L'Inter è questa. La chiusura del calciomercato ha delineato, in maniera definitiva, l'assetto con cui la squadra dovrà provare ad arrivare fino alla fine della stagione giocandosi in maniera competitiva campionato, Coppa Italia ed Europa League. Le uscite di Dimarco, Politano e Lazaro hanno fatto largo agli arrivi di Young, Moses ed Eriksen: al di là dei giudizi sui singoli giocatori, hanno salutato tre che hanno giocato poco e ne sono arrivati altrettanti che, in teoria, possono anche guadagnarsi fin da subito il ruolo di titolari.
Attenzione però a buttare sulle spalle di Eriksen, perché il colpo di mercato clamoroso è indiscutibilmente lui, la responsabilità di colmare il gap con la Juve: che esisteva ad agosto, esisteva a dicembre, e molto probabilmente esiste ancora. Al campo, ovviamente, l'insindacabile diritto di stabilire cosa sia vero e cosa no.
Il mercato di gennaio consegna ad Antonio Conte una squadra per certi aspetti rinforzata ma non completa al 100%, soprattutto se a Lukaku e Lautaro dovesse venire un raffreddore. Il mancato arrivo di una attaccante, dopo aver a lungo parlato di Llorente o Giroud, è da alcuni visto come il rinvio di un salto di qualità definitivo; ma potrebbe più semplicemente significare che per quest'anno si fa così e magari si offrono più possibilità ad Esposito per poi tentare in estate un colpo destinato a durare ben oltre i 6 mesi che restano da qui alla fine della stagione.
Il lavoro fatto dalla società per innalzare il livello qualitativo, e anche il prestigio, della squadra resta comunque innegabile. Così come l'aver sborsato 20 milioni per il danese ex Tottenham che a giugno sarebbe potuto arrivare a parametro zero ma che invece è stato sacrosanto portare fin da subito ad Appiano: per iniziare a inserirlo nei meccanismi del calcio contiano e per migliorare, da ora, il gioco e le possibilità di vittoria di un gruppo che fino a dicembre ha sorpreso andando oltre i propri limiti e che ora è chiamato a dimostrare (cosa assai più difficile) che quei primi mesi non sono stati un caso.
Già da Udine Conte potrà contare su una qualità in mezzo al campo che in nerazzurro non si vedeva probabilmente dai tempi di Wesley Sneijder: perché le caratteristiche e la visione di gioco di Eriksen possono portare quel qualcosa in più che nelle ultime settimane sembrava mancare e cioè ritmo, imprevedibilità, spettacolo e profondità. I suoi tocchi potranno mandare direttamente in porta Lukaku e Lautaro (una volta scontata la squalifica) anziché costringerli a giocare sempre spalle alla porta costringendoli, ogni volta, a fare la guerra con gli avversari per costruirsi da soli spazi e occasioni.
Young ha già fatto intuire di aver un piede preciso e buone letture difensive. Barella ha fatto vedere con la Fiorentina la miglior versione del giocatore che è e che porta alla causa quantità e qualità, persino con lucidità e saggezza. Per il proseguo della stagione resta poi da recuperare il miglior Sensi che, di fatto, da inizio ottobre quando si infortunò con la Juve, poi non si è più visto. Un centrocampo di qualità e gamba è necessario per non dover gravare (anche in termini di contributo in zona gol) solo sulle spalle degli attaccanti mentre la difesa (che pure resta la migliore in Serie A) deve tornare a chiudere la porta a doppia mandata evitando quel "gollettino" regolare e puntuale concesso ultimamente al Lecce, al Cagliari, alla Fiorentina e all'Atalanta.
Gli obiettivi possono essere mutati ma non sarebbe nemmeno onesto considerarli stravolti: se la Coppa Italia un obiettivo lo è per forza, in Europa League si può valutare in una semifinale un autorevole traguardo mentre in campionato rimanere vicino il più possibile alla Juve, fino al rush finale, resta la cosa più saggia in cui sperare. Per poi vedere come sta la squadra e come stanno gli avversari in un'eventuale lotta punto a punto.
Ma non si pensi che l'arrivo di Eriksen (per quanto, si ripete, uno dei migliori centrocampisti d'Europa,) unito a quello degli onesti Young e Moses, azzeri le differenze con chi domina in Italia da 8 anni ed è abituato a vincere le partite "sporche" e sofferte magari sfruttando la giocata di uno dei tanti campioni a disposizione (mentre l'Inter, come detto tante volte, per vincere deve sempre fare il massimo sforzo). Il mercato estivo e quello di gennaio hanno creato le basi per costruire una squadra di assoluto livello e con un futuro davanti; ma pretendere che il salto di qualità definitivo arrivi subito rischia di far saltare il banco o più semplicmente di far crollare ciò che deve essere invece rinsaldato col tempo.
Negli anni scorsi l'Inter è arrivata quarta soffrendo le pene dell'inferno fino all'ultimo minuto dell'ultima giornata (e dopo aver salutato da mesi, o non aver proprio giocato, coppe europee e nazionali). Arrivare a primavera ancora in corsa sui tre fronti (e magari essere vincitori almeno su uno) sarebbe già quel salto di qualità che si chiede a un allenatore come Conte, pensando che comunque il suo lavoro e la sua rivoluzione non finiranno certo a giugno. Anzi, prorpio allora si pensa che possano prendere ancor più corpo e sostanza, sempre che nel frattempo polemiche e apettative non abbiano fatto crollare tutto.
Autore: Giulia Bassi / Twitter: @giulay85
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