Il mondo del calcio si spacca in due: c'è chi guarda alla Super League come la competizione migliore nella quale gustarsi i più grandi campioni del mondo e chi la osteggia come fosse un giocattolo creato da Satana. È evidente che il 19 aprile 2021 passerà alla storia come il giorno in cui il calcio europeo è cambiato radicalmente, cancellando tutte le certezze costruite nel corso di quasi 70 anni. Dal 1955 a oggi, la Uefa ha dato vita a competizioni divenute un punto di riferimento per tutti gli appassionati, modificando nel corso degli anni format e non solo, provando ad adeguarsi ai tempi che cambiano. E così nel 1992 la Coppa dei Campioni diventa Champions League; nel 1971 la Coppa delle Fiere diventa Coppa Uefa che nel 2009 diventa Europa League; nel 1999 sparisce la Coppa delle Coppe. Senza dimenticare la Coppa Intertoto e altre manifestazioni meno nobili.
A restare invariata nel corso degli anni è sempre stata l'organizzatrice, ossia la Uefa. Le coppe sono sempre state un qualcosa di importante, ma non fondamentale per i club. Almeno fino all'inizio del nuovo secolo. I campionati domestici rappresentavano la ciccia della stagione, con le esperienze europee viste come piacevoli fughe infrasettimanali, in grado di conferire lustro ma senza risultare decisive per le sorti delle società coinvolte. Da qualche anno, invece, il discorso si è ribaltato. Complice la globalizzazione, ma non solo. La Coppa delle Coppe cancellata è stato il primo segnale dell'accentramento della Champions League, sempre più preponderante nella testa degli addetti ai lavori, nel cuore dei tifosi, nelle tasche dei presidenti e nelle mire degli investitori. A poco era servito rifare il look alla seconda coppa chiamandola Europa League e garantendo una partecipazione più duratura: ormai non si poteva più tornare indietro. E l'esempio ce l'abbiamo sotto il naso tutti i giorni: quante volte avete sentito negli ultimi mesi, a proposito dell'Inter, i rimproveri feroci per l'uscita dalla Champions nonostante la cavalcata in Serie A? Quante volte abbiamo constatato quanto fosse stato fondamentale per il ritorno a certi livelli per i nerazzurri vincere a Roma con la Lazio in quel drammatico 3-2 dell'Olimpico? Non è un caso. Chi è in Champions vive, gli altri sopravvivono o muoiono. Un sistema al collasso.
Se non ve ne foste accorti, il calcio è cambiato da anni. Prima si giocava per vincere lo scudetto, adesso si gioca per arrivare quarti. La gestione globale delle istituzioni calcistiche ha portato a questo: da tempo il fatto sportivo passa in secondo piano, per il semplice discorso che chi non prende il treno Champions rischia di restare nell'oblio. È capitato all'Inter, è capitato al Milan. Perché, quindi, affannarsi a vincere una "misera" Coppa Italia? Eppure alcuni sembra si siano svegliati solo ora. La Super League non è altro che la conseguenza inevitabile di un processo che dura ormai da circa 20 anni. Le differenze tra i grandi club e gli altri si sono dilatate piano piano e la pandemia non ha fatto altro che accelerare il tutto.
Una grande responsabilità per quello che il calcio è diventato è certamente anche delle società, incapaci di gestire i profitti e indebitatesi in maniera impressionante. Come ricorda la Gazzetta dello Sport, i 12 club firmatari della Super League hanno accumulato circa 750 milioni di rosso: solo Chelsea, Real Madrid e Atletico Madrid sono riuscite a chiudere in attivo (in attesa dei conti del Liverpool). Ma non si tratta solo di conti da sistemare. Il discorso si sposta inevitabilmente anche sull'idea che hanno questi club scissionisti sulla visione presente e futura di questo sport, delusi dalle risposte della Uefa per quanto riguarda i format delle competizioni e la spartizione economica dei diritti. Insomma, alla base dello strappo c'è la convinzione che Ceferin e quelli prima di lui non abbiano fatto tutto il possibile per sostenere in modo adeguato la nobiltà del calcio europeo, che poi è la porzione che porta il maggior indotto. In poche parole: la Uefa è rimasta indietro, magari perché le fa gioco così, a livello di strategia e gestione. E la riforma della Champions - francamente imbarazzante - è lì a dimostrarlo.
Chiarissimo, in tal senso, il comunicato dell'Inter: "La creazione della Super League arriva in un momento in cui la pandemia globale ha accelerato l'instabilità dell'attuale modello economico del calcio europeo. Inoltre, già da diversi anni, i Club Fondatori si sono posti l'obiettivo di migliorare la qualità e l’intensità delle attuali competizioni europee nel corso di ogni stagione e di creare un formato che consenta ai top club e ai loro giocatori di affrontarsi regolarmente. La pandemia ha evidenziato la necessità di una visione strategica e di un approccio sostenibile dal punto di vista commerciale per accrescere valore e sostegno a beneficio dell'intera piramide calcistica europea. In questi ultimi mesi ha avuto luogo un ampio dialogo con gli stakeholders del calcio riguardo al futuro formato delle competizioni europee. I Club Fondatori credono che le misure proposte a seguito di questi colloqui non rappresentino una soluzione per le questioni fondamentali, tra cui la necessità di offrire partite di migliore qualità e risorse finanziarie aggiuntive per l'intera piramide calcistica".
Qui non ci sono Robin Hood, ma solo tanti Giovanni Senzaterra. Il calcio non è più di tutti. Ma non da oggi.
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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