L'ideologia tattica nel calcio e' da almeno quarant'anni un elemento giudicato come profondamente distintivo e significativo nello scorrere degli eventi collegati alla vita di una squadra in quanto legata al modo di vedere il calcio del proprio allenatore. E' un sottostante con il quale si tenta di dare spiegazioni in ordine ai risultati ottenuti, su cui si dibatte da sempre, ma, che, come detto, dalla piena affermazione del calcio olandese intorno al modello Ajax anni '70, ha proposto una lettura gravida di antagonismi e di pregiudizi intorno al cosidetto calcio nuovo ed offensivo da contrapporre al modello italiano difensivista o addiritturra catenacciaro. Le forme evolutive ed emancipate di esplicazione dei criteri tattici -zona totale, difesa in linea e fuorigioco,ecc.- hanno sottoposto i fautori del cosidetto pallone tradizionale, teorizzato in origine dalle nostre parti da Viani e Brera con un braccio operativo storicamente riconosciuto come Nereo Rocco, ad un fuoco di fila di attacchi attraverso i quali i media di tutto il mondo hanno tracciato il solco tra un calcio nuovo, divertente, intonato allo spettacolo e percio' vicino alle esigenze del pubblico e l'arcigna modalita' italiota sparagnina ed in perenne debito con la storia di questa popolarissima disciplina.

Helenio Herrera porto' all'inter tutti i sapori di quell'epoca, gli anni' 60, in cui il football delle nostre parti fu protagonista assoluto con quel sistema di gioco fatto di difesa a uomo e contropiede, addizionandolo di elementi propri e significativamente distintivivi, basati su carattere, preparazione atletica e tecnica, con i quali costrui' una leggenda e, probabilmente,addirittura qualcosa di piu'. Seppe cioe' sedimentare questi elementi facendoli diventare la specificita' assoluta ed imperitura di una societa', il dna capace di sopravvivere alle modificazioni storiche, all'ineluttabile processo di adesione alle logiche della difesa a zona, mista con Trapattoni e Simoni, fino ai nostri giorni. Abbiamo citato non a caso questi due allenatori rimasti nel cuore del tifoso nerazzurro proprio per ricordare che le Inter che si fanno ricordare sono proprio quelle inclinate verso il senso di appartenenza a quel dna, a quella magia che agisce da stimolo primario, che guida le pulsioni di tutti noi al di la' del feticcio di un'astratta qualita' e le emancipa da criteri estetici vissuti generalmente come aprioristici ed  immanenti, a cui viene generalmente connessa la dimensione del calcisticamente corretto. E quando il cuore del tifoso reagisce con forza vuol dire che in quel momento la spia e' accesa, il sangue vivo scorre fluido ad irrorare l'ambiente, come adesso.

Adesso come allora il cuore del tifoso della Beneamata si fa beffe del Solone di turno, della bolla di squadra provinciale- o semplicemente pratica secondo la versione light in uso presso una quota di osservatori togati alle calcagna di Stramaccioni -. Si gode il dire di un allenatore di 36 anni che dimostra di non essere tributario del sentire comune del calcio manierato e bigotto e parla di superiorita' numerica in difesa come most. Che al termine di Inter-Napoli spiega di avere avuto bisogno di Cambiasso in funzione di libero (nessun tecnico da anni si era mai permesso nemmeno di nominare quella soluzione tattica pena pubblico ludibrio assicurato) oltre a due difensori centrali per fruire della capacita' di lettura della manovra avversaria da parte dell'argentino. Quanta identita' interista, quanta spregiudicata ed avveduta bauscioneria, quanta nostalgia immediata per il Trapattoni dei record che se la poteva ghignare di gusto da eretico, sopra le fiamme che la critica osannante il calcio di Arrigo Sacchi gli aveva prima acceso sotto i piedi per poi doversene mangiare i tizzoni ancora ardenti. Quanto spirito nostrano nella disinvoltura con cui Strama punta al cuore di noi tutti mettendo in fila quanti solo un anno fa guardavamo dal basso in alto. Ranocchia-Samuel-Juan Jesus come Bergomi-Mandorlini-Ferri, e via di linea Maginot. Ci mettiamo anche noi da queste innocenti righe il carico di sfrontata sguaiatezza iconoclasta. Siamo e sia chiaro quelli di sempre: difensivisti e trinariciuti. Peccato che, ma lo diciamo solo per pura attinenza alla cronaca, questa squadra sia andata in gol in 14 su 16 partite di campionato. Del resto anche il Trap, col suo calcio colpevolmente mondo di paroloni ad alambicchi strategici,di palloni nelle reti avversarie ne vedeva entrare parecchi.

Andate avanti cosi',dunque, bocche storte del dopo partita, apologhi- piu' o meno indipendenti- del calcio altrui sempre piu' bello, organico, in una parola, migliore, da portare in trionfo come un baldacchino durante la festa patronale. Noi, intrusi, guastafeste, saremo sempre li' beffardi ad aspettare come e' gia' accaduto nei tanti momenti felici, da 50 anni, che rinculiate frasi di comodo per attutire il colpo subito.  La spia della vecchia e pazza Inter si e' riaccesa. Anche grazie a quel Fredy Guarin che, non vorremmo sbagliarci, ne' esagerare nel provocarvi, ma ricorda tanto un tizio che vi dava tanto fastidio e si chiamava Nicolino Berti...

P.S. Ci scusiamo per l'uso massivo del termine cuore ma non abbiamo potuto sinceramente farne a meno.

Sezione: Editoriale / Data: Sab 15 dicembre 2012 alle 00:00
Autore: Giorgio Ravaioli / Twitter: @Gravaioli
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