La straordinaria capacità dell’Inter di complicarsi la vita, autodistruggere la stagione e lottare contro i suoi stessi giocatori che non hanno esattamente l’Inter nelle loro priorità.
La situazione è questa: a Perisic non interessa stare all’Inter e chiede direttamente a Marotta di andarsene, Icardi, il capitano, non ha ancora rinnovato mentre Wanda Nara furoreggia sui social e fa il borsino della trattativa, Nainggolan vuole tornare a Roma e comunque non gli interessa nemmeno troppo giocare a calcio, tantomeno nell’Inter, Vrsaljko si fa operare e starà fuori per 8 mesi chiudendo la stagione in una squadra in cui non ha quasi mai giocato, Candreva dato per partente, praticamente sparito torna 12 minuti in campo mentre la moglie twitta in codice: "Ti sta bene! Da adesso avanti così", Miranda chiede di essere a ceduto ma alla fine resta, bontà sua.
In questo straordinario esempio di comportamento poco professionale, privo di interesse per una maglia che i giocatori percepiscono come uguale a mille altre, il gioco del calcio come un impiego ad un ufficio postale, il sentimento è una straordinaria demotivazione che riguarda quasi tutti i presunti leader della squadra.
Perdere col Torino giocando con l’aria scocciata di chi si sveglia alle 5 del mattino di un lunedì va ben oltre la spiegazione tecnica. Se preferite pensare che la colpa sia di Spalletti, il quale va cacciato e prendere “uno qualunque” non ve lo si può vietare, anche perché qualche colpa, compreso l’avvallo dell’arrivo di Nainggolan e la partenza di Zaniolo è decisamente sua.
La formazione, considerando la sconfortante premessa, era quasi obbligata ma c’è qualcosa dell’attuale tecnico che porta a pensare che la squadra giochi anche per come si pone il tecnico: prudente, timida, impaurita, metodica, noiosa, priva di gioia.
L’Inter sta incrementando esponenzialmente il numero delle bestie nere. Si va dal Sassuolo, passando dall’Atalanta, a seguire il Parma e il più recente che tenta di entrare nel podio: il Torino.
Ogni anno tra dicembre e gennaio perde o pareggia con chiunque, poi faticosamente, esaurite le giustificazioni, c’è una sofferta risalita e si procede col brivido fino alla fine. L’unico anno in cui è andata bene è stato l’ultimo grazie ad una vittoria in extremis sulla Lazio. A questo proposito questo falso d’autore che è l’attuale Inter giovedì riceverà proprio la Lazio a San Siro, ma è difficile che una squadra possa trovare stimoli e gioco in quattro giorni.
Se il colpevole è sempre l’allenatore, nel caso dell’Inter la questione purtroppo è più complicata, perché se fosse colpa sua la questione sarebbe stata risolta da tempo.
Negli ultimi otto anni sono cambiati 11 tecnici con risultati che conosciamo e la società, nonostante l’arrivo di Marotta, sta attraversando gli stessi problemi di ogni stagione, amplificati da un incomprensibile disagio di troppi giocatori. Disagio che oltretutto matura quando le cose stanno andando bene.
Se ogni anno per otto anni la stagione ha lo stesso andamento qualcosa non va nei meccanismi societari e francamente non ha più senso dover difendere l’Inter da chi la difende sempre a prescindere, come se chi la critica fosse un nemico, un eversore e un voltagabbana che “scende e sale dal carro”.
La sensazione è che anche il club accolga le difficoltà di ogni anno senza ascoltare, tirando dritto per la sua strada ma senza far tesoro degli errori gestionali che si ripetono con incredibile puntualità. C’è in effetti da chiedersi come sia possibile che un club tanto importante non sappia, o finga di non sapere perché ogni stagione si ripetano certi perversi meccanismi di autodistruzione nel momento più importante della stagione.
L’Inter è ancora terza ma il bonus si sta esaurendo, Milan, Roma e Lazio sono ancora a una minima distanza di sicurezza ma questo non giustifica un Inter che non sa ascoltarsi. Se Spalletti dice nella conferenza stampa di presentazione del match che il mercato “toglie qualcosa come attenzione che i calciatori mettono in vista della prossima partita” è il momento che la società raddoppi gli sforzi per aiutare il tecnico nella gestione di questo periodo. E’ anche ora che lavori in modo efficace sulla costruzione di un gruppo, partendo dalla scelta di giocatori che sarebbe determinante fossero motivati, senza usare il nerazzurro come ripiego. I casi di Bonucci e Higuain al Milan, come di Nainggolan e il Perisic di quest’anno all’Inter, dovrebbero insegnare che coi giocatori si deve essere certi della loro motivazione. Possiamo parlare anche di schemi, di sostituzioni, formazioni sbagliate ma la questione è che l’Inter di oggi dipende ancora dall’eventuale allenatore fuoriclasse che arriva e fa di testa sua, rompendo gli schemi di un club che al suo interno ha meccanismi che le impediscono di essere vincente. L’obbiettivo dichiarato è tornare tra le prime al mondo? Con queste ambizioni, anche se tra due o tre anni, partite del genere sono il segnale che le parole non corrispondono ai fatti.
Amala.
Autore: Lapo De Carlo / Twitter: @LapoDeCarlo1
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