L'immagine di Inter-Parma è un'inquadratura televisiva di Luciano Spalletti che, poco dopo il gol di Federico Dimarco, sbuffa di fronte all'inevitabilità del calcio. Giochi una partita in cui tiri verso la porta ventotto volte, il Parma ha un possesso palla inesistente, si difende in maniera scolastica. Eppure, vince e segna. Vince perché l’Inter non ha saputo controllare una partita in cui l’avversario non ha dato un sussulto che fosse uno e puntava evidentemente al pari a reti bianche. I nerazzurri sono calati nel secondo tempo, finendo con il solito centrocampo in apnea e l’incapacità di risalire il campo con pochi passaggi. Un finale di partita tetro, da horror dell’Ottocento.
CANTERVILLE - San Siro, sul risultato di 0-1, è rimasto attonito, incapace di esprimersi. Sono tornati i fantasmi del passato recente, ma più che un romanzo di Dickens, l’atmosfera è degna del tragicomico Oscar Wilde: come a Canterville, sembra esserci uno spiritello che si diverte a far disastri durante le partite dell’Inter. Sbilancia Perisic nel primo tempo quando calcia a botta sicura, sposta il piede di Keita facendolo inciampare sull’assist di Dalbert, così che il suo tiro finisca sbilenco nelle braccia di Sepe. E poi, ancora, non contento: soffia sul pallone deviando la traiettoria della volèee di D’Ambrosio, finendo con l’intrufolarsi nella stanza del VAR e, nel momento in cui Dimarco tocca di braccio un cross di Perisic in area di rigore, distrae Rocchi che non segnala nulla al poco attento Manganiello. E può essere stato solo lui a disturbare Brozovic, visto che nel momento di gestire il pallone vagante da cui nasce il gol dello stesso Dimarco il croato era solo, con i due avversari a metri di distanza. Invece il poco Epic non controlla un pallone semplice, ma scalcia in avanti, lì dove Politano si fa anticipare dal numero tre parmense che s’inventa un gol da cineteca. Ci si appella a tutto, pur di non arrendersi all’evidenza di un risultato bugiardo. Ma l’inter ha fatto quattro punti in quattro partite, perdendo l’occasione di inanellare una serie di risultati positivi in vista dell’imminente tour de force. Ora tocca a Spalletti: è lui a dover organizzare meglio la manovra offensiva, calibrando i movimenti e le transizioni negli ultimi quindici metri. Ad una fase difensiva ordinata, con Skriniar e De Vrij sugli scudi, lì davanti si fa ancora troppa confusione. Alla fine dei primi 45 minuti, l’impressione è che mancasse semplicemente un terminale di sfondamento (Icardi) per superare definitivamente la difesa del Parma. Invece, pure Maurito è scomparso dopo pochi palloni toccati, mangiandosi l’ennesimo gol di un inizio di stagione opaco.
IL CENTRO DEL NINJA - La costante delle prime partite dell’Inter è stata scandita dalle considerazioni su Nainggolan. Nelle prime due, ci si interrogava su quanto il belga avrebbe cambiato l’Inter. Poi il Bologna, il primo gol e l’inchino a questo nuovo inizio. Contro il Parma, si è visto lo stesso spartito: la squadra di Spalletti si muove al ritmo del Ninja. Quando la manovra s’impantana, è lui a vivacizzarla con un tocco di prima, un lancio lungo o un cambio di campo. Si muove dietro Keita, Perisic e Candreva che a loro volta si scambiano spesso posizione, e li innesca come può. Prova anche a segnare, ma pare evidente che la condizione non sia delle migliori. Ma al calo di presenza di Nainggolan in mezzo al campo, i nerazzurri sono spariti. Spesso è stato il Ninja a dettare i movimenti in profondità, mentre chi supporta la punta (soprattutto nel primo tempo) si muove prevalentemente in orizzontale, dando l'idea di un'Inter monodimensionale. Al rientro dagli spogliatoi, Icardi si è auto-isolato in mezzo ai due centrali del Parma, mentre il resto della squadra provava a muoversi in verticale ma passava il pallone in orizzontale. Il timido assalto finale, con Skriniar da solo a battere i tamburi della controffensiva, è l’emblema di un’Inter piatta che deve ritrovare se stessa e, per farlo, deve affidarsi a quanto di buono fatto vedere durante il pre-campionato. Pressing sistematico e oculato posizionamento in campo. Durante le prime uscite del 18/19, Bologna a parte, nella ripresa è sembrato di assistere ad un’improvvisazione continua.
I METRI DI DALBERT - La sensazione è che per Dalbert sia diventata una semplice questione di metri. Quelli che tarda a percorrere quando un centrocampista aspetta la sua sovrapposizione, quelli che preferisce non fare quando ha la palla tra i piedi e deve crossare. In questa manciata di spazio, c’è tutto un lavoro psicologico e tattico che Spalletti porta avanti da oltre un anno. I palloni che mette in mezzo sono tutti di qualità, pochi dubbi: tagliati, ad altezza giusta per un colpo di testa. Se percorresse quei tre, quattro metri in più potremmo parlare di un giocatore (almeno offensivamente) diverso, migliore. Quando arriva sul fondo sa essere pericoloso e da il tempo alla squadra di riempire l’area, cosa che quando crossa frettolosamente da trequarti campo non fa. Dietro balla, quando Gervinho è dalla sua parte viene sempre aiutato, ma non crolla mai. Come la stessa Inter, che per segnare sembra combattere contro se stessa, piuttosto che contro il Parma. Alla luce della sconfitta, e delle prime deludenti prestazione di questa Inter, torna un mente un vecchio detto: manca sempre un nichelino per fare un dollaro.
IL COMPITO DI SPALLETTI - Per sua stessa ammissione, Spalletti ha parlato di come nell’Inter dello scorso anno qualcosa si fosse inceppato (come sempre, sussurrerebbero i maligni) dopo il Natale. Un alone di sventura che come per tutti i campionati, convinceva i giocatori che la sorte non si potesse ribaltare. Ora che quella maledizione è stata spezzata, tocca il passaggio successivo. L’Inter deve essere padrona del suo destino e gestire meglio le partite, avere il controllo della situazione anche quando le energie iniziano a mancare. È forse questa la pecca più grande delle prime quattro uscite, insieme ad una gestione non ottimale dei cambi. Ma Spalletti deve entrare nello spogliatoio e ricordare a tutti, in vista dell’esordio in Champions League, cos’ha rappresentato per i tifosi questa stessa Inter non più tardi di pochi mesi fa. Una squadra poco dedita all'estetica, ma concreta, grintosa, che lottava su ogni pallone. C'è bisogno di una scossa, un taglio netto dal torpore di quest’inizio di campionato. Poi sì che, insieme a Dante, si potrà uscire a rivedere le stelle.
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Autore: Marco Lo Prato / Twitter: @marcoloprato
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