Per accedere alla "finale" di settimana prossima all'Olimpico contro la Lazio, l'Inter deve superare il Sassuolo, fresco di salvezza ottenuta con due giornate di anticipo. Iachini conferma il 3-5-2: Politano-Berardi davanti, Magnanelli in cabina di regia. Spalletti ritrova D'Ambrosio, con Dalbert che torna a sedersi in panchina, e Vecino, preferito a Borja Valero. Niente rischi per un Miranda ancora non al meglio, al suo posto confermato Ranocchia.
PRIMO TEMPO - I primi istanti di gioco mettono in evidenza un Sassuolo sceso in campo senza timori reverenziali. Condizioni psicologiche diverse mostrano, invece, un Inter più "nervosa" e, a tratti, "frettolosa". In fase di costruzione dell'Inter, gli uomini di Iachini portano Berardi e Politano in attesa su Brozovic e Vecino, mentre Duncan e Missiroli si allargano su Cancelo e D'Ambrosio, per poi ripiegare al fianco di un Magnanelli vero e proprio uomo d'ordine. I due esterni Adjapong e Rogerio aspettano, andando a formare una difesa a 5 brava nello scalare (in avanti come indietro) e lasciando poco spazio alle proprie spalle. Al netto di qualche errore di precisione, l'Inter comanda il gioco, con dialoghi e possesso palla in mezzo al campo e tentativi di imbucate tra le linee, dove Perisic e Candreva si accentrano continuamente, nel tentativo di non dare punti di riferimento. La densità centrale degli ospiti, con i tre centrocampisti e i tre centrali di difesa molto stretti e compatti, costringe però i nerazzurri a giocate al limite, spesso forzate, con Icardi che fatica a trovare palloni giocabili negli ultimi metri. In una delle - seppur poche comunque pericolose - ripartenze neroverdi, nasce la punizione trasformata nella rete dell'inatteso (in casa nerazzurra) vantaggio ospite firmato Politano. Sotto di un gol e con pochi spazi a disposizione, il "disordine" degli uomini di Spalletti prende ulteriormente il sopravvento. E Dell'Orco e Lemos, guidati da un Acerbi ai limiti della perfezione tecnica e fisica, hanno quasi sempre gioco facile nelle operazioni di raddoppio e chiusura nei dintorni della propria area di rigore. Nel corso di tutti i primi 45', ma soprattutto nei minuti che avvicinano le squadre all'intervallo - con il passaggio alla difesa a 3 voluto dal tecnico di Certaldo - l'arma più pericolosa dell'Inter è Perisic, tanto bravo nel sfruttare le verticalizzazioni e puntare la linea di fondo quanto troppo poco incisivo nei numerosi cross effettuati.
SECONDO TEMPO - La prima metà di secondo tempo si caratterizza per un Inter in proiezione offensiva anche negli interpreti di centrocampo, Vecino e Brozovic, e un Sassuolo pericoloso nelle ripartenze con i suoi due "unici" giocatori d'attacco, Berardi e soprattutto Politano. Superata la linea di centrocampo con Ranocchia e Skriniar, i due centrocampisti nerazzurri vanno ad aumentare il numero di giocatori a ridosso della folta difesa neroverde, lasciando, anche per qualche errore nell'ultimo passaggio, inevitabilmente praterie per i folletti avversari. Come nella fase finale della prima frazione, con il nuovo modulo i padroni di casa riescono a trovare più campo sull'out sinistro occupato da Perisic e Candreva. Il croato riesce a dare continuità alle discese sulla fascia e, servito in verticale, "scappa" alle spalle di Adjapong, mentre l'italiano si inserisce in area di rigore. Ma calci d'angolo, interventi decisivi dei difensori e un Consigli ispirato sono le uniche note da segnalare. Anche con l'ingresso di Karamoh per il numero 87 nerazzurro, le dinamiche del match rimangono sostanzialmente inalterate: Rafinha si sposta sulla trequarti sinistra, il francese si posiziona sulla corsia opposta. La corsia affidata a Cancelo, più timido e meno "pulito" nelle proprie giocate, quasi preoccupato e ben contrastato da Rogerio, quest'ultimo con il passare dei minuti sempre più propositivo e in evidenza rispetto al compagno sull'out di destra. A 20' dalla fine, con l'ingresso di Eder per Vecino (contemporaneo a quello di Babacar per Politano) e, dopo una manciata di secondi, il gol del raddoppio in contropiede siglato da Berardi, la gara perde in maniera ancor più significativa il proprio senso tattico. Il Sassuolo, in situazione di doppio vantaggio, cresce nella fiducia di molti dei suoi interpreti, Missiroli e Duncan su tutti, pronti a percorrere metri di campo lasciati scoperti da un Inter, invece, sempre più lunga e, naturalmente, dedita a un forcing ormai disperato. Entra Borja Valero per Ranocchia e in campo, più che a moduli e a qualità tecniche (sotto la media in alcune giocate dei singoli), le speranze sono affidate al cuore e all'orgoglio. Caratteristiche delle quali si fa carico - in primis - Rafinha, tra gli ultimi ad arrendersi e autore del gol che riaccende San Siro e regala un finale alla ricerca dell'incredibile, arrivati a questo punto, rimonta miracolosa. Una rimonta ogni secondo sempre più lontana, non impossibile nei presupposti, ma privata sul nascere da errori sotto porta. L'Inter, come per gran parte del match, crea, Eder e Icardi sprecano, il tempo finisce. A distanza di una settimana, in situazioni ambientali diverse, contro avversari dalle motivazioni apparentemente opposte e schierate con lo stesso modulo, si è passati dal largo successo di Udine alla sconfitta - all'ultima stagionale a San Siro - contro il Sassuolo. I neroverdi hanno retto il confronto fisico e atletico, lasciando spazi e respiro in maniera ridotta; Politano e Berardi hanno contribuito ad allungare e sfilacciare l'Inter, quest'oggi nella versione meno cinica e con una manovra a tratti poco limpida e armoniosa. Brozovic-Vecino non hanno dato l'impressione di una coppia affiatata, il Sassuolo - libero da ogni ansia da risultato - ha mostrato organizzazione e tenacia dal primo all'ultimo minuto, a confronto di un gruppo, quello nerazzurro, forse proiettato troppo in là. Vincere la tanto acclamata semifinale era un passaggio quasi fondamentale, sperare in un passo falso della Lazio rimane l'unica strada per la finale.
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Autore: Christopher Nasso / Twitter: @ChrisNasso91
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