Ci sarà ben poco da godersi, quest’oggi, della magia e del fascino di Praga. Un luogo che tra l’altro rievoca ricordi recenti anche abbastanza nefasti nella mente dei tifosi nerazzurri, visto che poco più di tre anni fa proprio a Praga, seppur in un’altra cornice, l’Inter, all’epoca nel pieno della breve e arida parentesi targata Frank de Boer, nel pieno di un consolidato stato di confusione collettiva, rimediò una delle batoste più sconfortanti della storia recente del club: un 3-1 contro lo Sparta figlio di una prova a dir poco imbarazzante, purtroppo una delle tante che contraddistinsero quella sventurata stagione. Cambia lo stadio, cambia l’avversaria, cambia soprattutto lo spessore di questa Inter rispetto a quella di tre stagioni orsono; ma quella contro lo Slavia Praga non si preannuncia comunque come una passeggiata, tutt’altro. E per di più, non ci sarà da pensare a null’altro che alla vittoria se si vuole continuare a sperare negli ottavi di finale. Per cui, spazio per eventuali gite turistiche nella capitale boema domani a quanto pare ce ne sarà il giusto, forse anche meno.
Che formazione è lo Slavia Praga, si è visto sostanzialmente nella partita di andata, quella dello scherzetto quasi del tutto riuscito a San Siro. Quella sera, i cechi di Jindrich Trpisovsky furono capaci di scompaginare i piani della formazione di Antonio Conte, protagonista della più brutta partita giocata in quel primissimo spaccato di stagione: solo quel guizzo in demi-volée firmato Nicolò Barella in pieno recupero scongiurò una sconfitta che avrebbe reso sin da subito improbo il cammino europeo, ma quel pareggio ha segnato in negativo un girone nel quale l’Inter sin qui è riuscita ad ottenere solo un successo contro il Borussia Dortmund e nelle partite in trasferta è stata Dr. Jekyll & Mister Hyde che davvero di più non si può, capace di passare da momenti di pura estasi a fasi di buio totale, costati alla fine sei punti tondi tondi.
La situazione, quindi, è sotto gli occhi di tutti: questa sera l’Inter non avrà altro risultato al di fuori della vittoria, e insieme dovrà sperare che il Barcellona voglia davvero fare come ha dichiarato alla vigilia il proprio attaccante Ousmane Dembélé, ovvero battere il Borussia Dortmund e arrivare a Milano rinfrancati nello spirito, per poi giocarsi il tutto per tutto nella sfida finale del 10 dicembre, quella nella quale, se le cose dovessero andare come devono questa sera, allora sì che servirebbe accelerare l’iter per costruire in fretta e furia lo stadio nuovo e mantenere San Siro in piedi, visto che sarà prevedibile una richiesta di biglietti colossale, ancora di più di quanto non lo sia già adesso. Non sarà per nulla facile, perché lo Slavia in casa è un osso durissimo, capace di tenere sotto scacco i tedeschi e i catalani, che forse per troppa generosità (leggi gol subiti in contropiede, specie col BVB) ha ottenuto meno di quanto raccolto come sottolineato ieri anche dallo stesso tecnico, ma che nell’ultima recita interna cercherà indubbiamente di regalare ai propri tifosi la prima gioia, che vorrebbe dire anche speranze di Europa League rinfocolate, visto anche lo scontro diretto a favore.
Vincere e basta, non ci sono seconde strade; Antonio Conte lo sa bene, come sa altrettanto bene che l’Inter che scenderà in campo a Praga sarà più che mai figlia dell’emergenza: l’infermeria ha accolto sabato anche Nicolò Barella, che deve forzatamente interrompere il suo sontuoso crescendo stagionale per via di un maledetto pezzo di cartilagine staccatosi dal ginocchio che lo costringerà a rimanere fermo molto probabilmente almeno fino a inizio 2020, e continua ad accogliere Stefano Sensi e Kwadwo Asamoah, due giocatori intorno ai quali ormai si è creato un vero e proprio alone di mistero. E se per l’ex Sassuolo, trascinatore in avvio, c’è comunque l’alibi della delicatezza del punto oggetto del problema fisico che lo attanaglia da ormai tempo immemore, ancora più enigmatica è la situazione dell’esterno ghanese, la cui assenza si prolunga senza che vera e propria luce si sia fatta sulle cause e le condizioni, e nessuno oltretutto sembra avere intenzione di farla magari chiedendo lumi in conferenza allo stesso Conte allorché si preferisce invece tornare sullo stucchevole tema del mercato.
Rientrano Matteo Politano e Roberto Gagliardini, e tanta grazia soprattutto il rientro di quest’ultimo che permette perlomeno di non avere le soluzioni per la mediana ridotte al lumicino. Ma Conte sa bene che adesso non è proprio il momento di fare la conta di chi è salito sull’aereo per Praga e chi è rimasto a casa; del resto, non è certo la prima volta che l’Inter deve affrontare una situazione simile. Ma sin qui la risposta data dal gruppo è stata sempre lodevole, degna dei complimenti e dei ringraziamenti che spesso e volentieri il tecnico salentino riserva ai propri uomini. Conte che garantisce che rispetto all’andata sarà un’Inter dal volto completamente differente, cresciuta e più conscia dei propri mezzi, pronta a far valere quella che comunque è la differenza di tasso tecnico rispetto agli avversari per cercare di proseguire nel cammino europeo, che sarebbe importante, anche a detta dello stesso mister, per proseguire nel processo di crescita a lui tanto caro. Quella crescita che però, se in Italia sembra ormai essere incanalata in un percorso ben definito e soprattutto vincente, in Europa continua a vivere in un vero e proprio percorso a ostacoli: si nota ancora molto, in effetti, la differenza di esperienza, in alcuni casi anche di malizia, rispetto a formazioni che hanno una presenza europea ben consolidata, mentre l’Inter alla fin fine sta cercando di ricostruirsi una propria identità anche a livello continentale, dopo i tanti anni di assenza dalla massima competizione e l’esperienza accidentata dello scorso anno.
È un concetto, anche questo, che Conte ha ribadito più volte: ultimamente con toni anche abbastanza duri, dettati dall’amarezza per una sconfitta come quella maturata al Westfalenstadion dopo la quale si è lasciato andare ad uno sfogo nel quale ha evidenziato il palese gap di esperienza di partite del genere da parte di molti elementi del suo gruppo, semplice constatazione dei fatti sulla quale però, complici anche i riferimenti precisi, si è ricamato oltremodo. Questa volta, invece, usando una metafora semplice, se vogliamo anche tenera: quella del neonato, della squadra che solo adesso si sta ritagliando nuovamente un proprio spazio in Europa e che vuole emergere pur dovendo fare i conti ancora con qualche scoglio da superare.
Fa quasi pensare a quella frase del ‘ragazzo che si farà, anche se ha le spalle strette’ di Francesco De Gregori, questo pupo che si vuole veder crescere in fretta, perché alla fine quelle sono le ambizioni dichiarate dell’Inter, quell’Inter che culla la volontà di tornare ad occupare un ruolo di primo piano sul palcoscenico della Champions del futuro. Futuro che oggi al momento si chiama Praga, lì dove l’Inter vuole iniziare a muovere un piccolo passo verso questa nuova primavera europea.
Autore: Christian Liotta / Twitter: @ChriLiotta396A
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