Intervistato dalla Gazzetta dello Sport, Nicolò Zaniolo si racconta e torna anche sull'esperienza all'Inter.
A Firenze dicono che lei non è adatto per la Primavera…
"Ero all’ultimo anno di Primavera, sono stato in ritiro con loro e pensavo mi tenessero. L’ultimo giorno di mercato mi ha chiamato il direttore e mi ha detto: “Non c’è spazio per te, abbiamo altri piani, non rientri nel progetto, dovresti trovarti una squadra”. È stata la svolta, ero preoccupato di non giocare, sentivo che sprecare dodici mesi sarebbe stato un errore. Ho scelto l’Entella e da lì è andato tutto a crescere. Sembrava un passo indietro, invece era un passo in avanti".
Poi lei va all’Inter. Il suo è uno strano caso, due squadre come Fiorentina e Inter non capiscono di avere un gioiello tra le mani. Come se lo spiega?
"L’Inter penso abbia sempre bisogno di giocatori già pronti, già formati e io magari in quel momento non lo ero. Sono state scelte loro, li ringrazio perché poi, cedendomi alla Roma, mi hanno fatto arrivare in una città splendida come questa e in una società solida. Giocare qui è bellissimo, per i tifosi, per la città. Sono felicissimo di essere in giallorosso".
Veniamo agli esordi, mettersi per la prima volta la maglia ed entrare in campo in Serie A o in Nazionale credo siano due belle emozioni. Me le racconta?
"Il vero esordio è essere arrivato alla Roma. Il giorno in cui sono entrato a Trigoria è stato meraviglioso, perché vedere tutti questi campioni – De Rossi, Kolarov, Dzeko, Pastore – per me, che giocavo in Primavera l’anno prima, è stata un’emozione incredibile. Poi è arrivato il gran giorno, mai me lo sarei aspettato: l’esordio al Bernabeu in Champions. Di Francesco alle 11 di mattina fece la riunione, mi fermò e mi disse: “Sei pronto stasera per giocare?” E io ho detto: “Sì”. Però era un sì incosciente. Dopo averlo detto ho cominciato a tremare. Sono salito in camera e fino alle 19.45, orario di partenza del pullman, non ho dormito per niente, non mi sono riposato. Ero teso, non ho neanche chiamato i miei, ero pietrificato. Giocare con il Real Madrid al Bernabeu come esordio tra i professionisti era una bella responsabilità. Ma devo ringraziare i miei compagni che mi hanno fatto subito sentire a mio agio. Quando sono entrato in campo per me esisteva solo il Bernabeu, la partita. Non pensavo e non sentivo nulla all’esterno, fuori dal rettangolo di gioco. Alla fine è andata bene".
E in Nazionale? Lei ci arriva senza aver mai giocato in Serie A. Mancini l’ha vista e ha capito, diversamente da Fiorentina e Inter, che lei era molto forte…
"Ero a casa con amici a La Spezia perché ci avevano dato dei giorni liberi a Roma. Sono in camera, apro Sky, vado sul canale 200 e vedo i convocati di Mancini. C’era scritto anche il mio nome, c’era scritto Zaniolo. Ho pensato: “Ma come è possibile? Di sicuro hanno sbagliato perché io sono Under 21 o Under 20”. Dopo venti minuti mi arriva la chiamata del manager della Nazionale che mi dice: “Nicolò, volevo farti i complimenti. Ti aspettiamo lunedì a Coverciano”. Ho chiamato i miei genitori e sono scoppiato in lacrime".
Adesso è andato in prescrizione, può parlarne. Cosa avete fatto lei e Kean per fare arrabbiare tanto prima Di Biagio e poi Mancini?
"Con Di Biagio abbiamo fatto un paio di ritardi nella riunione e il mister giustamente si è arrabbiato. Riconosco di aver sbagliato, ho fatto una cavolata. Il mister doveva dare un segnale al gruppo e ha fatto la scelta giusta nel metterci fuori rosa perché devi rispettare le regole, non conta come ti chiami. Prima viene il gruppo e poi te. Con Mancini sono sempre stati errori di ritardi: non tanto gravi, ma non si devono fare. Ci sono le regole del gruppo e le devi rispettare. Ora per fortuna non ci sta più capitando, ci stiamo concentrando solo sul lavoro, siamo maturati. Prima eravamo più ragazzini, non capivamo bene dove eravamo. Ora sappiamo dove siamo e sappiamo di volerci restare".
La Roma può vincere lo scudetto?
"Siamo partiti benissimo, la squadra c’è, siamo forti, non ci manca niente. Ora, partita dopo partita, guardiamo come andrà. Il percorso del campionato è lungo, ci possono essere degli episodi, non si sa mai. Però noi ce la metteremo tutta, per fare il massimo".
Roma è un punto d’arrivo o una fase di passaggio della sua carriera? Si immagina anche in altre società più avanti?
"A Roma sto benissimo, sono in una grande squadra, in una società importante. Sto benissimo, sono amato dai tifosi e io amo loro, la società mi sostiene e non penso a cambiare aria. Non ci sarebbe motivo".
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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