Una pausa di due settimane, che magari a qualcuno sarà sembrata anche più lunga. Due settimane contraddistinte essenzialmente dalle polemiche sorte intorno alla Nazionale di Roberto Mancini dopo le prestazioni a dir poco sconfortanti offerte nelle partite contro Polonia e Portogallo in questo rivoluzionario e innovativo torneo che è la Nations League. Rivelatosi però sin qui utile per alimentare ulteriormente il dibattito intorno allo stato di salute pessimo tendente al decadente dell’intero calcio italiano, tra giocatori che non ci sono, giovani che non trovano spazio, convocazioni fatte raschiando ben oltre il fondo del barile, e conseguenti dibattiti sociologici e psicologici che ormai rasentano lo stucchevole.
Adesso, però, si riparte con le vicende dei club e con un’Inter pronta a rimettere in moto il motore per riprendere il discorso lasciato interrotto col Bologna, quella vittoria che ha aiutato a scacciare un po’ di dubbi sorti dopo l’inizio a ostacoli di questo campionato. San Siro prepara il vestito a festa facendo le prove generali in attesa di martedì, quando, nel secondo atto di quella che è stata annunciata da tutti, in primis dai broadcaster, come la grande abbuffata di palle e palloni che durerà fino a inizio ottobre, arriverà il Tottenham per risentire dopo sei interminabili anni l’inno della Champions League. Saranno intanto quasi 60mila gli spettatori annunciati per la gara di questo pomeriggio contro il Parma, formazione che sin qui ha raccolto un numero di punti in classifica inversamente proporzionale ai complimenti ricevuti (e meritati) per la qualità del gioco espresso sin qui.
Parlare di gara da non sottovalutare è alquanto facile, se non altro per il fatto che si ricade nel solito discorso legato all’affrontare una squadra che ha potuto fare un tipo di preparazione diverso, atto a farsi trovare pronti sin dal via della stagione senza dover pensare troppo ad eventuali reduci dal Mondiale, e che al netto di alcune indisponibilità ha lavorato essenzialmente al completo per più tempo durante gli ultimi giorni rispetto ad un Luciano Spalletti che il gruppo nella sua pressoché totale interezza lo ha avuto praticamente solo ieri. Lo sa bene, quindi, Spalletti, che ci sarà poco da scherzare con il fuoco contro gli uomini di Roberto D’Aversa, e lo sottolinea in qualche modo anche nel corso della conferenza stampa della vigilia, dove auspica, prima ancora di non farsi intimorire dalla novità della Champions, di non prendere sottogamba i ducali cui le qualità per far male non mancano, specie in ripartenza.
E sa bene, Luciano Spalletti, che adesso è il momento in cui ci si aspetta che possa cominciare a spingere sull’acceleratore anche l’elemento più prezioso della propria squadra, che nelle prime tre giornate di campionato non ha potuto rispondere presente per i motivi più svariati ma che, vuoi per se stesso vuoi per iniziare a sfuggire nuovamente alle trappole di una critica tornata feroce, adesso deve in qualche modo ricominciare a fare sul campo ciò che meglio gli riesce. La storia è nota: dopo tre giornate, Mauro Icardi è ancora a quota zero alla voce gol segnati, lui che l’anno scorso di questi tempi veleggiava già a quota cinque. Un dato inconsueto, che lo accomuna comunque alle altre due superstar del nostro campionato: Cristiano Ronaldo ancora all’asciutto in una Juve che per il momento, almeno sul piano dei punti, non ne sta risentendo, e Gonzalo Higuain che al Milan sta invece raccogliendo consensi perché magari non segna ma aiuta a segnare, crea gioco e via andando.
A Icardi, invece, di alibi ne vengono concessi pochi, anche da quello che viene consuetamente ribattezzato come ‘fuoco amico’, ma questa ormai non è più una sorpresa visto che Maurito è all’Inter da cinque anni e ormai sul suo conto ne ha sentite di ogni. Semmai, sorprende ancora chi si sorprende dei periodi di luna storta del capitano nerazzurro: dovrebbe essere chiaro a tutti che Icardi è fatto così, un autentico rapace d’area che sa offrire prestazioni a dir poco stratosferiche, alle quali seguono puntuali i cori di giubilo e gli osanna degli addetti ai lavori, alternate a momenti di buio assoluto, dove di palloni ne vede pochissimi e quei pochi magari li gestisce come peggio non potrebbe, fino ad arrivare a sbagliare gol inverosimili.
Questo è Icardi, nel bene e nel male; un giocatore che sembra aver nel proprio destino quello di scatenare correnti di pensiero completamente opposte intorno a lui, e che a volte col suo atteggiamento non aiuta a rendere meno esacerbati i toni del dibattito sportivo sulla sua figura. E buon per tutti che uno degli obiettivi più o meno dichiarati del tecnico nerazzurro sia quello di alleggerire la squadra dalla dipendenza dai gol del proprio numero nove, fino alla scorsa stagione ago della bilancia della classifica e ancor più degli umori della squadra: i primi frutti, in questo senso, sembrano essere buoni, perché il gol sin qui è arrivato da altre fonti. Ma si può ancora stare qui a riflettere sul chiedersi se Icardi possa essere un giocatore diverso?
Il rosarino ha 25 anni, a quest’età è già entrato nella top 10 storica dei cannonieri nerazzurri, e probabilmente entra proprio adesso nello step decisivo della sua maturazione agonistica e professionale. Le qualità per poter aggiungere nuove dimensioni al suo gioco probabilmente ci sono, e anche Spalletti più di una volta ne ha sottolineato l’impegno. Anche il tempo è ancora dalla sua parte, anche se adesso di fronte a lui c’è anche la tanto agognata Champions, torneo che sa esaltare e forgiare campioni ma al tempo stesso raramente perdona chi sbaglia, vista la eco internazionale.
Icardi, quindi, è probabilmente di fronte al vero primo bivio della sua carriera ed è per questo che ora deve cominciare a correre forte, come ha fatto già al rientro dalla Nazionale avendo subito avanzato la propria candidatura per una maglia da titolare da contendere ad un Baldé Keita tornato dagli impegni col Senegal con un bel gol e tanta grinta in più. Correre per cominciare a rimacinare reti e per dare una mano ai compagni come è solito fare anche fuori dal campo. E correre verso quel fatidico palcoscenico a lungo atteso e che a lungo ha atteso le sue prestazioni. È il momento, Maurito.
Autore: Christian Liotta / Twitter: @ChriLiotta396A
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