Passano i giorni, ci avviciniamo sempre più al fatidico inizio del fantamercato. Ma, per alcuni, tutto il circo ha già montato il tendone e le attrazioni sono belle che pronte. Perché, in fondo, basta un titolone sparato a tutta pagina che il tifoso, magari bruciato da una annata mediocre o appena sufficiente, ricominci ad acquistare colorito e, soprattutto, voce. Persa nei meandri partitacce con annesse incomprensibili battute a vuoto.
Capita così che uno a caso – che so, Simeone – rilasci un’intervista qualche tempo fa e, tra il lusco ed il brusco, confessi che si, che l’Italia è un posto dove ha vissuto bene ed un giorno vorrebbe tornarci. L’intervista prosegue sulla falsariga di allusioni ed ammiccamenti. Compreso il pezzetto dove a precisa domanda, dove sei stato meglio, precisa risposta: Lazio. Ed anche all’Inter, in aggiunta. Però, sapete, scrivere che si torna in Italia per allenare la Lazio ha meno appeal di: Inter.
E allora sì, dai, apriamo con un bel; torno a Milano. Che tanto, finché in panchina ci sta il Mancini di turno, uno che nella sua carriera di allenatore ha vinto soltanto tredici titoli, dodici e tre quarti di culo ed il quarto che avanza perché discreto tecnico, si può dire di tutto di più. Che i tifosi, o almeno una parte di tifosi, non vedono l’ora di disfarsi del mister di Iesi. Colpevole di non aver dato un gioco alla squadra. E che, qui devo dire ho riso nemmeno sommessamente, l’Inter è una squadra di singoli dove il gruppo non conta. Insomma, cose che dice chi non ha mai visto la prima Inter, quella che rubacchiava gli uno a zero con un cinismo degno delle grandissime d’Europa. Già, perché poi mi si deve spiegare per quale misterioso motivo altre squadre colgono striminzite vittoria di misura e sono mostri di abilità. Noi, poveretti, una accozzaglia di mezze figure senza arte né parte aiutate dalla dea Eupalla. Inutile addentrarsi nella selva oscura di due pesi e due misure, non ne usciremmo mai e faremmo la fine di Ulisse nel suo viaggio di ritorno verso Itaca.
Saltando di palo in frasca, e nemmeno troppo, penso sinceramente che molti tifosi forse o hanno sopravvalutato la rosa attualmente a disposizione del tecnico o, questo atteggiamento non mi piace, criticano a prescindere nonostante tutto e tutti. Cioè, in soldoni; non vorrei che tanti celassero dietro la mancata qualificazione per la CL della prossima stagione (ricordare che nel piano di rientro presentato all’UEFA NON viene contemplata per quest’anno la partecipazione alla massima manifestazione europea per club serve a poco) una sorta di insofferenza cronica verso Roberto Mancini. Mi spiego meglio; le critiche, per carità, se intelligenti sono costruttive. Io non ne ho lesinate di tanto in tanto al nostro allenatore. Ma un conto sono le critiche intelligenti, quelle con capo e coda, un altro invece il chiacchiericcio fine a se stesso. Perché per alcuni, sono pronto a fare il Muzio Scevola della situazione, fossimo arrivati terzi non sarebbe andata bene perché avremmo potuto centrare il secondo posto. O, addirittura, se secondi non sarebbe andata bene perché potevamo vincere il campionato. Ho letto, giurin giuretta non è uno scherzo; ma avevamo 15 punti di vantaggio, non è possibile farseli recuperare. Come se il Mancio avesse in mano una fuoriserie e non un’utilitaria che per un po’ è andata ben oltre la velocità che poteva permettersi.
Quando ascolto certi soloni, tutti intenti a distribuire manate di verità e certezze assolute, mi vengono i brividi: qualche giorno fa non ricordo più chi (lo ricordo ma taccio per decenza) raccontava: beh, se hanno offerto 20 milioni per Brozovic allora tanto male la squadra non era. Tanto male non era? Ma ci rendiamo conto che nelle prime tre ci sono giocatori che, da soli, valgono quanto i nostri tre migliori messi insieme? Perché se non ci rendiamo conto di questo piccolo particolare beh, allora resteremo sempre critici o ipercritici non verso Mancini, ma verso chiunque si sieda sulla panchina nerazzurra. Che, già di per se, non è una posizione comoda.
Le lacune e le carenze sono evidenti. Riprendo volentieri le parole di Zanetti, nemmeno troppo morbide, di qualche giorno fa. Il Vice Presidente non si è nascosto dietro un dito e, anzi, ha picchiato duro nei confronti non della squadra, badate bene, ma di quelli che hanno fatto le primedonne o i fattacci loro senza correre ed impegnarsi come dovevano e potevano. Nel mio piccolo, nella mia totale ignoranza di calcio, era da qualche mese che scrivevo e dicevo; si, d’accordo, Mancini ci mette del suo. A volte anche più del suo. Però a questi livelli, se sei un professionista, pur schierato in una posizione che non reputi consona alle tue attitudini devi correre e sbatterti. Poi, nello spogliatoio, sfogati e lamentati. Ma in campo zitto e corri. Pistolotto che fece Ausilio dopo la trasferta di Torino. Pistolotto fatto da Zanetti qualche giorno fa. Però no. Però non va bene. Perché è sempre colpa dell’allenatore.
Confesso, sono davvero contento di pensarla come Ausilio e Saverio; così siamo in tre a capirci poco di pallone.
ET, per chiudere, ha di fatto confermato che qualcuno partirà, ma questo già si sapeva. I famosi segreti di Pulcinella. E il mercato, fidatevi, sarà lungo e complicato. Ma resto dell’idea che la dirigenza riuscirà a dare al Mancio una rosa più forte e completa di quella dell’annata appena trascorsa. Con qualche sacrificio.
Perché i soliti sospetti, quelli che non hanno ben capito cosa significa vestire la maglia dell’Inter, ci sono. E continuare a scusarli, davvero, non porta da nessuna parte.
Buona domenica a Voi.
Amatela, sempre!
Autore: Gabriele Borzillo / Twitter: @GBorzillo
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