Se l'Inter non avesse chiuso l'anno e il girone d'andata con 3 pareggi e 3 sconfitte, compresa l'eliminazione in Tim Cup per mano del Milan (delusione al quadrato), oggi saremmo qui a santificare una chiusura del 2017 oltre ogni più rosea aspettativa. L'effetto recency purtroppo in questo caso la fa da padrone, perché lascia negli occhi dei tifosi interisti e della critica in generale un sapore amaro che non rende merito all'ottimo lavoro svolto da Luciano Spalletti e dal suo staff sin dalla scorsa estate. Al contempo, pone un velo d'ombra sulle strategie finanziarie della proprietà, che sta lavorando da mesi per rendere FC Internazionale una società solida, senza debiti e con prospettive che vanno al di là del day by day. Invece oggi è più facile concentrarsi sui punti sprecati e sul mercato low cost che ci apprestiamo a vivere a causa di vincoli che Suning non vuole spezzare per non gettare al vento quanto di buono fatto finora.
A mente fredda, però, come l'allenatore di Certaldo invita a ricordare, è giusto tornare al punto di partenza di questo nuovo corso, quando c'era da recuperare mentalmente una rosa allo sbando, provando a migliorarla con qualche innesto non troppo oneroso. Forse qualcuno ha dimenticato le 6 sconfitte in 7 partite fra il 4 aprile e il 14 maggio, interrotte solo dal 2-2 nel derby che forse ha pesato più di un k.o. per il modo in cui è maturato. Da lì Spalletti ha dovuto ripristinare i valori dell'Inter, lavorando con il materiale umano messo a sua disposizione, reduce da una stagione che definire deludente è un eufemismo. E' successo tutto in questo 2017, non anni fa. Gli sbalzi di umore di questa squadra sono stati palesi così come la sensazione di vivere troppo alla giornata sia nelle vittorie sia nelle sconfitte. Dall'estate però la proprietà si è mossa in modo canonico, contraddicendo la natura imprevedibile di questo club, affidandosi con i tempi giusti a un tecnico di comprovata esperienza, che pur non avendo a disposizione la rosa che avrebbe sperato ha restituito dignità a giocatori che i tifosi interisti volevano fuori dal Suning Training Centre prima possibile. Invece ad andarsene sono stati solo coloro che non hanno creduto nel nuovo progetto.
L'Inter ha chiuso a 41 punti il girone d'andata, ufficialmente tra le prime quattro. Ha cullato un po' il sogno di contendere lo scudetto alle due fuoriclasse, ma la tabella prevista è stata rispettata. Focalizzarsi solo sugli ultimi risultati, certo deludenti, sarebbe irrispettoso nei confronti di quanto fatto in precedenza. E senza dubbio se ci fosse stato più equilibrio nell'arco dell'attuale stagione, con pareggi e sconfitte spalmati, oggi saremmo tutti molto soddisfatti e di certo più ottimisti. Invece siamo qui a rammaricarci per quello che poteva essere senza gli ultimi scivoloni, di certo inaspettati, e per quello che probabilmente non sarà, vale a dire un mercato invernale importante che puntelli e migliori una rosa che ha fatto finora più di quanto ci si potesse aspettare.
I limiti strutturali sono evidenti, anzi lo sono sempre stati sin dal 31 agosto quando l'arrivo di Yann Karamoh ha chiuso il mercato in entrata nerazzurro. Però Spalletti e il suo staff hanno colmato le lacune lavorando sulla testa dei giocatori e mantenendoli costantemente in forma. Missione compiuta, finché qualcosa si è rotto, probabilmente contro il Pordenone in Tim Cup. Quello spavento ha intaccato le certezze costruite in oltre tre mesi, riportando nella testa dei calciatori i fantasmi del recente passato. Da lì è iniziata una spirale di risultati negativi, favorita dalle paure riemerse nella testa dei calciatori, che ha smesso di guidare i loro piedi. A questo si è aggiunto il bisogno di rifiatare di alcuni capisaldi, le cui prestazioni hanno subito un picco al ribasso. Perché è parso subito evidente che se tutti i giocatori non sono al meglio il complesso ne risente paurosamente. La struttura di base forgiata dall'allenatore prevede infatti che ogni singolo elemento dia il massimo, altrimenti la catena perde equilibrio con conseguenze sulla prova d'insieme. Non serve scomodare teorie gestaltiane o fordiane per capirlo.
Oggi è l'inizio di un nuovo anno che a maggio dovrà necessariamente accompagnare l'Inter in Champions League, dove manca ormai da troppi anni. Non esiste alternativa per proseguire nel progetto di rinascita del club. Sarebbe stata gradita una pausa, invece tra 4 giorni si torna in campo, a Firenze, dove l'ex Stefano Pioli venderà cara la pelle. Non certo il più agevole degli impatti con il 2018, ma di questi tempi non possiamo permetterci il lusso di scegliere. Contro la Lazio, visto il contesto, anche un punto è stato prezioso per respingerne l'assalto al quarto posto. Però non si può continuare a bivaccare su quanto raccolto in precedenza, il fieno in cascina non è sufficiente per limitarsi ad aspettare giorni migliori.
Bisogna cambiare qualcosa, proprio quello che Spalletti ha voluto fare sin dal suo arrivo. Con le certezze venute meno, starà a lui costruirne altre nel più breve tempo possibile. Sperando che i due direttori, a suo dire fuoriclasse, confermino le loro qualità anche in tempi di FFP. Come sempre, a gni sessione di mercato, conteranno le idee più dei soldi (che ci sono, ma restano bloccati...). E dai fuoriclasse ci si aspetta la grande giocata anche nelle peggiori condizioni. Gli oltre 55 mila di media che frequentano il Meazza se lo meritano, così come i tifosi che seguono ogni giorno le vicende dell'Inter e, nonostante gli ultimi sbandamenti, restano fiduciosi per l'anno nuovo. In tempi difficili solo gli uomini forti emergono e indirizzano il proprio destino. E' arrivato il momento di dimostrarlo. Buon anno a tutti, e che sia pieno di emozioni anche con il Var.
Autore: Fabio Costantino / Twitter: @F79rc
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