricercato, l'esito e lo sviluppo del match, però, non così scontato. Dopo l'Atalanta, dopo la sosta delle nazionali, prima del match Champions di Wembley contro il Tottenham, tra rotazioni che hanno portato a risposte attese e puntualmente arrivate, tra conferme e rientri importanti.
Autore: Christopher Nasso / Twitter: @ChrisNasso91
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