"Crazy Inter? No more". Ne era convinto Antonio Conte durante i frenetici giorni della sua presentazione da nuovo allenatore dell'Inter. Il tecnico salentino aveva in mente una squadra solida, forte e prevedibile nelle sue qualità, in barba al Dna storico di questo club che non ammette linee rette. Senza dubbio, per tutto il girone d'andata Conte ha raggiunto il proprio obiettivo, presentando un'Inter robusta e per nulla folle, di certo affidabile e convincente. Persino il calo nel girone di ritorno ha rispettato la prevedibilità di questa squadra, che però dopo il lockdown è tornata a manifestare antichi sintomi di instabilità mentale. Con il Sassuolo un 3-3 da mani nei capelli, ieri sera a Parma un ribaltone negli ultimi 5 minuti che inevitabilmente cambia il parere sulla prestazione. Bene i 3 punti, bene l'impatto dei cambi, male il resto. Perché al netto di una classifica che ha ulteriormente allontanato il quinto posto, quasi certificando il piazzamento Champions, quello che emerge dal Tardini è l'enorme difficoltà fisica, tecnica e tattica di un gruppo ancora incapace di recuperare le proprie convinzioni e costretto ad affidarsi al Dna folle per non subire una pesante e deludente sconfitta.
Gli ultimi minuti non devono distrarre da una critica costruttiva che possa permettere a Conte di correggere gli attuali difetti, giustificabili dal contesto sui generis, ci mancherebbe, ma non per questo tralasciabili. Anche ieri sera i meccanismi difensivi non hanno funzionato e un Parma meno guardingo avrebbe potuto fare decisamente più male. Parallelamente, consapevoli di una linea mediana composta dal rientrante Barella e dallo stremato Gagliardini, davanti i due attaccanti e l'atteso Eriksen hanno creato poco nell'area avversaria, permettendo all'ottima squadra di D'Aversa di mettere in pratica la propria filosofia di gioco, fatta di ripartenze e massa negli ultimi 20 metri. Tattica che avrebbe funzionato contro qualsiasi avversario, non contro un'Inter in grado di passare da una sconfitta da matita rossa a una vittoria di quelle che possono dare la svolta. Sempre che nel corso dei prossimi impegni non si ricaschi nelle amnesie palesate contro gli ultimi due avversari emiliani.
Uno dei lati positivi della gara contro il Parma è senza dubbio l'impatto fondamentale dei subentrati, argomento piuttosto spinoso e strumentalizzato dai critici di Conte che spesso e volentieri gli imputano inteventi tardivi e inutili sull'andamento della gara. A questo giro, seppur dalla tribuna, il tecnico ha azzeccato ogni sostituzione, o meglio è stato ripagato da tutti i giocatori entrati nella ripresa. Sanchez, Young, Moses, Bastoni e persino Borja Valero negli ultimi spiccioli di partita hanno offerto un contributo determinante nella rimonta finale, tra assist, gol e presenza scenica e mentale. Vero è che sarebbe stato difficile fare peggio di chi ha lasciato loro il posto, però da quando si è ripreso a giocare è la prima volta che l'Inter riesce a raddrizzare il risultato con i cambi. Al netto di una panchina non certo ricchissima di talento e qualità.
Normale che l'allenatore, anche con le sue scelte iniziali (a volte forzate) stia cercando di coinvolgere tutti, perché quest'ultima fase di campionato, più che a raggiungere obiettivi concreti, servirà per avere le idee ancora più chiare in vista della prossima stagione. Molti calciatori devono ancora guadagnarsi la conferma, le prossime partite saranno utili in tal senso. Perché la costruzione della nuova Inter è già iniziata e, chissà, se Marotta ha detto la verità già oggi ce ne renderemo conto.
Autore: Fabio Costantino / Twitter: @F79rc
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