Molto probabilmente, gli appassionati di calcio, soprattutto in Italia, tendono decisamente a sottovalutare, in nome di una passione o di un ideale ancora non del tutto ben definito, un aspetto importante di quella che è la vita degli addetti ai lavori e la quotidianità della gestione di una società calcistica nella creazione del proprio parco giocatori: sotto l’influenza dal bombardamento mediatico che caratterizza l’estate pallonara, soprattutto quello legato al calciomercato, scoppia da inizio estate una bolla d’ansia che porta i tifosi a volere le squadre pronte e definite anche se mancano ancora due mesi dall’inizio delle competizioni ufficiali, ad invocare in tutta fretta sbarchi in aeroporto, visite mediche e ufficialità, a chiedere azioni rapide senza pensare che spesso operazioni fatte troppo celermente possono sfociare nella sindrome della gatta frettolosa. Dimenticando, però, di considerare parecchi dettagli.
Innanzitutto, checché se ne possa pensare, la campagna acquisti non è facile come può sembrare a chi guarda da dietro uno schermo oppure è solito farla smanettando su un videogame manageriale: per gli addetti ai lavori, ogni operazione viaggia sempre sul filo del rasoio, tra insidie sempre pronte a palesarsi, risvolti psicologici che coinvolgono sempre tutte le parti in causa, umori che possono cambiare dalla sera alla mattina, e necessità di prendere tutte le cautele necessarie per evitare che sfugga anche un minimo dettaglio che possa mandare a carte quarantotto tutto quanto. E anche l’uso e il consumo delle notizie in tema fa la sua parte, perché basta che emerga un particolare di troppo ed ecco che quello che poteva sembrare un affare fatto potrebbe improvvisamente implodere. Per questo motivo, è preferibile usare cautela e agire quatti quatti. Senza dimenticare le esigenze intrinseche in tema di impegni dei club che possono portare ad effettuare tutto il mercato il prima possibile perché a fine luglio si fa già sul serio, e la chiusura del mercato estivo al 31 agosto, oltretutto con le competizioni per club già iniziate (cosa che dai piani alti del calcio internazionale è stata anche altamente sconsigliata) è vissuta come un fastidio dai suddetti addetti ai lavori, perché diluisce fin troppo i tempi delle operazioni e presta il fianco alla nascita di autentiche telenovele.
Non bisogna andare troppo lontano per trovare un esempio: basti vedere quello che è successo in queste settimane a Firenze con la questione Borja Valero. Lui, il sindaco sportivo di Firenze, un giocatore simbolo per l’intera tifoseria viola e legato a doppio filo al capoluogo toscano al punto da incidersi sulla pelle le coordinate geografiche. Un apparente idillio in una situazione molto particolare come quella viola, dove l’ambiente avverte il clima di smobilitazione già da diverse settimane ma che accoglie come un fulmine a ciel sereno le notizie che vogliono l’ex Villarreal come oggetto del desiderio di Luciano Spalletti per la sua Inter. Quel che ne segue è un’autentica polveriera, con un giocatore che denuncia espressamente di essere stato messo alle corde dalla società viola, che ha gestito il tutto in maniera alquanto opinabile, e una tifoseria che si solleva tra striscioni e manifestazioni contro la proprietà, ancor più che per la partenza di un prodotto del proprio vivaio come Federico Bernardeschi destinato alla nemica Juventus (e questo, francamente, stride un po’…).
Finché arriva il momento del confronto, con Borja che accoglie la richiesta della Fiorentina dichiarando la propria volontà di andare all’Inter e Pantaleo Corvino che ufficializza quello che ormai era agli occhi di tutti un segreto di Pulcinella dando il via libera alla partenza dell’ex Villarreal, trattativa che, ipse dixit, sarebbe iniziata in serata. Iniziata nella sua conclusione, è meglio dire, visto che già da ore mancavano solo una piccola differenza da limare e dettagli da sistemare. Il tutto è avvenuto ieri, con le conferme a cascata di Mario Cognigni e Giancarlo Antognoni, più l'estromissione del giocatore dal ritiro di Moena.
Alla fine, può sorridere Spalletti: che da domani potrà godersi il suo nuovo giocatore nel ritiro di Brunico dove presto arriverà anche Milan Skriniar, ufficializzato proprio ieri e del quale avremo modo probabilmente di parlare. Nomi che magari non stuzzicheranno la fantasia dei tifosi ma che il tecnico vuole avere già davanti agli occhi per cominciare a valutarli, in una prassi come quella del ritiro nella quale è diventata ormai anacronistica la pretesa di avere già la squadra completa, cosa che accade ormai assai di rado ovunque, al punto che quest’anno il summer training di Brunico assomiglia più a una Summer League di pallacanestro dove i giocatori provano a impressionare i club per i quali ‘giocano’ o magari farsi notare per altri acquirenti. Spalletti che nella conferenza stampa di ieri non ha voluto parlare del suo nuovo centrocampista e della sua idea in merito al ruolo da affidargli, preferendo lasciarsi andare ad un colpo da maestro in merito al lavoro dei direttori sportivi.
E allora, proveremo qui a rispondere a questa domanda: dove vedremo in campo Borja Valero? Di certo, l’Inter si è assicurata un elemento di qualità, un pensatore di gioco che a questa rosa mancava. Qualcuno lo ha già bollato come ‘vecchio’ a 32 anni (chi è nato anche solo qualche anno prima di lui, sottoscritto compreso, rischia pertanto di finire sotto la voce ‘relitti umani’), ma a far ben sperare c’è anche il precedente di Andrea Pirlo approdato alla stessa età in una Juventus reduce da una stagione di macerie e diventato in poco tempo uno dei perni inossidabili della nuova ondata di vittorie bianconere (almeno in Italia). Soprattutto, è un giocatore che risulta perfetto in ogni tipo di mediana, purché abbia al suo fianco uno che corra e gli faccia da guardiaspalle. Borja Valero può agire indifferentemente in un centrocampo a 4 con Roberto Gagliardini di fianco, o in un 4-1-4-1 con Gaglia impiegato come perno difensivo come successo in Under 21, e lui insieme a Joao Mario dietro Mauro Icardi, finanche in un 4-3-3 con Gagliardini e Geoffrey Kondogbia a coprirgli le spalle.
L’equivoco da evitare, forse, è quello di vederlo nelle vesti di trequartista: questo perché il centravanti dell'Inter non mette un giocatore di queste caratteristiche nelle condizioni di fare bene. Ecco perché più che un finisseur, in quel ruolo serve un primo realizzatore, uno di quei giocatori che si sanno buttare dentro: anche perché Spalletti sa benissimo che Mauro Icardi non è Edin Dzeko, pertanto non garantisce assolutamente il tipo di movimenti dei quali invece è capacissimo il bosniaco della Roma. Ed ecco, pertanto, spiegato il motivo per il quale il tecnico di Certaldo, di certo non l’ultimo degli sprovveduti, auspica che uno dei prossimi tasselli da inserire nell’organico sia un giocatore che possa cercare la penetrazione in area, togliendo magari l’uomo a Icardi che in questo modo non dovrebbe ritrovarsi ad affrontare solo un blocco di due difensori centrali. Un Radja Nainggolan, tanto per intenderci, prima ancora che un Arturo Vidal o i nomi delle ultime ore che rasentano quasi l’utopistico.
Intanto, rimane una certezza: quella che all’Inter è in procinto di arrivare una ‘beautiful mind’, un cervello fino che a questa squadra mancava anche tanto. Una bella mente, magari una testa piena di sogni come cantano i Coldplay protagonisti di due grandi concerti a San Siro in settimana e omaggiati dalla stessa Inter con quattro maglie personalizzate. Una bella mente come quella che servirebbe a tutti, dal primo all’ultimo, per aiutare la voglia di risalita di questa squadra senza farsi prendere dal panico o dai rancori...
Autore: Christian Liotta / Twitter: @ChriLiotta396A
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